
Narciso. La morte, lo specchio, l’amore
- Autore: Ezio Pellizer
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Il mito, la fabula di Narciso, ha affascinato il mondo occidentale per millenni e l’interesse per il bellissimo puer che passa dalla pubertà alla prima giovinezza morendo contemplandosi in una fonte non tende a scemare.
Anzi la vediamo nella crescente abitudine del selfie, l’autoscatto, sottolinea Ezio Pellizer, curatore del libro Narciso. La morte, lo specchio e l’amore (La Repubblica, concessione Gedi, pp. 159, 2023), in cui si trova anche un ottimo saggio di Barbara Castiglioni.
Narciso non è un dio ma un essere umano, quindi è soggetto alla morte, legata tragicamente all’amore per sé stesso da una parte, e alla conoscenza di sé dall’altra. Le interpretazioni della favola sono quindi duali.
Quando la ninfa Liriope, sua madre, interroga l’indovino Tiresia per sapere se il bambino avrà un vita lunga, l’altro risponde: “Se non conoscerà se stesso” (Ovidio, le Metamorfosi).
Specchiarsi è conoscersi, sapere di sé comporta una mutazione, psicologicamente paragonabile alla morte.
La fonte più autorevole resta Ovidio (43 a. C. - 18 d. C) che influenzerà tutti gli scrittori successivi, i pittori, i musicisti e gli psicanalisti, al punto di credere che il racconto sia di origine romana e non greca, dato che gli spunti arcaici sono molto pochi, frammentari e contraddittori e nell’epoca ellenistica non si parla di questo fanciullo. Ma non è vero, addirittura Massimo Cacciari ipotizza un dio Narciso, Hyàkinthos, risalente all’età micenea, secondo millennio a.C., una divinità della natura, simbolizzata dal fiore omonimo.
In Ovidio non è scritto che il ragazzo annega nella fonte ma che sparisce, dissolto dalla consunzione per non poter amare la sua immagine riflessa nell’acqua. Similmente sparisce Eco, la ninfa innamorata di lui e respinta; di lei resta soltanto l’eco delle parole, in uno strazio infinito. Narciso è figlio di un fiume e di una ninfa.
Nonno di Panopoli invece, scrittore egiziano del V secolo d. C., fa nascere il bambino da Selene, invaghita perdutamente di Endimione, il bellissimo pastore con cui la luna si unisce; poi lo fa addormentare per sempre, in modo da poterlo contemplare senza fine. Nonno chiama la fonte “assassina”, secondo la sua visione è l’acqua ad uccidere il ragazzo.
Una inversione del tema l’abbiamo in Oscar Wilde, dove è la fonte che si specchia negli occhi del giovane, ama se stessa in lui, si dispera e piange lacrime salate dopo la perdita dell’amato.
Esistono rovine archeologiche: “Narciso il Silente” di Oròpos, città greca dell’isola Eubea, è un monumento funebre dedicato a un Narcisso o Narcitto, accanto al tempio di Eros.
Il poeta di Atene, Conono, parla di un Narciso sadico che consegna una spada al suo spasimante Aminia, intimandogli:
se mi ami, dimostralo uccidendoti con questa-
Aminia lo fa e Narciso viene punito per la sua "hybris", superbia, da Eros che gli ispira il pentimento e il suicidio; dal suo sangue nascerà il fiore.
Infiniti sono i riferimenti al mito, dal Medioevo fino ad oggi. Marsilio Ficino condanna il giovane capace unicamente di amare la propria bellezza fisica, trascurando quella spirituale. Nel quadro di Caravaggio al contrario la psicologia dello specchio fa risaltare l’autoindagine. Così sarà per Rainer Maria Rilke che, nei Sonetti a Orfeo riabilita Narciso, anzi lo resuscita.
La stessa riabilitazione avviene in Gide. Quest’ultimo nel Trattato di Narciso (Teoria del Simbolo) afferma:
Ogni cosa possiede, virtuale, l’intima armonia del suo essere. Il poeta è colui che guarda. E cosa vede? Il Paradiso.
Barbara Castiglioni commenta:
“Nell’interpretazione di Gide, Narciso è impiegato come una dichiarazione di poetica, per affermare quella che si rivela la missione dell’artista: decifrare i simboli per essere strumento di rivelazione e manifestare l’Idea”.
Idea intesa in senso platonico, paradigma e archetipo.
Freud fa del narcisismo un nevrosi di chi non ha superato il narcisismo primario infantile autoerotico e non sa relazionarsi con l’altro. Spesso si tratta di omosessualità, sviluppatasi dopo aver introiettato l’immagine della madre e averne assunto le caratteristiche permanenti.
Per C. Gustav Jung Narciso è il fanciullo divino presente in noi, il "puer aeternus", ma questo aspetto viene poco sviluppato nel libro, è solamente accennato.
Nell’arte figurativa notevoli le opere La metamorfosi di Narciso di Salvador Dalì e "Testa antica e specchio di Man Ray, geniale fotografo, pittore e regista.
Il premio Nobel Seamus Heaney nella lirica "Elicona personale" scrive:
Adesso, curiosare tra radici, tastare il limo, / contemplare, Narciso dai grandi occhi, qualche sorgente / va oltre ogni dignità di adulto. Rimo, / per potermi vedere, per rendere il buio echeggiante.
(traduzione di Roberto Mussapi).
Dopo la parte critica segue un’emozionante antologia.

Narciso: La morte, lo specchio e l’amore (I Grandi miti greci)
Amazon.it: 4,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Narciso. La morte, lo specchio, l’amore
Lascia il tuo commento