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Recensioni di libri

Roma senza papa di Guido Morselli

Il romanzo di Morselli è un affresco ancora oggi misconosciuto di una civiltà morente, disertata dalla bellezza e dal sacro, che nasconde nella religione del futuro le lacerazioni e le contraddizioni del nostro presente.

Adriano Napoli
Adriano Napoli Pubblicato il 17-03-2020
Roma senza papa

Roma senza papa

  • Autore: Guido Morselli
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Adelphi

Pubblicato postumo negli anni ’70, ambientato in un duemila che “segna davvero la fine di un mondo”, Roma senza papa è un romanzo che rappresenta con straordinaria chiaroveggenza la crisi estrema e l’incertezza spirituale del nostro tempo.

Con la leggerezza ironica e corrosiva di un racconto filosofico, la narrazione si sviluppa nella modalità di un “quaderno romano” che il protagonista, un sacerdote di origine elvetica tornato a Roma per un’udienza papale, gremisce, nel protrarsi dei giorni e di un’attesa che sembra non finire, di notizie, incontri, dialoghi, dubbi e inquietudini.

Rispetto al misticismo ingenuo del protagonista de L’Udienza di Marco Ferreri (film che uscì nelle sale più o meno nello stesso periodo), prigioniero di una “situazione kafkiana” che lo porterà al delirio e alla morte, don Walter appare invece protetto dalla corazza di uno scetticismo filosofico che gli consente di osservare e valutare ogni cosa con uno sguardo acuto e disincantato e di cogliere e amplificare i paradossi e le aberrazioni di una nuova religione che con la sua “disciplina esteriore e formalismo (specialmente tecnicistico)” ha creato un’immagine bugiarda di ogni cosa, seminando l’illusione di appagare ogni speranza e desiderio, ma di fatto svalutando la religione tradizionale ad "argomento da pubblica opinione” e rivelando la decrepitezza di una modernità già esausta nella sua insensibilità e indifferenza.

Uno spirito leopardiano, amaro e fuori di moda sembra attraversare queste pagine scritte da un “forestiere della vita” a cui non resta che il disinganno. Don Walter osserva e rimugina sulla qualità dei tempi che gli tocca attraversare; la sua mente è intenta a un lavorio incessante, come un picchio che continua a beccare nel suo tronco, ma la sua lucidità di analisi comporta anche un sentimento di consapevolezza, di impotenza.

In tal senso egli rappresenta iconicamente il profilo dell’intellettuale novecentesco problematico e critico, che non riesce tuttavia a tradurre il suo pensiero in una prassi, in un engagement concreto, confinandolo alla dimensione di uno snobismo recriminatorio, destinato a confondersi nel conformismo di un Paese “dove si è felici di liberarsi di una tradizione formale.”

La città eterna a cui egli fa ritorno non è più quella che aveva vissuto negli anni della giovinezza e dell’apprendistato sacerdotale, ma è diventata, con il suo corredo archeologico di tetti e capitelli fatiscenti, una “Orba Urbs”, comparabile a “uno sciacquone che non funziona” (e ricorda in tal senso l’immagine dell’acquasantiera con cui il Mattia Pascal pirandelliano ne satireggiava la decadenza già mezzo secolo prima).

Il Vaticano, destinato a “non essere più che un museo”, ha smesso di essere una corte per diventare un apparato burocratico come tanti, asettico e impersonale. Il corpo stesso del papa, simbolo vivente del corpo della Chiesa, è stato sostituito dalla corposità di un’immagine virtuale, "una proiezione domenicale due volte ogni domenica di una ripresa in 3D Movielife".

Il cattolico e il pagano risultano ormai ineluttabilmente confusi, le più spregiudicate tesi teologiche si sovrappongono al Magistero della Chiesa, annullandone il senso e il valore. Il secolo muore, senza bellezza, bensì dileguando in “esasperata specializzazione", che produce "la frammentazione dell’universo visibile ed invisibile”.
I nomi delle strade, finanche le parole del linguaggio comune, sono oggetto di una sistematica sostituzione; il passato e la tradizione vengono manipolati per essere rimossi.

Tutto è ammantato di una falsa monumentalità, (Morselli si era spinto a immaginare persino le strade romane percorse da buche e crateri…). Il calcio è “il motore della vita nazionale" e tutti sembrano impegnati esclusivamente a sfruttare e arraffare.

“Che cosa dobbiamo fare nelle nostre chiese? Che cosa delle nostre chiese?” si domanda esasperato don Walter. Ma è un’esasperazione che ha già introiettato la rassegnazione e l’accettazione (non a caso egli è stato tra i primi a contrarre matrimonio, approfittando dell’abrogazione del celibato ecclesiastico).

Morselli racconta, con l’ironia amara dei profeti inascoltati, la dissipazione di una civiltà che ha ormai sostituito la natura con l’artificio, il sacro con la tecnologia, la fede con la moda, abiurando la realtà vivente in cambio di una virtualità illusoria e astraente.
Il suo profetismo visionario non scaturisce da un talento divinatorio e oracolare, bensì dalla logica deduttiva di una Ragione che riconosce nella figuralità di un futuro (che, come osserva il protagonista, “è già alle nostre spalle”) la proiezione in forma compiuta delle contraddizioni laceranti e le inconciliazioni del presente.

Roma senza papa. Cronache romane di fine secolo ventesimo

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Roma senza papa

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