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Cancel culture: cos’è, gli scrittori e i romanzi colpiti dal politically correct

La cancel culture colpisce ancora. In alcune università inglesi sono stati messi al bando dei libri considerati offensivi e potenzialmente dannosi per gli studenti, tra questi vi sono anche delle opere di Shakespeare. Vediamo perché nell'approfondimento in cui indaghiamo cause e conseguenze di questo nuovo atto di censura mascherato dietro l'idea imperante del 'politically correct'.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 12-08-2022
Cancel culture: cos'è, gli scrittori e i romanzi colpiti dal politically correct

L’inchiesta del The Times pubblicata in prima pagina, in data mercoledì 10 agosto 2022, con il titolo Universities black list "harmful" literature (Le università mettono in lista nera la letteratura “dannosa”, Ndr) mette nero su bianco una realtà sconcertante: il numero dei libri messi al bando dalle università del Regno Unito sta crescendo vertiginosamente.

L’operazione non è tuttavia ritenuta un’ondata censoria, ma una risposta opportuna ai nuovi “bisogni degli studenti e della società”. Quella che di fatto è una sostanziale revisione degli insegnamenti contenuti nei classici della letteratura si chiama cancel culture ed è una forma rafforzata di revisionismo in nome del cosiddetto “politicamente corretto” (politically correct).

Cos’è la cancel culture

Stiamo assistendo negli ultimi anni a una sorta di furia revisionista e moralista che tende a mettere in discussione i maggiori testi della letteratura mondiale. La chiamano “cancel culture” - la cosiddetta “cultura della cancellazione” - ed è la tendenza a rimuovere dalla produzione culturale libri e autori che si considerano colpevoli di aver sostenuto valori contrari ai diritti delle minoranze, alla parità di genere o all’uguaglianza. In origine questa azione era praticata a fin di bene - una forma di censura bianca - che agiva soprattutto in rete per evitare la diffusione di contenuti offensivi ai danni delle minoranze; ma ben presto ha assunto una piega estremista giungendo a mettere al bando alcune opere capitali della letteratura mondiale.

In certe università inglesi sono state inserite in black-list persino Romeo e Giulietta e Amleto di Shakespeare poiché contengono scene di “omicidio, avvelenamenti e suicidio.”

Se l’Inghilterra giunge a mettere al bando le opere del Bardo che hanno improntato la sua storia letteraria e culturale, allora in Italia dovremmo presto aspettarci un’analoga furia revisionista sulla Divina commedia di Dante. Che dire, invece, della Bibbia?

Ormai il termine cancel culture, come ha osservato nel 2020 il linguista Noam Chomsky, è diventato una sorta di termine ombrello in cui far ricadere

“l’iconoclastia, la censura preventiva degli editori, le polemiche sulle favole”.

Nata come una forma di ostracismo o boicottaggio nei confronti di un personaggio pubblico, oggi la cancel culture sta diventando il tentativo di eliminare le tracce di un passato caratterizzato da culture e ideali ora considerati anacronistici, come il patriarcato, il razzismo, il sessismo.
Negli ultimi tempi la cancel culture viene applicata come una sorta di contemporanea damnatio memoriae, usato soprattutto per fini politici.

Cancel culture: gli scrittori e i libri messi al bando

Tra i testi messi al bando troviamo anche dei mostri sacri della letteratura mondiale, come le opere William Shakespeare, Charles Dickens, Charlotte Brontë, Jane Austen e Virginia Woolf.

Secondo questa visione Sogno di una notte di mezza estate è un’opera classista; mentre Oliver Twist descrive abusi su minori; tacciata di razzismo anche Virginia Woolf poiché usa troppe volte la parola “negro” nei suoi testi e descrive, in un passo, la pelle di una persona di colore “nera come quella di una scimmia”.

Tra le opere teatrali inserite in black-list vi è anche il dramma La signorina Giulia dell’intellettuale svedese August Strindberg, recitato nei teatri di tutto il mondo, perché parla di suicidio.

