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Curiosità per amanti dei libri

Il Natale a casa dei grandi scrittori: curiosità, abitudini e tradizioni

Tolkien scriveva lettere ai figli firmandosi come Babbo Natale, Virginia Woolf regalava mele dei giardini di Monk’s House, mentre William Faulkner era molto selettivo in fatto di doni: apprezzava solo scovolini da pipa. Rivivere le festività con gli autori di capolavori indimenticabili è un'opportunità per rileggere i grandi classici sotto una nuova luce.

Antonella Gonella
Antonella Gonella Pubblicato il 18-12-2022
Il Natale a casa dei grandi scrittori: curiosità, abitudini e tradizioni

Il Natale è il periodo perfetto da trascorrere in famiglia e con gli amici. E allora un posto speciale si può riservare, almeno nei pensieri, a coloro che hanno saputo scrivere capolavori indimenticabili e regalare ai lettori ore di piacevole intrattenimento. Ricordare curiosità, aneddoti, racconti sulle festività nelle case dei grandi autori è, in fondo, un modo per fare loro gli auguri e un’opportunità per rileggere i classici sotto una nuova luce. Proviamo a ripercorrere, grazie a lettere e testimonianze, le abitudini di alcune delle voci più autorevoli della letteratura internazionale.

Tolkien: lettere da Babbo Natale e racconti personalizzati

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Il più originale resta John Ronald Reuel Tolkien che utilizzò il suo talento per scrivere una lunga serie di lettere, firmate da Babbo Natale e indirizzate ai figli: in una conversazione diretta e privata con ciascuno di loro ricreò veri e propri racconti di un mondo immaginario che, tra aiutanti maldestri e vita domestica al Polo Nord, coprono l’arco di tempo compreso tra il 1920 e il 1943. Si può immaginare la trepidazione dell’attesa che tra i più piccoli della famiglia doveva precedere l’arrivo delle missive. Di certo per i destinatari fu un privilegio, visto che di solito sono i bambini a scrivere a Babbo Natale. Oggi le lettere sono raccolte in un libro (Lettere da Babbo Natale, edito da Bompiani nel 2017) e testimoniano l’importanza di questo particolare periodo dell’anno per uno dei maestri del fantasy di tutti i tempi.

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Le storie di Natale di Louisa May Alcott

A pensarci bene non è un fatto così insolito: le capacità narrative soccorsero altri colleghi di Tolkien, salvandoli dall’impaccio di trovare doni di Natale originali che affligge molte persone comuni. Se Alice nel paese delle meraviglie nacque come regalo per la figlia di amici dello scrittore Lewis Carroll, che consegnò il manoscritto con tanto di dedica alla destinataria, un’altra grande autrice di epoca vittoriana mise le sue capacità al servizio delle festività di fine anno: Louisa May Alcott realizzò una serie di favole per la nipote Lulù, figlia della sorella May prematuramente scomparsa. Nate per un uso domestico con la finalità di garantire un sonno sereno alla piccola e solo successivamente raccolte in un solo volume, sono state ripubblicato di recente dalle Edizioni Clichy con il titolo Storie di Natale. Racconti inediti. Vi si ritrovano i valori e i messaggi edificanti contenuti in Piccole donne, con particolare attenzione alla salvaguardia dei sentimenti, dell’intimità e del calore domestico.

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Tavole imbandite a casa Dickens

Per Charles Dickens, da molti considerato l’inventore dello spirito del Natale, invece pare avesse particolare importanza la tavola delle feste. Al contrario dell’avaro Ebenezer Scrooge, la gastronomia natalizia aveva un peso nella casa al 48 di Doughty Street, a Bloomsbury, quartiere londinese dell’omonimo circolo letterario, oggi trasformata in museo. Lo testimonia un ricettario a firma della moglie Catherine che elenca piatti e leccornie da servire agli ospiti.

Tra tutti spiccano l’immancabile tacchino ripieno, il cosciotto di montone farcito alle ostriche e influenze della cucina italiana nella crema al limone e nel timballo di maccheroni. C’è una ragione: Dickens aveva attraversato nell’infanzia periodi difficili come il suo Oliver Twist e, probabilmente, una volta ottenuta la fama, cercava di esorcizzare lo spettro della fame e delle privazioni subite.

