Senilità di Italo Svevo è il secondo romanzo dello scrittore, edito per la prima volta nel 1898. La seconda edizione del 1927 fu una vera e clamorosa riscoperta, con il plauso unanime dei critici francesi, di Montale e di James Joyce.
Angiolina e il desiderio
Nel 1962 Mauro Bolognini gira un bel film tratto dal testo, Claudia Cardinale è protagonista nel ruolo conturbante di Angiolina, la bellissima fanciulla popolana che Svevo raffigura così:
"Una bionda dagli occhi azzurri grandi, alta e forte, ma snella e flessuosa, il volto illuminato dalla vita, un color giallo di ambra soffuso di rosa da una bella salute, camminava accanto a lui, la testa china da un lato come piegata dal peso del tanto oro che la fasciava.”
Ed eccoci nel cuore della vicenda, l’adorazione verso la donna, vista come bellezza, come dea, “fece sentire ad Emilio d’aver accanto la dea capace di qualunque nobiltà di suono o di parola.”
Donna ispiratrice di sogno e di poesia, ma pure di passione divorante:
"Il possesso […] non abbellito da sogni e neppure da parole, era la verità propria e pura e bestiale.”
Svevo non nasconde questa verità istintuale (secondo Jung siamo angeli e fiere), anzi la mette in luce in pagine accese di desiderio. Ancora una volta, come negli altri due romanzi, l’artista afferma l’impossibilità di vivere totalmente le proprie pulsioni, da cui consegue l’inettitudine alla vita fatta di compromessi e continui aggiustamenti, tipica dei contemplatori.
I rapporti amorosi e la trama del romanzo
Fin dall’inizio della sua relazione, Emilio Brentani confida ad Angiolina di non potersi impegnare seriamente con lei, perché ha obblighi familiari verso la sorella Amalia. I soldi non basterebbero per vivere in tre. Quale soluzione adottare? Meglio che la ragazza cerchi un pretendente conveniente e danaroso, consiglia l’uomo disimpegnato e prudente, come fanno le oneste borghesi; loro due, conclude, potranno vedersi come amanti. E crede di poter reggere il triangolo. Vendersi è il destino muliebre, secondo i dettami imperanti allora.
“La donna onesta sa valere molto; è quello il suo segreto”, insegna l’innamorato trentacinquenne. "Ah! Le superbe signore son dunque fatte così?", domanda la ragazza finta ingenua.
L’ingenuo è invece lui, digiuno in materia, inesperto come un adolescente, di fronte alla popolana navigata e radiosa che ride e osserva gli uomini nel "passeggio" con un occhio magnetico che "crepitava". La passeggiata all’epoca era il divertimento obbligato di tutte le classi sociali e molto, nel libro, accade durante il girovagare delizioso e pure torturante per la gelosia crescente di Emilio. Sono frequenti gli scoppi d’ira dell’uomo, derivati da odio e tumulti viscerali diretti sia verso Angiolina sia verso i suoi ammiratori e accompagnatori; tumulti subito rientrati e trasmutati in rinnovata devozione. Conosciamo cosa sia il mal d’amore; Svevo sa esserne il magnifico cronista.
Il loro legame conosce alti e bassi. Lei si fidanza ufficialmente con un sarto di Fiume, brutto e adorante. Tradisce spudoratamente Emilio, prima con un ombrellaio e quindi con l’amico di lui, lo scultore Stefano Balli, uno sciupafemmine di cui si è innamorata segretamente la gentile e scialba Amalia, angelo del focolare, ligia all’educazione puritana ricevuta, nata per consolare e servire. Amalia, respinta e umiliata, si rifugia nell’annusare etere e ne morirà.
