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Manzoni nei ricordi di un’alunna poi divenuta insegnante

Cosa ha rappresentato l’opera di Manzoni nell’immaginario degli italiani? La nostra collaboratrice Elisabetta Bolondi ripercorre la sua esperienza di alunna, nella scuola degli anni Sessanta, e poi di insegnante di Lettere alla scuola superiore. L'opera senza tempo di Alessandro Manzoni viene così rivista attraverso la lente di ingrandimento di una vita, con gli occhi di chi attraverso le parole dello scrittore è cresciuto e si è formato.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 05-05-2023

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Manzoni nei ricordi di un'alunna poi divenuta insegnante

Il celebre ritratto di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez, una tela del 1841 conservata alla Pinacoteca di Brera a Milano, è in copertina su Il Venerdì di Repubblica: il magazine dedica un grande spazio allo scrittore, che morì 150 anni fa, nel 1873, alla venerabile età di ottantotto anni.

Cosa ha rappresentato l’opera di Manzoni nell’immaginario degli italiani?
Per spiegarlo ho ripensato alla mia esperienza di alunna, nella scuola degli anni Sessanta, e poi di insegnante di Lettere alla scuola superiore.

Il primo incontro con Alessandro Manzoni

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Ho incontrato per la prima volta i Promessi Sposi in quinta elementare: la maestra, tra i brani scelti per l’esame di stato che consentiva l’ingresso alla scuola media, ci lesse, e poi lo imparammo a memoria, il brano tratto dal capitolo XXXIV del romanzo manzoniano, dedicato alla madre di Cecilia:

Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata ma non guasta da una gran passione, e da un languor mortale……Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata.

Parole difficili, brano impegnativo, ma pieno del pathos che solo la grande letteratura sa dare, e noi bambine lo capimmo e restammo legate a quella nostra coetanea morta di peste tre secoli prima.

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Alle medie fu immancabile il Cinque maggio, anch’esso imparato a memoria, con un po’ di ironia per le rime che ci parvero subito una “tiritera” che recitavamo quasi giocando.

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Lo studio di Alessandro Manzoni a scuola

L’incontro con i Promessi Sposi in quinto ginnasio fu un po’ traumatico: letture obbligatorie, riassunti, analisi, commenti. La bravissima Prof di lettere, tutta presa dal latino e dal greco, dedicava al grande romanzo di Manzoni solo il tempo per l’assegnazione dei compiti e per le interrogazioni; ma proprio in quell’anno apparve alla televisione in bianco e nero lo sceneggiato tratto dal capolavoro manzoniano. Per avvantaggiarci sulla trama lo vedevamo tutti, e così ci trovammo a conoscere meglio Renzo e Lucia, con i volti di Nino Castelnuovo e Paola Pitagora, ma soprattutto quello barbuto di Padre Cristoforo, a cui prestò la sua bravura di attore teatrale Massimo Girotti.

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Tornammo a studiare Manzoni in terza liceo; questa volta non solo il romanzo, ma anche le tragedie, soprattutto Adelchi, di cui si analizzavano i cori, Ermengarda e le sue trecce morbide, ma soprattutto Dagli atri muscosi, dai Fòri cadenti, e Marzo 1821, che ci aiutava a capire meglio il Risorgimento e il progetto dell’unità d’Italia.

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Insegnare l’opera di Alessandro Manzoni

All’Università ho studiato Lettere Moderne, negli anni Settanta, e ho scelto di dedicarmi a un programma di letteratura contemporanea; poi però, vinto il concorso per l’insegnamento nella scuola superiore, ho cominciato a lavorare come prof di Lettere negli istituti tecnici, per lo più in scuole periferiche, spesso fuori Roma. Manzoni era in programma, ma proporre la sua opera a studenti poco propensi alla lettura e alla riflessione, divenne molto problematico.
Si scelse per le classi del biennio di abolire la lettura obbligatoria dei Promessi Sposi, dando al docente la possibilità di scegliere un romanzo contemporaneo a seconda dell’ambiente sociale in cui ci si trovava. Calvino, Moravia, Ginzburg, Pavesesembravano più “facili” ai lettori pigri e demotivati degli istituti tecnici negli anni Ottanta del secolo scorso.

La lettura in classe dei Promessi Sposi

Quando sono diventata insegnante di ruolo e dunque stabile nelle classi, che accompagnavo per tutto il triennio fino all’esame di Stato, ho potuto lavorare sui classici con continuità e dunque Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto e Tasso, Foscolo, Leopardi e anche il nostro Manzoni hanno ritrovato il loro giusto posto nella formazione degli studenti/cittadini italiani.

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Ricordo di aver proposto alcune pagine del bel romanzo di Natalia Ginzburg La famiglia Manzoni, a cui i ragazzi si appassionavano, e la lettura ad alta voce in classe di alcuni brani dei Promessi Sposi; dal celebre incipit con l’incontro tra Don Abbondio e i Bravi, alle pagine dell’incontro di Lucia con la Monaca di Monza, fino ai capitoli della peste. Personaggi come Federigo Borromeo, Padre Cristoforo, l’Innominato, Don Rodrigo, quando sono amati dal docente che legge con passione, diventano anche per i ragazzi che ascoltano personaggi quasi familiari.
In quegli anni sono stati davvero simpatici i tre protagonisti del “Trio”, Marchesini Solenghi e Lopez, che hanno ridotto a satira garbata ed intelligente il romanzo di Manzoni: indimenticabile la “Monaca di Ponza”, che ha aiutato chissà quanti alunni svogliati ad apprezzare l’originale e magari a andarlo a rileggere.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Manzoni nei ricordi di un’alunna poi divenuta insegnante

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