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Recensioni di libri

L’angelo nero di Kjell Ola Dahl

Marsilio, 2017 - Le indagini di Gunnarstranda e Frolich, amici nemici per la pelle nella polizia di Oslo: approda in Italia il sesto romanzo dell’ex psicologo, apprezzato come giallista in tutto il mondo.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 05-12-2017

3

L'angelo nero

L’angelo nero

  • Autore: Kjell Ola Dahl
  • Genere: Gialli, Noir, Thriller
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Marsilio
  • Anno di pubblicazione: 2017

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L’ispettore capo Gunnarstranda non è mai andato a genio a colleghi e subalterni della Polizia di Oslo ma da quando ha fatto rapporto al poliziotto Killi, il malumore nei suoi confronti è cresciuto. Ora che proprio Ivar Killi è stato ucciso, forse da tre pakistani, il non tollerare la mano pesante nei confronti dei sospetti agenticidi fa venire allo scoperto la più aperta ostilità di tutti. Una brutta situazione per il coprotagonista dei polizieschi di Kjell Ola Dahl. Il sesto dei titoli, “L’angelo nero”, è in libreria da settembre 2017 (pp. 382, euro 18,50), pubblicato come gli altri da Marsilio, Venezia.
L’ulteriore protagonista dei gialli di Kjell Ola Dahl è un altro ispettore, Frank Frolich, in coppia per anni col magro e ascetico Gunnarstranda, ma al momento auto esiliatosi nella Sezione persone scomparse. Sono entrambi oltre la cinquantina, ma uno è asciutto, piccolo, nervoso, cinico, scontroso, solitario, quanto Frolich è invece alto, robusto, amante della buona cucina, calmo, riflessivo, finché non esplode di brutto, come tutti i buoni. Certo, con le donne non ne azzecca una, nel senso che finisce sempre per farsi conquistare da quelle che non lo meritano e non pensano che a spendere i suoi soldi.
Uno è sbrigativo e misantropo, l’altro si fa in quattro per la gente, ma tutt’e due non mollano sul lavoro e prendono a cuore i casi, fino a condurli ostinatamente in porto. Sono poliziotti senza il fisico del detective dei telefilm, ma la stoffa ce l’hanno eccome, sotto i panni dell’uomo comune.
Il loro papà è uno scrittore raffinato, attento agli sviluppi sociali ed anche molto bravo nel fissare atteggiamenti e descrivere caratteri, tic, piccoli e grandi difetti individuali. Del resto, Kjell Ola Dahl nasce psicologo e vanta pure esperienze di insegnamento, conosce quindi i comportamenti collettivi e le tecniche palesi e occulte per influenzare le dinamiche di gruppi, categorie, consorterie. Tutti elementi che riversa nei romanzi, che produce fin dal 1993, con scrittura elegante e fluente. Vive con la famiglia ad Askim, nei pressi di Oslo.

Ivar Killi era in malattia, da quattro settimane ed oltre, dopo un provvedimento disciplinare di Gunnarstranda per il suo atteggiamento nel corso di un intervento. Inseguendo un’auto a 150 all’ora in città, aveva messo in pericolo l’incolumità pubblica, del collega in auto con lui – lo stesso Gunnarstranda – e dell’inseguito. Una volta raggiunto, lo aveva inondato di spray al peperoncino e riempito di pugni in faccia. Il tutto contravvenendo agli ordini di un superiore, sempre Gunnarstranda, che gli intimava di desistere.
Quel Killi è stato ucciso durante una rissa ma non si capisce quanto il delitto sia collegato alla mischia, scatenata da tre pakistani all’esterno di un locale, frequentato da poliziotti fuori servizio. Una sola ferita. Un solo sparo.
Tutta la polizia di Oslo è contro l’ispettore capo. Gli contestano d’aver rallentato il trasferimento nella capitale dei tre sospetti, fermati a nord per eccesso di velocità. Ma Gunnarstranda avrà le sue buone ragioni, non c’è dubbio, anche se non perde tempo ad esporle, come sempre.
Nessuno poi andrebbe a indagare in casa dell’agente ucciso. È lì che tra il disordine e la trascuratezza trova una fotocamera digitale, con impresse immagini di animali, paesaggi, attività di pesca sportiva e all’aria aperta, le passioni di Killi. Non sono gli unici scatti, però. Altre riprendono una ragazza sui quattordici-sedici anni, in abbigliamento succinto fetish e legata a una sedia e a un tavolo. Scene di bondage, ma consensuale, perché la giovanissima sembra chiaramente rilassata, in posa. Sono state scattate nell’appartamento, il tavolo è quello, impossibile sbagliarsi.
Contemporaneamente, Frank Frolich è alla ricerca di un anziano avvocato. La scomparsa è stata denunciata dalla figlia, l’unica rimasta, dopo la morte per cancro della moglie e quella recente del figlio, sminatore volontario in Afghanistan. Una serie di lutti che potrebbero aver piegato l’uomo.
La cosa strana - ci sono sempre cose strane nelle vicende di Frolich - è che viene chiamato da un night e invitato con le spicce ad andare a riprendersi la moglie, sbronza da stare male. Mosso dalla curiosità, che prevale sulla stizza che qualcuna si sia spacciata per consorte, raggiunge il locale notturno e si ritrova tra le braccia, addormentata, la figlia dell’avvocato scomparso, Fride, in abito corto da sera e sandali col tacco alto.

Un altro a ritrovarsi tra le braccia di Frolich è Gunnarstranda, appioppatogli dai superiori per allontanarlo dalla centrale. È l’unico in grado di sopportarlo in polizia, glielo spiattellano in faccia (con lui sono tutti spietati). Così sono in due a stargli attaccati come cozze a uno scoglio: la donna in crisi esistenziale e il collega disordinato, istintivo, impossibile, del quale credeva d’essersi era finalmente liberato.
Gunnarstranda avrà pure forzato casa Killi senza autorizzazione, ma ne ha ricavato una priva interessante, la scheda di memoria della fotocamera. Bene, viene fatta sparire dai locali del comando e il colpevole è di certo un collega. La cosa lo delude, avvilisce - si sente privato di indagini che sentiva sue. Frank ha un diavolo per capello ma di Gunnarstranda non ci si libera facilmente.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’angelo nero

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