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Il Natale di Alexandre Dumas

Un altro buongustaio era Alexandre Dumas, autore della Storia di uno schiaccianoci ambientata proprio durante le feste di Natale e di un grande Dizionario di Cucina.

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Il primo Natale di Simenon a Parigi

Meno festoso e decisamente più solitario fu il primo Natale di Georges Simenon a Parigi. Vi arrivò in treno, alla Gare du Nord, proprio in corrispondenza delle festività del 1922. Il celebre commissario Maigret era lungi da venire. Al futuro scrittore ancora giovane e sconosciuto, la capitale francese dovette sembrare un luogo poco accogliente, presa dal via vai di famiglie indaffarate, dalla corsa agli acquisti e dai festeggiamenti che gli fecero rimpiangere la sua Liegi. Fu questo forse ad aumentare in lui l’attenzione per gli emarginati e la solitudine urbana che caratterizzò poi tutta la sua sterminata opera letteraria.

Recensione del libro

Un Natale di Maigret e altri racconti
di Georges Simenon

C’è chi regala mele e chi accetta in dono solo scovolini da pipa

Se riesce piuttosto facile immaginare le feste a casa di Zelda e Francis Scott Fitzgerald in stile Grande Gatsby, di una delle più celebri coppie della letteratura resta un’immagine di tranquillità domestica e serenità: una fotografia risalente al 1926, in compagnia della figlia, accanto all’albero addobbato per il Natale.

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Virginia Woolf regalava come un prezioso tesoro le mele del frutteto di Monk’s House, la residenza acquistata con il marito che curava personalmente i giardini. Dalle case della scrittrice, durante le feste, era tutto un andirivieni di cesti di frutta, marmellate e ricette scambiate con amici e conoscenti.

Mentre Jane Austen, stando alle sue lettere, festeggiava i dodici giorni di Natale con giochi e tableau vivant, balli, pietanze e punch speziati in perfetto stile inglese.

William Faulkner, secondo il figliastro, era molto selettivo con i regali: accettava solo scovolini per pulire la pipa. In caso di doni differenti posava il pacchetti sulla scrivania del suo studio senza aprirli.

Un mistero di Natale per Agatha Christie

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Per Agatha Christie il mese di dicembre non poteva non corrispondere con il mistero, in una singolare coincidenza tra vita e passione letteraria. Nel 1926 le cronache inglesi raccontano la sparizione della grande scrittrice, ad oggi ancora avvolta dal mistero: l’auto ritrovata con la marcia in folle il 3 dicembre in fondo a un burrone e le successive ricerche scatenarono ipotesi e supposizioni. La sua assenza durò 11 giorni. Fino al ritrovamento: la scrittrice si era registrata sotto falso nome in un albergo di Harrogate, località termale, dove il marito avrebbe dovuto passare il weekend con l’amante. La vicenda è narrata nel libro Agatha Christie e il mistero della sua scomparsa di Jared Cade, edito da Giulio Perrone editore nel 2010.

Il Natale degli scrittori italiani

A casa Manzoni, per passare al di qua delle Alpi, stando alle testimonianze era molto amato il panettone.

Dino Buzzati dedicò oltre 30 racconti al Natale. Poesie, articoli di giornale, riflessioni raccolti da Mondadori ne Il panettone non bastò. Molti contengono note personali: c’è il ricordo del suo primo Natale senza il padre e perfino una riflessione sulla tecnica dei regali. Un tema, quello delle festività, che con ogni evidenza stimolava lo scrittore e lo ispirava.

Umberto Eco era solito allestire il presepe in compagnia del nipotino.

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Per tutti coloro che invece non si sentono a proprio agio con le festività, è sempre possibile ricorrere alla lettura de Il giorno più crudele. Il Natale raccontato da dodici grandi scrittori: pubblicato nel 2021 da QRedizioni, racconta il rovescio della medaglia del periodo di Natale per bocca di 12 grandi della letteratura internazionale.

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