Marie e il signor Mahler
- Autore: Paola Capriolo
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2019
Le brume ontologiche che permeano sottotraccia i romanzi di Paola Capriolo si pongono a contraltare del loro nitore narrativo. Paola Capriolo è la più elegante delle scrittrici italiane: del mondo non so, d’Italia sicuro. Un’autrice capace di istanze filosofiche, capace di perturbare senza il ricorso a espedienti fantastici (rispetto agli esordi, oggi meno che mai), chissà se perchè a perturbare bastano i frastagli della realtà.
In questo suo nuovo libro, per esempio (“Marie e il signor Mahler”, Bompiani 2019) la suspense narrativa si regge quasi esclusivamente sul senso dell’attesa: nella quiete boschiva di Toblach (la Dubbiaco di oggi) il compositore Gustav Mahler attende la morte (ne è mozartianamente quasi presago), un po’ come lo scrittore Gustav Von Aschenbach, in fondo, la attendeva ne “La morte a Venezia”. Là l’efebica bellezza del giovane Tadzio, qui l’indole in fieri della pubere Marie, fondano l’antinomia aurorale ai sentire crepuscolare di Von Aschenbach quanto di Mahler.
“Non ha sonno, signore?” disse la ragazza prendendo posto al suo fianco.
“No, Marie: non riesco a staccare gli occhi da quei fuochi lontani, è come se qualcosa mi costringesse a restare fino a quando non saranno spenti.”
“Le mettono tristezza?”
Il signor Mahler si strinse nelle spalle. “Tristezza? Non credo sia la parola giusta. Erano così vivi, fino a poco fa, e adesso…adesso devono piegarsi anche loro all’ordine delle cose, come me, come tutto. Alla fiamma segue la cenere, Marie; ma tu non dartene pensiero. Il tuo fuoco è piccolo e vigoroso come quello che hai acceso qui sul prato: basta aggiungere qualche ciocco e splenderà ancora a lungo, forse fino a domattina…”
“Non è una grande consolazione, signore.”
“No, non lo è. Come non lo è festeggiare con tanta pompa il culmine dell’estate, sapendo che al culmine succede inevitabilmente il declino.”
Per venire alla trama: “Marie e il signor Mahler” restituisce le ultime tre estati del Kapellmeister trascorse a Toblach in compagnia della moglie (dal 1908 al 1910. Mahler morirà nel 1911). La porzione "in soggettiva" del romanzo (la parte più abbondante è scritta in terza persona) ne palesa le complesse declinazioni e i dibattimenti interiori. Lascia intravedere, per esempio, del fiammeggiante daimon creativo che lo possiede, delle idiosincrasie, dell’infantile attaccamento alla moglie che lo tradisce, dell’America non-luogo che subisce, del ricordo della figlia morta giovane che lo lacera.
Attraverso una prosa magistrale - sospesa e stratificata magistralmente -, la Capriolo si cimenta dunque con un frammento biografico-romanzato della vita di Gustav Mahler (l’epilogo di una vita è in fondo riassuntivo di una vita intera) che diventa anche apologo sull’amicizia. Un’amicizia-ponte tra generazioni e obbediente alla gratuità. Un’amicizia senza altri fini se non quelli dettati dal piacere della condivisione: da un lato lo sguardo disincantato, pure se spesso, del Maestro, dall’altro quello vergine di Marie che lo accudisce con timore reverenziale misto a stupefazione intellettuale. Le prurigini palesi e sottese di “Lolita” qui distano anni luce: il rapporto fra Marie e il signor Malher è biunivoco e di mutuo-soccorso: Mahler inizia la ragazzina a sentire reconditi dell’opera musicale e chissà se della vita, Marie forse Mahler alla purezza dello stare al mondo senza cascami sovrastrutturali, giovandosi, per esempio, delle sfumature che possono scaturire da una distesa di alberi al crepuscolo.
L’indomani, il tetto di nuvole si era infine scoperchiato consentendo al paesaggio la sua prevista resurrezione e facendo riapparire come per magia l’azzurro del cielo, l’ondulata distesa dei pascoli; ciò che invece nessuno si sarebbe aspettato, in quella stagione, era di vedere i larici e gli abeti lungo i dorsi delle montagne cosparsi di una polvere bianca, segno che la pioggia a quelle altezze, aveva avuto la forza di trasformarsi in neve. Maria, dalla finestrella della camera, contemplava gli alberi imbiancati e si sforzava di misurare i confini della sua delusione. Quante cose avrebbe voluto dire al signor Mahler appena lo avesse rivisto (…)
Va fatto cenno, in ultimo, alla minuziosità di scavo operata dall’autrice su entrambi i protagonisti del romanzo. Fa il paio con i temi di caratura specifica insinuati tra le righe: la crasi insanabile fra il percepire artistico e quello comune, il senso del tempo (che passa) e il consequenziale senso della perdita, l’amore e la morte... “Marie e il signor Mahler” si staglia insomma come un romanzo molto denso, poetico, speculativo, tra le prove più fulgide dell’autrice milanese. So che si scrive di solito, ma in questo caso è davvero così.
Marie e il signor Mahler
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