La scelta
- Autore: Viveca Sten
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2023
Una donna in fuga dal Male, un bambino da proteggere, il nuovo caso dell’ispettore Thomas Andreasson e di Nora Linde: si legge sulla copertina del nono titolo, La scelta, della serie “Omicidi a Sundhamn”. È uscito a giugno nella collana Farfalle della casa editrice veneziana Marsilio (2023, 560 pagine), per la traduzione di Alessandra Scali dallo svedese dell’edizione originale 2018, a firma della scrittrice svedese Viveca Sten.
Due cose da notare: la M maiuscola del male e il vezzo dell’autrice di proporsi con il cognome del marito. Nata a Bergsted, a Stoccolma, nel 1959, vive a Djursholm, nella contea di Stoccolma, con il marito Lennart e i tre figli.
Ha conseguito la laurea in giurisprudenza ed è occupata nella scuola di economia della capitale nordica. È scrittrice, consigliere giuridico, componente del consiglio d’amministrazione e docente universitario. Dai suoi libri è stata tratta una serie televisiva, con le vicende del detective Andreasson e di Nora, la migliore amica, sull’isola di Sandhamn nell’arcipelago di Stoccolma, dove la famiglia dell’autrice possiede una casa estiva da generazioni.
I protagonisti del romanzo sono alle prese con la loro vita professionale e privata. Thomas è disturbato, come tutti i colleghi, dalla riorganizzazione del Corpo di Polizia, che ha scatenato un “fuggi fuggi” dalla sezione investigativa di Nacka. È anche irritato dalla difficoltà di condividere senza attriti con l’ex moglie Pernilla l’affido disgiunto a periodi alterni della figlia Elin, di otto anni.
È da poco che sono separati e l’unico mezzo di comunicazione che risparmia scontri tra loro sono gli sms. Anche le telefonate riaccendono lo scambio stucchevole di accuse reciproche, che manda in bestia Andreasson e lo rende aggressivo.
Nora è al lavoro nella Procura per i reati economici e finanziari, impegnata in un’indagine che ricorda il caso Al Capone, nella Chicago degli anni Trenta. Non avendo prove per incriminare penalmente il capo della malavita d’importazione Andreis Kovac, l’Agenzia delle Entrate ha fornito materiale probatorio, proveniente da una fonte anonima, idoneo a incastrarlo per irregolarità finanziaria. La caccia a quell’uomo è un fatto personale per lei e l’ispettrice Leila. Mina, la giovane moglie, è stata ricoverata con due costole rotte, un labbro spaccato e una profonda lesione al sopracciglio. Non sarebbe la prima volta che il marito la manda all’ospedale. Stanno insieme da quattro anni, Lei ne ha appena compiuto venticinque. Andreis è emigrato in Svezia con la famiglia dopo la guerra in Bosnia, Mina invece proviene dal ceto medio tipico svedese. Hanno un figlio di tre mesi.
Ecco quindi chi è la Mina Kovac proposta in anteprima da Viveca in questo romanzo. L’abbiamo vista sforzarsi in tutti i modi di nascondere i lividi, ma ultimamente le riesce sempre più difficile. Il minimo errore scatena la rabbia di Andreis e lei cerca in ogni modo di non innescarla. Si tiene in disparte e cerca di occupare meno spazio possibile. Lucida la casa a specchio, la riordina perfettamente, cerca dìessere puntualissima nel mettere a tavola le pietanze preferite da lui. Prende subito in braccio il figlioletto Lukas, quando si sveglia, per evitare che il piccolo possa disturbarlo con i suoi strilli.
La vediamo guardarsi intorno soddisfatta: tutto splende da cima a fondo, la cena è pronta, Andreis non troverà nessun pretesto per arrabbiarsi… poi, sente gelarsi il sangue. L’aspirapolvere. L’ha dimenticato in cucina, distratta da Lukas.
Kovac è stato fermato dopo il ricovero della moglie. Erano soli in casa, risulta dall’incartamento, secondo l’amico di sempre Thomas, che Nora vuole coinvolgere nel caso. Mina sostiene che il marito non c’entra.
Lo discolpa, dice d’essere inciampata. Invece è più che certo che sia stato lui, ma finché la moglie non lo accusa, con un buon avvocato riuscirà a farla franca.
Andreis telefona a Mina in ospedale. Chiede perdono, la chiama “adorata”, sembra l’uomo di cui si è innamorata tempo prima, non quello con il pugno alzato e le pupille ridotte a due capocchie di spillo. Andreis insiste che ha visto tutto nero, dice d’essersi sentito un’altra persona, le promette che non succederà più. Ma lo ha già fatto tante volte e lei gli ha sempre creduto.
Aggiunge ch’è chiuso in cella, nella Centrale di Nacka e detesta gli spazi chiusi. Si lamenta. Soffre tanto. Non ce la fa più. Le chiede di aiutarlo a uscire. Davvero spregevole Andreis, che nei frequenti flashback nella Bosnia del 1992-93 è un bambino di cinque-sei anni, travolto con la famiglia dal conflitto serbo-bosniaco.
Nora e Leila cercano di convincere Mina a denunciare Andreis per maltrattamenti. La possono aiutare, trasferendola col piccolo in una casa-famiglia, dove il marito non sarà in grado di trovarla. Altrimenti, sarà fuori in ventiquattrore e a casa ricomincerà tutto da capo.
Mina resiste, non intende ragioni, si chiude a riccio. I genitori Stefan e Karin si sforzano di convincerla. Finalmente, accetta, in un sussurro, “ci vado”. È ospitata a Friggagarden, il Rifugio di Frigga, la dea norrena protettrice, sull’isola di Runmaro.
C’è storia, si affaccia un amore malato e spicca una donna dolce e intensa, Mina, in questo romanzo ampio, arioso, per niente claustrofobico rispetto a quanto farebbe pensare la tirannide del marito-padrone nelle quattro mura di casa Kovac.
Il titolo originale svedese è I fel sällskap, ovvero “Nella compagnia sbagliata”. Perfino nella civilissima Svezia, un potente narcotrafficante esercita la violenza per consolidare il suo potere e non esita a scatenare una guerra per riavere la moglie sotto le mani.
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