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Recensioni di libri

Pimpì Oselì di Elena Gianini Belotti

Nella storia raccontata da Elena Gianini Belotti in Pimpì Oselì c’è tanto di vero, non è semplicemente una vicenda romanzata: la cosa più vera è che non c’è bambino a cui si possa inculcare qualcosa che non gli appartiene, senza che l’ombra del dubbio e della ribellione non tenti di correre in suo aiuto.

Claudia Graziani
Claudia Graziani Pubblicato il 02-03-2012

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Pimpì Oselì

Pimpì Oselì

  • Autore: Elena Gianini Belotti
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Feltrinelli

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E’ stata una sfortuna nascere nel ventennio, subire il lavaggio del cervello a scuola, trovarsi a vivere un’infanzia di privazioni e paura a causa della guerra. Ma per Cecilia e Gianni, i bimbi protagonisti di questo libro, la sfortuna maggiore è stata quella di nascere nella loro famiglia, da una madre matrigna svuotata della sua umanità e riempita di regole, moralismi fini a se stessi e religiosità bigotta.

Qualcuno ha dichiarato che dove ci sono troppe regole non c’è amore ed il rapporto descritto in queste pagine sembra proprio voler dimostrare questo. Cecilia non ha il permesso di sognare, di porsi domande, di imparare secondo i suoi interessi, di esprimere opinioni. Addirittura non può neanche dire quando si sente stanca e quando no, non può concedersi un sorriso spontaneo, ma tutto deve essere controllato e incasellato in norme morali di comportamento irreprensibile: si dormono le ore necessarie e ci si alza appena svegli, sennò si pecca di pigrizia; si mangia qualsiasi cosa ci sia senza esprimere gusti e preferenze, sennò si pecca si gola; si gioca al prete e alla suora, nella speranza che una vocazione in casa attiri benedizioni; non si comprano mai giocattoli, bensì oggetti che educhino al lavoro fin da piccoli. Mai un complimento, solo svalutazione di ogni comportamento non dettato dagli ordini materni. Perfino il rapporto col padre, definito un incapace che inquina col suo affetto e la sua allegria l’educazione dei bambini, è controllato e delimitato, tanto che Cecilia e Gianni non hanno il permesso nemmeno di decidere cosa scrivergli nelle loro cartoline e sono costretti a farsi dettare messaggi pseudo affettuosi standard dalla mamma.

Fuori da casa nessuno aiuta: la mentalità fascista esalta tali metodi educativi, incoraggiando l’uso della violenza fisica, e il rigore della donna è visto come l’equivalente di saggezza ed affidabilità. I bambini con genitori più affettuosi, in grado di offrire loro un caldo nido, hanno senz’altro risorse maggiori per affrontare il travolgente momento storico in cui si trovano. Cecilia e Gianni sono in questo senso abbandonati a loro stessi.
Ma Cecilia ha una mente critica e indipendente. Nonostante debba tenersi per sé ogni sua considerazione, come se fosse qualcosa di vergognoso e sovversivo, lei sa cosa davvero è bene per lei ed istintivamente lo cerca. Soffre tantissimo, ma riesce a trovare strategie per mettere in salvo i suoi sentimenti, la sua dignità umana e la sua voglia di vivere; così tanto che già in certi momenti, tra la rabbia e il dolore, riesce a provare anche pietà verso quella madre che, chi sa perché, è stata mutilata del suo cuore.

Nella storia raccontata da Elena Gianini Belotti in Pimpì Oselì c’è tanto di vero, non è semplicemente una vicenda romanzata: la cosa più vera è che non c’è bambino a cui si possa inculcare qualcosa che non gli appartiene, senza che l’ombra del dubbio e della ribellione non tenti di correre in suo aiuto.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Pimpì Oselì

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Commenti: 5

  • fabiana
    22 luglio 2016, 23:27

    Non capisco come la realtà nei confronti dei bimbi a scuola fosse così dura. È vero c’èra ignoranza. Ma la mamma di Cecilia non si era istruita da contadina a maestra? E poi, dove erano finite le illuminanti idee del grande filosofo pedagogista Giovanni Gentile su ciò che doveva realizzare la scuola? E la mamma di Cecilia che cosa ha capito della pedagogia?

  • fabiana
    22 luglio 2016, 23:36

    La pedagogia di Giovanni Gentile non veniva messa in pratica

  • Rosa
    25 luglio 2016, 18:00

    Dure condizioni di vita a quei tempi capisco. Ma gli insegnanti cosa hanno capito di filosofia e pedagogia?. Eppure erano i tempi del neoidealismo italiano dove Gentile ha scritto del buono sul rapporto tra maestro e alunno. Invece nel libro gravi abusi! Quella è stata la "comunione di spiriti" che avrebbe dovuto regnare nella scuola di Cecilia e altrove?

  • Rosa
    25 luglio 2016, 18:02

    Dure condizioni di vita a quei tempi capisco. Ma gli insegnanti cosa hanno capito di filosofia e pedagogia?. Eppure erano i tempi del neoidealismo italiano dove Gentile ha scritto del buono sul rapporto tra maestro e alunno. Invece nel libro gravi abusi! Quella è stata la "comunione di spiriti" che avrebbe dovuto regnare nella scuola di Cecilia e altrove?

  • fabiana
    27 luglio 2016, 19:58

    La vita di un fanciullo ha sempre una mente per sognare, un cuore per sperare, due occhi per reinventare la realtà.
    Ogni fanciullo ha due braccia per afferrare l’amore, anche se scivola via, due gambe per rincorrere la felicità, anche se lei è più veloce.
    Ogni fanciullo ha due mani, per trasformare il suo mondo, e una mano, per disegnare mondi impossibili.
    Ogni fanciullo va incontro alla vita, per quanto sia essa ingrata e avara, coi suoi fascini, i suoi misteri, che lasciano solo desideri.
    Lo spirito creativo dei bimbi va verso l’infinito dispiegando le sue ali, che pur ferite lottano, rinnovandosi di giorno in giorno per raggiungere il sole, dove tutti i desideri saranno saziati.

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