Lenin a pezzi. Distruggere e trasformare il passato
- Autore: Antonella Salomoni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2024
È stato vittima dell’iconoclastia contemporanea anche Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin (1870-1924), padre ideologico della Rivoluzione di ottobre e della Russia dei Soviet. Già dopo il crollo dell’URSS, sono cadute le sue statue negli ex Paesi della Cortina di Ferro. La cancel culture lo ha investito ab origine, ancora prima di materializzarsi in Occidente a partire dalle università statunitensi e di colpire, ad esempio, Cristoforo Colombo negli USA e Indro Montanelli in Italia.
Una studiosa dell’Est europeo e dell’URSS, Antonella Salomoni, docente di storia contemporanea nell’Università di Bologna, affronta il fenomeno nel saggio Lenin a pezzi. Distruggere e trasformare il passato, appena edito da il Mulino nella collana “Biblioteca storica” (gennaio 2024, 216 pagine, con un ampio inserto di fotografie e immagini in bianconero al centro del volume).
Mentre nelle ex Repubbliche sovietiche affrancate dal blocco sovietico la rimozione di Lenin dal suo piedistallo storico-politico è stato immediato e ostentato, in Russia ha seguito invece una cadenza con ritmi meno accentuati. Nelle realtà nazionali che via via affermavano la propria indipendenza statale da Mosca, il far precipitare a terra le statue del leader del PCUS assumeva un forte valore simbolico di distacco dal passato comunista. Abbattere materialmente le rappresentazioni del capo bolscevico significava rompere con la dittatura falce e martello, ripartire verso un futuro di democrazia e di libertà.
In Ucraina (guarda un po’), la rimozione iconoclasta prese addirittura la denominazione di Leninopad, caduta di Lenin, una vera ondata di demolizioni di massa.
La prof.ssa Salomoni ricorda che la figura del trascinatore rivoluzionario è stata a lungo oggetto di un fenomeno estremo di “standardizzazione monumentale” nell’area sovietica, che non solo comportava la presenza invasiva di statue dello statista, ma prevedeva anche un canone rappresentativo omogeneo. Era un simbolo e come tale è stato trattato nell’abbatterlo, a transizione post-comunista avviata.
L’esperienza di sovversione dello spazio post-sovietico risulta esemplare per comprendere la complessità dei fenomeni iconoclastici. Invita a misurarne frequenza e radicalità, così come a distinguere tra rimozione, distruzione, vandalismo, modificazione, reinterpretazione, decadimento per negligenza e, persino, sovraiscrizione, come ha dimostrato la presenza diffusa di ’piedistalli vuoti’, vecchi segni fatti sopravvivere in attesa di nuovi.
Caduta la Cortina di Ferro, anche nell’ex Unione Sovietica Lenin è stato messo in disparte nella memoria e nella storia nazionale, ma con considerevole lentezza se nel 2015 erano ancora quasi 25.200 le strade intitolate. Nonostante il dibattito sulla rimozione e una diversa collocazione, la salma è ancora nel Mausoleo sulla Piazza Rossa, il monumento che ricorda una piramide a gradoni. Dopo la morte, il 21 gennaio 1924, il corpo di Lenin venne imbalsamato (perfettamente), per essere esposto in un sarcofago di vetro e poter ricevere l’omaggio del pubblico nell’agorà nel cuore di Mosca.
Cinque anni dopo, nel 1929, la teca era ancora visitata da milioni di persone e si decise di costruire la struttura permanente del Mausoleo.
Non si può tacere una curiosità: l’ottima conservazione del corpo imbalsamato ha sollevato il sospetto che la conservazione della salma venisse assecondata con materiali in cera (o in silicone, come ora si usa in Italia), ma non c’è alcuna certezza.
Quanto a Putin, lo “zar” ha operato un processo non vistoso ma organico di revisione, riconducendo la figura storica di Lenin ad una “forma-reliquia”.
L’ha resa in pratica inoffensiva, avanza la docente dell’Ateneo felsineo. Putin stesso, in un’intervista nel gennaio del 2018, ha sostenuto che le autorità sovietiche, negli anni Venti, avevano elaborato il commiato dal padre del bolscevismo conservandone ed esponendone il corpo, esattamente come fanno da secoli i cristiani con le reliquie. Si disse: ma gli ortodossi non condividono quella pratica di venerazione della Chiesa apostolica romana. Invece, basta andare sul monte Athos ed anche nel Monastero di Valaam, in Carelia, dover sono venerate le reliquie dei taumaturghi Sergio e Germano. Il potere protosovietico non ha inventato nulla di nuovo, adattando alla sua ideologia quello che l’umanità realizzava da tempo.
L’iconoclastia post-sovietica è comunque diversa da quella nel mondo occidentale, attuata in forme sfrontate, a volte goliardica, sebbene convinta delle sue ragioni. Tornando all’emancipazione dal comunismo, l’autrice suggerisce di riflettere sulla complessità dei fenomeni iconoclastici e di valutare la frequenza e la radicalità, di distinguere tra le campagne promosse dalle autorità centrali o locali e quelle originate dalla pressione della folla, di cogliere le differenze negli Stati, infine:
Di determinare il peso delle specificità nazionali su iconoclastia, vandalismo o distruzione sporadica.
Antonella Salomoni è ordinaria dal 2007, prima nell’università di Calabria, dal 2023 all’Alma Mater Studiorum di Bologna. Ha svolto attività di ricerca a Varsavia, Helsinki, Leningrado, Mosca, Amsterdam, Parigi.
Tra le sue pubblicazioni con il Mulino, Il pane quotidiano. Ideologia e congiuntura nella Russia sovietica, L’Unione Sovietica e la Shoah (2007), Le ceneri di Babij Jar. L’eccidio degli ebrei di Kiev (2019), Il protocollo segreto. Il patto Molotov-Ribbentrop e la falsificazione della storia (2022).
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