

Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz
- Autore: Filippo Boni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2025
Oleg Mandic è un croato ebreo di novantuno anni che vive con la moglie Duska a Opatija, in italiano Abbazia. Nel primo capitolo del suo racconto autobiografico raccolto da Filippo Boni e pubblicato nel 2025 da Newton Compton dal titolo Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz, racconta il suo presente, la moglie amatissima appena uscita da un lungo ricovero in ospedale, la paura che non riesca a sopravvivere, il terrore di perderla.
Mentre si occupa del suo accudimento riceve una lettera; la calligrafia sulla busta mostra una strana eleganza e riempie di curiosità il destinatario. Ecco il testo:
188792. Ti aspetto ad Auschwitz il 15 giugno alle 17. Sotto il vostro albero. Ho bisogno di ritrovare lui, tramite te.
Un grandissimo turbamento scuote l’anziano Oleg, che rimira il suo numero tatuato sul braccio sinistro: 189488. E ricorda ciò che credeva cancellato: quel numero apparteneva a Tolja, il bambino di nove anni che era spirato tra le braccia di lui undicenne, l’unico amico che aveva avuto nella vita infernale trascorsa per oltre un anno nella fabbrica di morte che fu il lager più atroce dei tanti in Europa sotto la dominazione nazista.
Dei tanti memoir che sono stati scritti e pubblicati in questi anni rievocando la tragedia vissuta da milioni di prigionieri nel famigerato lager, simbolo del male assoluto, questo del croato Oleg ci restituisce attraverso l’atmosfera del presente (siamo ancora dentro la guerra scatenata da Putin nei confronti dell’Ucraina e quindi del dramma che si sta svolgendo a due passi da noi) una rievocazione dell’intera storia del Novecento, del confine orientale italiano, della sorte di Trieste, dell’Adriatico, dell’Istria che era italiana, della terra che verrà chiamata Jugoslavia, dell’avvento del comunista maresciallo Tito, del nuovo assetto che l’Europa vivrà dopo la caduta del Reich che doveva essere millenario. Ed è lungo il racconto del piccolo Oleg, bambino felice nella villa di famiglia, amato dal nonno Ante, dal padre Oleg, dalla nonna, da sua madre che si snodano tutti questi eventi storici.
Dopo che padre e nonno si erano consegnati alla clandestinità per resistere agli invasori nazisti, Oleg con la madre e la nonna saranno deportati ad Auschwitz nel 1944, e lì rischieranno il gas come tutti i prigionieri di quell’industria di morte. Il racconto dell’anno di prigionia, la fame, le malattie, la paura di essere separato dalla madre, il terrore per la presenza di Mengele, le selezioni e il gelo spaventoso consentiranno la sopravvivenza al piccolo Oleg solo per il coraggio della madre e per l’amicizia con Tolja, il bambino dagli occhi azzurri che avrà, come vedremo, una parte importante nel racconto di questa storia terribile.
Ci sono quattro pagine di bibliografia in questo libro prezioso: libri di saggistica, memorialistica, opere fotografiche e multimediali e ovviamente le fonti inedite dell’archivio privato della famiglia Mandic, conservato in Croazia ad Abbazia, per chi vorrà ancora informarsi e studiare una storia che non deve essere dimenticata, specialmente in questo momento storico in cui le guerre etniche e politiche, che credevamo retaggio del passato, scuotono nuovamente le coscienze europee.
Preziosissima la citazione del linguista filosofo Noam Chomsky posta in esergo, che ci ricorda che
L’istruzione non è memorizzare che Hitler ha ucciso sei milioni di ebrei. L’istruzione è capire com’è stato possibile che milioni di persone comuni fossero convinte che fosse necessario farlo. L’istruzione è anche imparare a riconoscere i segni della storia, se si ripete.
Il libro di Oleg, tramite la voce di Filippo Boni, ci aiuta proprio a vigilare, a ricordare, a studiare; un anziano di novantuno anni ha ancora molto da dire, molto da testimoniare e molto da amare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz
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