L’anima delle città
- Autore: Jan Brokken
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2021
“Blu su sfondo rosa. La macchia blu ha la forma di un cuore umano e si compone di palazzi dalle finestre gialle. Da una di esse escono note musicali di un elegante color Borgogna. È davvero l’anima delle città, perché nelle mappe letterarie fitte e dettagliate di Brokken i palazzi, le strade e i quartieri diventano vivi grazie alla storia degli uomini e delle donne che li hanno abitati e perché in quelle mappe c’è sempre la musica.”
Sono queste le parole scelte da Natascha Lusenti per presentare, nel podcast a esso dedicato, l’ultimo libro di Jan Brokken, L’anima delle città (Iperborea, 2021, traduzione di Claudia Cozzi). Come avvenuto infatti per un altro libro legato all’universo narrativo odeporico – Per antiche strade di Mathijs Deen – Iperborea ha accompagnato l’uscita del libro dello scrittore olandese con una serie di puntate che selezionano e raccontano, con un taglio molto intimo e personale, sei delle dodici città attraversate, vissute e percorse in lungo e in largo da Brokken.
La voce del podcast coglie pienamente la cifra contenutistica e sentimentale del volume. Brokken, che già con Anime baltiche e Bagliori a san Pietroburgo – libri con cui si crea un inevitabile ponte tematico – aveva introdotto i lettori italiani al suo stile narrativo, stavolta non si concentra su un orizzonte geografico preciso, ma opta per un atteggiamento itinerante che spazia per tutto il vecchio continente con incursioni fino in Giappone.
L’anima delle città è assimilabile a una raccolta di racconti nella quale l’autore ci mostra di nuovo la sua predilezione per il viaggio, non quello canonico fatto di visite a monumenti o simboli noti, ma quello di tipo umano, sentimentale, letterario e musicale. Se il suono della voce del podcast accompagna la presentazione del libro, ecco che la musica anima per larghi tratti il volume, rappresentandone uno dei filoni principali lungo i quali si sviluppa la narrazione di molti capitoli; la Bergamo di Donizetti, Mahler e la sua Amsterdam, e poi le incursioni nelle città baltiche sulle orme di Pēteris Vasks e Mikalojus Konstantinas Čiurlionis sono solo alcune delle curiose menzioni fatte nell’attraversare le città.
Scrittori, compositori, pittori popolano le vie delle città. Le note di una sinfonia o il dettaglio di un quadro come Il viale di Middelharnis, realizzato dal pittore olandese Hobbema, diventano spunto così per solcare piste mai battute o lontane dal flusso turistico, dando vita a capitoli come Un viale verso il vuoto, che per contrasto offrono la chiave del libro, ovvero il racconto delle strade e delle vie delle città che un tempo furono abitate da artisti di ogni sorta.
Il vuoto e la distanza temporale dei secoli si colmano con la scrittura avvolgente, che non manca di attraversare anche le grandi capitali come Parigi. A ogni modo, viaggiando fisicamente nei quattro angoli del globo Brokken si muove così anche nel tempo portandoci nelle case e nei luoghi della memoria. Una memoria che si interseca infine con i ricordi personali dell’autore attraverso parole di struggente dolcezza, testimonianza di come il viaggio non sia solo meramente erudito, ma anche e soprattutto memoriale. Questo emerge, solo per citare un passo, con forza nelle pagine dedicate a Cagliari, dove la visita all’orto botanico un tempo diretto dalla madre di Italo Calvino si converte in un passaggio pieno di affetto verso i propri cari e ricco di percezioni sensoriali:
“Ogni volta che vedo l’indicazione “orto botanico” voglio andarci subito, in qualsiasi città. È strano, ma poi la prima cosa che mi arriva alle narici è mio nonno, e solo dopo il profumo delle piante e dei fiori.”
Viaggiare in compagnia di Jan Brokken è dunque un’esperienza ibrida, che mescola la flânerie con l’attenta indagine storica, artistica, umana. Jan Brokken viaggiando e scrivendo assume la posa naturale del detective, mettendosi alla ricerca di indizi, tracce, orme di persone che hanno vissuto le città, che ne rappresentano l’anima. Una scrittura ipertestuale, in definitiva, che apre finestre sulla musica, sull’arte, sulla letteratura, sui profumi e i sapori di cui la storia di ogni città è intrisa.
“Un’esistenza sedentaria. Come mai l’apprezzo, io, il viaggiatore, l’eterno irrequieto? A volte, dentro di noi, un estremo desidera l’estremo opposto. Io dovetti andarmene dal mio villaggio e dalla regione in cui ero cresciuto, per Morandi non fu necessario. [...] Sì, una persona così io la capisco. Soprattutto mentre mangio pasta ai fiori di zucca, bevo sangiovese e annuso il profumo di mandorle di questa città ai piedi degli Appennini seduto a un tavolino con uno strofinaccio come tovaglia, in una sera di giugno, sotto l’ombra dei portici, davanti a meno di cento metri dalla casa di Morandi. Allora mi assale il desiderio di rimanere qui per sempre, per mangiare ogni giorno alla Drogheria della Rosa - così si chiama il ristorante - ed essere lasciato in pace da tutti tranne che dalla voce che mi ordina di mettermi al lavoro e creare qualcosa di semplice, di una bellezza commovente. [...] Sì, io Morandi lo capisco. Ma non avrei voluto essere come lui. Dopo un’infanzia serena e tranquilla a Bologna, avrei voluto viaggiare per il mondo in lungo e in largo, andare oltre gli Appennini, le Alpi e i Vosgi, a Parigi, a Bruxelles o ancora più in là, ad Amsterdam, la città di Rembrandt.”
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