Angelina infine fugge con un cassiere di banca. Per comprenderla, non si può ignorare che proviene da una famiglia degradata: suo padre è pazzo, i fratelli non lavorano, la sorellina è malata, la madre fa da mezzana alla figlia. Peggio di così… C’è un accumulo di destino avverso e nessuna educazione. La donna fatale ha ricevuto in dono una bellezza sfolgorante, chissà se basta come ricompensa… Quel che è certo, è che Angiolina la usa come crede e sa. Il suo bellimbusto che l’ama tanto, o crede di amarla, le insegna questo, l’uso del corpo, e cosa potrebbe pretendere in cambio? La fedeltà? Non ha l’ardire di accoglierla e di proteggerla, costi quel che costi. Il primo a monetizzare i sentimenti è lui, Emilio.
Spento e annientato, egli vivrà di sogni e ricordi, in uno stato psichico definito "senilità", paradigma della rinuncia alla vita, indipendentemente dallo stato anagrafico.
La senilità e le passioni
Raccontata in velocità in modo necessariamente scarno, la vicenda amorosa può sembrare un fumetto. Ma ogni capolavoro ridotto all’osso non è diverso da ciò. Ciò che ne fa un capolavoro è quella che io chiamo "vibrazione". E davvero queste pagine infuocate vibrano, crepitano come l’occhio della bellissima, non ci lasciano neppure un momento. Poi i fuochi si acquietano nelle pause, per riuscire a ripensare, come fa un eremita, o uno scrittore. Essere esplosivo ed essere cenere è la virtù di Svevo, la sua grazia, la sua maestria, esercitata con estrema naturalezza stilistica.
La donna è angelo o diavolo, salvezza, oblazione, accadimento, oppure perdizione? Nel ricordo Emilio unisce le due figure amate, sorella e amante, in una sola, sfrondando i difetti di entrambe e depurando il dolore patito. Quanto non è accaduto, quanto egli non è riuscito a costruire diventa sogno compensatore, come sosteneva Freud. Deve essere così? È necessariamente così? Grandi domande...
Nel romanzo si incontrano due intensi momenti meditativi e lirici: uno accade durante il carnevale in Acquedotto (la via di Trieste oggi chiamata viale XX Settembre), festa di stordimento, dopo la quale ognuno torna ai doveri e divieti abituali in modo anche più grave. Qui echeggiano riferimenti leopardiani da Sabato del villaggio, una malinconia quasi inconsolabile. L’altro momento si svolge al teatro Comunale, durante la rappresentazione della Valchiria di Wagner. Emilio e Amalia, vicini e nel contempo distanti, assimilano la musica ciascuno per sé, dominati dai loro affanni. Amalia sente che:
"La magnifica onda sonora rappresentava il destino di tutti. […] Anche, per quanto misero, il suo, la fine di una parte di vita, l’inaridirsi di un virgulto.”
Emilio si domanda se la musica possa curare i suoi dolori. Sì lo può, conclude, ma soltanto per poco tempo, come parentesi.
E noi cosa possiamo dire delle nostre passioni? Quanta "senilità" abituale portiamo racchiusa e non svelata? Siamo fiori eternamente sfioriti o boccioli che in ogni istante rifioriscono? Siamo o non siamo “eventi pasquali”?
Tra i grandi suicidi, tra altri, ricordo Hemingway, superstite a Cuba in una società in cui non si riconosceva più; Majakovskij (se fu suicidio…); Pavese e il giovanissimo filosofo e poeta Michelstaedter, sparatosi come affermazione della sua “persuasione” vitalistica ma impossibile a realizzarsi, contro la “rettorica” aristotelica, la menzogna sociale imperante. Svevo li anticipa ed è solidale con loro, ma nel sogno costruisce un’altra vita, possibile al poeta. È lo stesso sogno di Dante, in cui la luce è lei, la donna: da una parte Angiolina peccatrice e amorale, ma pure nutriente e rigenerante, sebbene imprendibile; Beatrice divina grazia perenne dall’altra e, ricordiamolo una volta tanto, non consorte del Sommo. Per quest’ultima Dante non scrisse mai neppure una riga.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Senilità: trama e commento del romanzo di Italo Svevo
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