L’isola di Ragnar Jónasson

Autore di molto romanzi che Marsilio pubblica con regolarità, lo scrittore islandese Ragnar Jónasson mette in scena trame complicate in luoghi deserti o molto lontani da tutto; è il caso di L’isola (Marsilio, 2023, traduzione di Valeria Raimondi) che su due piani temporali, il 1987, e poi dieci anni dopo, nel 1997, racconta una storia che sembrerebbe un racconto di fantasmi: una giovane donna, bellissima, trascina su un’isola gelida, pericolosa, piena di montagne scoscese e di orridi abissi, un ragazzo che si è innamorato di lei, Benedikt.

I due passeranno un weekend in una piccola baita che la famiglia della ragazza possiede. Nessuno sa che sono lì, non c’è elettricità né telefono, sono del tutto isolati. Lui è talmente preso dalla bellezza e dall’entusiasmo della compagna, che accetta di sentirsi in pericolo, in quel luogo che gli appare sinistro. Infatti, secondo quanto racconta la giovane donna, un suo antenato era stato arso vivo e ora il suo fantasma la notte si aggirava in quei luoghi deserti.
La mattina dopo Benedikt si alza di buon’ora per esplorare l’isola; ma al suo ritorno, qualche ora dopo, trova la ragazza morta in una pozza di sangue.

Di quel delitto verrà accusato il padre di lei, l’unico che conosceva quel rifugio, l’unico che ne aveva la chiave. Arrestato sotto gli occhi increduli del figlio, certo che suo padre non sia colpevole della morte della sorella. L’uomo viene messo sotto processo e non resisterà alla violenza delle infamanti accuse.

Dieci anni dopo, per ricordare la loro amica morta, si riuniscono per una rimpatriata proprio Benedikt, Dagur, che ha avuto la famiglia distrutta, e due ragazze, Alexandra e Klara, amiche inseparabili al tempo del liceo proprio di Katla, l’amica della cui morte nessuno di loro si era mai dato pace.
L’ispettrice Hulda, che lavora al comando di polizia di Reykjavik, verrà chiamata a svolgere le indagini perché nell’isola deserta di Ellioaey, è successa una disgrazia atroce. Una delle ragazze, Klara, dopo una serata trascorsa nel piccolo rifugio in compagnia dei suoi amici, è stata ritrovata sfracellata in un dirupo in cui forse era precipitata per una tragica fatalità.

Presto le indagini chiariscono che non si è trattato di un incidente, ma che Klara è vittima di un omicidio. Hulda con grande pazienza, curiosità, sensibilità investigativa, riuscirà a scoperchiare vasi dietro cui per anni si erano nascoste indagini mal fatte, poliziotti ambiziosi e corrotti, in un crescendo di suspense che porterà Hulda alla verità dopo tante ingiustizie e tanti depistaggi.

Un bel personaggio quello della detective Hulda, dalla vita privata tragica, segnata dalla solitudine che somiglia tanto ai paesaggi desolati, gelidi, pericolosamente deserti in cui vivono i personaggi della storia.
Una Islanda vicina al circolo polare artico, dove il ghiaccio sembra la metafora dei rapporti tra i vari attori di una trama narrativa nella quale i morti sono più numerosi dei vivi; e le morti violente, pur così rare secondo le statistiche, sono peraltro atroci e dettate da sentimenti estremi.

Un ottimo narratore Ragnar Jónasson, anche in questo romanzo, tradotto dall’inglese da Valeria Raimondi con una prosa scorrevole, malgrado la difficoltà del lettore di confrontarsi con i toponimi e i cognomi islandesi.