In totale i testi ritenuti “dannosi a causa dei propri contenuti” dalle università inglesi sono 1081. Tra questi pure The history of Mary Prince (1831), l’autobiografia della scrittrice Mary Prince, che fu la prima donna nera a presentare una petizione al Parlamento inglese, e la prima donna di colore a pubblicare un racconto di stampo autobiografico nel Regno Unito.

Questa forma di revisionismo estrema in Inghilterra ha colpito anche autori contemporanei, come Colson Whitehead, vincitore del premio Pulitzer nel 2017. Il suo capolavoro La ferrovia sotterranea è stato messo al bando a causa delle sue descrizioni troppo incisive della schiavitù e della violenza insita nelle tensioni razziali. Va detto che Whitehead è un autore osannato in America e il suo libro è stato promosso tra le letture consigliate dallo stesso presidente Obama. Impedire agli studenti la lettura di un libro che racconta uno spaccato di storia recente li renderà delle persone migliori? Dimenticare il passato ci permetterà di costruire un presente più sicuro? E, infine, cancellare la narrazione del razzismo non significa compiere un altro deliberato atto di discriminazione?

Il caso di cancel culture in due università inglesi

Stando all’inchiesta compiuta da The Times due università, Essex e Sussex, hanno ammesso pubblicamente di aver depennato alcuni testi dalle letture accademiche. Altre dieci università, appartenenti al prestigioso Russell Group, tra cui Glasgow e Warwick, hanno invece deciso di inserire certe opere tra le letture opzionali per tutelare il “benessere degli studenti”.
Nessuno vuole dunque infrangere il delicato equilibrio psicofisico degli studenti universitari che, da parte loro, non sembrano affatto così fragili e delicati ed esprimono tutto il loro disappunto in merito alla faccenda.
In alcune manifestazioni studentesche si parla infatti di “limitazione alla libertà di pensiero” e persino di restrizioni “insidiose”. Alcuni tra gli studenti in procinto di laurearsi hanno affermato di aver deciso semplicemente di “stare al gioco” (play the game nella dichiarazione originale, Ndr) e quindi di allinearsi alle letture prestabilite per prendere buoni voti all’esame finale.
Ma davvero crediamo che degli studenti universitari non possiedano gli strumenti intellettuali e lo spirito critico necessario per comprendere e riattualizzare un’opera di Shakespeare?

Il ministro degli esteri inglese Liz Truss ha commentato la faccenda in questi termini:

L’università non dovrebbe praticare un’attività di controllo sugli studenti. Una buona educazione dovrebbe essere sempre sostenuta da un dialogo aperto e spontaneo. La vita reale non è mai accompagnata da un foglietto d’avvertenza sui contenuti. Non possiamo proteggere le persone da certe idee difficili da accettare per tutto il corso della loro esistenza.

Anche il ministro dell’istruzione James Cleverly ha espresso il proprio disappunto ribadendo che la tendenza a nascondere e occultare certi avvenimenti storici rischia di rendere più difficile la comprensione dei tanti progressi che sono in seguito avvenuti. Secondo Cleverly gli atenei britannici hanno l’obbligo di mostrare agli studenti il mondo esattamente per come è e non come “vorrebbero che fosse”.

Le decisioni rivelate dall’inchiesta del Times sono state prese dai vertici amministrativi delle università, ma contestate da molti accademici e docenti che si sono ribellati al sistema affermando di non essere disposti a depennare certe opere dai loro corsi. Esistono ancora gli intellettuali dissidenti? Chissà, vogliamo crederci.

Certo che ci si aspettava che l’Inghilterra dopo il clamoroso caso di censura per oscenità su L’amante di Lady Chatterley, che in seguito vendette milioni di copie, avesse imparato qualcosa. E invece no: oggi siamo arrivati al paradosso più estremo, sono le università stesse a “sconsigliare” ai loro studenti di leggere la Letteratura poiché potrebbe nuocere al loro equilibrio mentale. Sia mai che negli atenei si formino delle “teste pensanti.”

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cancel culture: cos’è, gli scrittori e i romanzi colpiti dal politically correct

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