Il comunista
- Autore: Guido Morselli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
Quando il Pci era una roba seria. Quando fare politica era sostanza, non ignoranza e superficialità esibite con dei post su Twitter. Quando l’ideologia, magari dura e pura ma onesta e concreta, aveva un peso specifico nel dibattito pubblico. Quando la politica esigeva studio, preparazione, sacrificio, impegno personale e civile, nonché si esprimeva anche nel possedere una visione di come si intendesse costruire una società, mentre oggi, troppe volte, fare il politico serve più che altro per mettersi in vetrina, sistemarsi su una comoda poltrona a spese del contribuente.
Con Il comunista di Guido Morselli siamo nell’Italia di fine anni ’50. Il protagonista è Walter Ferranini, quarantacinquenne, ex ferroviere che ha fatto la guerra civile spagnola, ha vissuto diversi anni in America e, rientrato in Italia, viene eletto deputato comunista nel vivace collegio di Reggio Emilia.
Il suo compito potrebbe essere solo quello di far numero alla camera dei deputati, di votare su indicazioni di partito: di fare insomma il cosiddetto peone. E invece no: Ferranini studia, legge, si informa, partecipa alle discussioni politiche, coltiva il proprio collegio e scrive persino qualche articolo sulla rivista “Nuovi Argomenti”, confrontandosi addirittura con Alberto Moravia. Un operaio intellettuale, insomma, un comunista vero che si è fatto da solo.
Ferranini è un uomo di solidi principi, rigoroso con sé stesso – quasi un precursore dell’etica berligueriana – onesto, abituato a pensare con la propria testa e pertanto a rischio dissidenza. Eccolo infatti entrare in contrasto con la dirigenza, nel rielaborare e reinterpretare alcuni punti essenziali del pensiero marxista, giungendo a porre in discussione persino gli obiettivi strategici del partito, rischiando magari anche l’espulsione come già capitato ad altri.
Il partito, poi, entra e sconfina anche nella vita familiare dei propri iscritti, e dunque anche nella sfera privata di Ferranini. Separato, tornato libero di rifarsi una nuova storia con una compagna, a propria volta in rotta col marito da cui ha avuto una figlia. E tutto ciò non è certo ben visto, né tollerato dalle parti di “Botteghe Oscure”.
Guido Morselli era dotato di una scrittura elegante e armoniosa. La trama ha spessore e consistenza di alto livello. La politica, l’ambiente parlamentare, i contrasti ideologici sono trattati dall’autore con grande competenza e approfondimento. L’argomento è affrontato con coraggio perché mostra le contraddizioni, le ipocrisie, le meschinità e le ombre esistenti fra le mura di un grande apparato qual era il Pci di quegli anni.
Il comunista, edito da Adelphi, rientra nell’olimpo della letteratura italiana del Novecento. In vita, Morselli vide sempre cestinati i suoi libri da parte degli editori. Forse anche per questo, decise di farla finita nel 1973. Soltanto qualche anno dopo, venne rivalutato con le uscite postume di tutte le sue opere. Da noi spesso, si sa, per essere apprezzati bisogna prima essere morti.
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