La seconda mezzanotte
- Autore: Antonio Scurati
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2011
“Noir in festival” e Dialogo sull’Apocalisse, a cui parteciperà anche Antonio Scurati, autore del recente romanzo “La seconda mezzanotte”, sono gli eventi di questi giorni che mostrano come il tema della distruzione della nostra civiltà sia già molto presente nella testa e nell’ispirazione di diversi romanzieri.
Credevo che dopo aver letto “La strada” di Cormac McCarthy non potesse esserci nulla di più desolante ed opprimente. Il visionario ed apocalittico Scurati invece ha fatto di più: il suo libro si legge con crescente difficoltà, con paura, con disgusto, eppure non si riesce ad abbandonare, chiedendosi ad ogni pagina dove può arrivare la sua fantasia, che è invece solo l’iperbole di tanti comportamenti già attuati e vissuti (da pochi, si spera) nel nostro disgraziato tempo.
Il set del libro è una Venezia della fine del secolo presente, l’anno 2092, dopo che una grande Onda l’ha sommersa. Della città lagunare è rimasta solo la parte monumentale, coperta da un’immensa calotta di plastica, e Nova Venezia è divenuta, sotto il potere dei Cinesi, un immenso crudelissimo parco di divertimenti sadici e violenti per i più ricchi e viziosi uomini del pianeta. In questa specie di limbo diabolico, il posto più sadico è un’enorme arena in piazza San Marco, dove si ripetono in grande stile i giochi da circo del Colosseo: giganteschi gladiatori combattono fra loro o contro schiavi di altre razze ed etnie, oppure animali esotici o cani rabbiosi si confrontano in duelli cruenti, mentre la violenza, la crudeltà, il sadismo, la ferocia sembrano restare le uniche ragioni che tengono in vita i turisti drogati, ubriachi, impotenti, che popolano quel luogo demenziale. Lo scenario dentro cui si svolge il romanzo include le donne ridotte a schiave del sesso, stuprate, torturate e uccise, i bambini che non nascono, gli uomini resi sterili dall’obbligo di un anticoncezionale nascosto sotto la pelle, la morte in agguato per tutti.
Due personaggi, il Maestro dei gladiatori e il suo allievo Spartaco, tentano in diversi modi di sfuggire all’orrore a cui tutti sono condannati. Il susseguirsi degli avvenimenti nei giorni caldissimi del Carnevale, la descrizione dei terribili duelli, delle esecuzioni, delle orge, dei vizi più estremi vanno letti pagina dopo pagina, per capire fino a che punto si è spinto lo scrittore nella sua tremenda visionarietà, nel suo scavare nella depravazione a cui tutti, vincitori e vinti, schiavi e uomini liberi, donne e adolescenti, sono ormai assuefatti.
Non c’è prospettiva nel racconto di Scurati, non c’è il ricordo del passato, manca un progetto di futuro; la città recintata da un alto muro che la separa dal “fuori” è la metafora di ciò che attende la nostra umanità cieca e poco previdente. Non c’è neppure lieto fine, manca ogni forma di speranza, l’umanità descritta vive su una sorta di zattera dove l’aria condizionata mantiene un eterno calore, in mezzo alla palude malarica, dove mancano le stagioni, la natura è ridotta a cani idrofobi, carne sanguinolenta, totale assenza di verde, dove donne e uomini sterili si aggirano in balia di poteri forti ed occulti, dove una tecnologia raffinata è pronta a distruggerli in ogni momento.
La parte più convincente del romanzo è il linguaggio usato dall’autore, efficace nelle descrizioni, analitiche ma rapide, con un ritmo che lega il lettore anche se questo vorrebbe sfuggire da certi atroci dettagli che non gli sono risparmiati. Scurati è capace di raccontare la preparazione di un sushi che prelude ad uno stupro violento con un linguaggio da chirurgo ma di cui si intuisce la sensualità quasi animalesca, le allusioni forti ad un atto sessuale che non ha più nulla di umano:
“La donna sfiletta il pesce, lo tiene fermo sul tagliere, e con il coltello leggermente inclinato elimina la testa; insinua la punta della lama nel ventre per staccare la lisca dalla carne andando verso la coda, poi la inserisce nel dorso, pratica un taglio per tutta la lunghezza appoggiandosi alla spina dorsale… quindi rovescia il pesce...”
L’immagine di Venezia torturata e annientata nelle sue opere d’arte, nella sua storia millenaria, nella sua bellezza, nei suoi cittadini divenuti schiavi, è la metafora che Scurati ci consegna, quasi a metterci in guardia da ciò che può avvenire in un tempo non troppo lontano all’intera umanità che vive sul pianeta, destinata a regredire in una condizione semibarbarica.
La seconda mezzanotte
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