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Recensioni di libri

Neve d’ottobre di Angela Nanetti

Neri Pozza, 2021 - È nelle splendide montagne del Trentino che l’autrice narra la tragica storia di una famiglia disfunzionale, proprio quando la II Guerra Mondiale sta vivendo i momenti più duri.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 19-04-2021
Neve d'ottobre

Neve d’ottobre

  • Autore: Angela Nanetti
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Neri Pozza
  • Anno di pubblicazione: 2021

Neve d’ottobre (Neri Pozza, 2021) è il nuovo romanzo di Angela Nanetti, nata a Budrio (Bologna), laureata in Storia medievale, che ha insegnato nelle scuole medie e superiori di Pescara, dove risiede. La scrittrice dal 1984 a oggi ha pubblicato più di venti romanzi per ragazzi, tradotti in 25 paesi, molti dei quali premiati in Italia e all’este­ro, ed è stata finalista al Premio Strega con Il figlio prediletto (Neri Pozza 2018).

“Dopo la caduta mio fratello diventò un altro”.

Giulio e Vittorio, da piccoli uniti e complici, da adulti lontani e distanti caratterialmente anni luce. Giulio, il figlio prediletto della madre, perché esteriormente irrequieto ma interiormente fragile e bisognoso di affetto e comprensione; Vittorio di cinque anni più piccolo di Giulio, esteriormente fragile, interiormente risoluto e determinato. Giulio, un benedetto dagli dei, anche nell’aspetto fisico, aveva ricevuto il meglio e non se ne era mai accorto, anzi l’aveva sprecato. La vita gli era scivolata addosso, prendeva dove poteva e sperperava. Vittorio, così giovane, una laurea in ingegneria e già professore incaricato, mentre suo fratello viveva di espedienti. Giulio era sempre stato un ragazzino irrequieto, ma le cose erano peggiorate quando il padre durante una discussione con il figlio maggiore l’aveva colpito facendogli sbattere la testa a terra. Da quel momento tutto era peggiorato, compreso il rapporto padre/figlio.

Il giudice Riccardo Mosca era stato per anni un figlio senza padre, quello che sui documenti veniva denominato “di nessuno”, prima che uno zio lo adottasse quasi maggiorenne dandogli il proprio cognome. Sicuramente era questo il “vulnus” del magistrato Mosca, il quale, nel 1939, dopo aver vinto il concorso in magistratura, aveva accettato come sede una piccola cittadina sulle montagne del Trentino. Mosca aveva scelto come residenza un villaggio distante una ventina di chilometri, scelta dettata dalla esigenza di vivere in libertà le sue trasgressioni cittadine. Del resto il magistrato aveva sposato una donna di vent’anni più giovane di lui, dal carattere debole e remissivo, che non aveva potuto impedire la dura decisione del magistrato di spedire il figlio maggiore in una casa di correzione per quattro anni.

A diciotto anni, quando Giulio era uscito, i suoi genitori erano separati da quattro, Vittorio e la madre avevano lasciato la montagna e abitavano con la nonna materna in una cittadina sul Garda, il cui clima sembrava giovare alla salute di mia madre. Ma la madre di Giulio e Vittorio sarebbe presto morta di tisi, proprio mentre Riccardo Mosca iniziava la propria carriera politica.

“Mia madre non si risposò né ebbe altre storie, visse la sua vita da separata come una vedovanza e morì giovane”.

È nelle splendide montagne del Trentino, dove “la vita di uomini e animali era spesso mischiata come una minestra d’orzo”, che l’autrice narra la tragica storia di una famiglia disfunzionale, proprio quando la II Guerra Mondiale sta vivendo i momenti più duri. È Giulio “l’indistruttibile”, il personaggio più coerente di questa commovente e intensa narrazione, il cui bisogno anarchico di libertà e di sincerità, che sarebbe stato la sua rovina, è inconsciamente invidiato dal padre e ammirato dal fratello minore, schiavo di un innato conformismo.

“Durerà ancora poco, è la neve ottobrina. Dicono che porta bene”.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Neve d’ottobre

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Il bambino di Budrio
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