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La morte in banca di Giuseppe Pontiggia

Esperienza realmente vissuta in prima persona dall’autore, il quale, per alcuni anni, lavorò come impiegato al Credito Italiano, La morte in banca mostra senza ipocrisia gli aspetti più sconfortanti del mito del “posto fisso” (oggi, sempre più “mito” con la crisi drammatica di lavoro che sta strangolando l’Italia).

Giovanni Basile
Giovanni Basile Pubblicato il 18-10-2012

5

La morte in banca

La morte in banca

  • Autore: Giuseppe Pontiggia
  • Categoria: Narrativa Italiana

Scheda e prezzo libro:

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Uscito la prima volta nel 1959, La morte in banca si compone di un romanzo breve e di sedici racconti, questi ultimi racchiusi in una noce per la loro essenzialità.

Il primo, che dà il titolo al libro, vede come protagonista Carabba, un precoce diciassettenne che, terminata la scuola, riesce a trovare un impiego in banca. Il ragazzo, orfano di padre, vive con la madre e quel lavoro contribuisce al sostentamento di casa.
Per Carabba, tuttavia, la banca non rappresenta certo il suo orizzonte: si iscrive infatti a lettere per proseguire gli studi e la sera frequenta la biblioteca pubblica per coltivare la sua grande passione per la lettura. La speranza è quella di poter un giorno lasciare tutto per una professione più gratificante. Questa sua “doppia vita” di impiegato e di studente gli permette di tirare avanti sentendosi diverso e distante dal resto dei colleghi. Una soluzione temporanea, quindi.
Intanto, le mansioni da contabile da svolgere risultano semplici, meccaniche, spersonalizzanti.
Con il trascorrere del tempo, però, la speranza di affrancarsi da quel grigiore pian piano si affievolisce: il lavoro da travet ripetitivo e demotivante, l’ambiente ottuso e limitante della banca, le piccinerie e le frustrazioni di chi vi lavora, smontano l’entusiasmo del giovane fino a farlo entrare nel cono d’ombra della rassegnazione e del torpore esistenziale. Routine e mediocrità avviluppano Carabba, rendendo le sue giornate metodiche, prive di significativi sussulti, senza grandi prospettive. Una morte civile: la morte in banca, appunto.

Esperienza realmente vissuta in prima persona dall’autore, il quale, per alcuni anni, lavorò come impiegato al Credito Italiano, La morte in banca mostra senza ipocrisia gli aspetti più sconfortanti del mito del “posto fisso” (oggi, sempre più “mito” con la crisi drammatica di lavoro che sta strangolando l’Italia).
La rassegnazione e l’incapacità di seguire i propri sogni castreranno le speranze del protagonista in un futuro migliore.

Il conformismo anonimo piccolo-borghese - si noti come Pontiggia non citi mai il nome di Carabba, quasi per marcarne l’insignicanza del ruolo nell’economia della trama -, la mediocrità e l’abitudinarietà svuoteranno le energie positive del giovane, condannandolo al piattume.
Carabba, enfant prodige dei travet, tutto sommato è un vinto incapace di prendere il timone della propria vita, affossato nelle aride e monotone mansioni di modesto contabile, dove la ripetitività del gesto avvilisce l’individualità della persona.

Gli altri brevissimi racconti sono quelli tipici dello stile di Pontiggia, attento osservatore dei vizi e delle nevrosi della nostra società: storie create dall’ordinarietà quotidiana, raccontate con cadenze strette e sostenute, con fulminanti colpi di scena finali, il tutto nello spazio di pochissime pagine.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La morte in banca

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