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Recensioni di libri

Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan

Minimum fax, 2011 – Premio Pulitzer 2011, questo libro di Jennifer Egan che si caratterizza per la sua struttura e il metodo di scrittura, ci porta a riflettere su come il tempo può svuotare di significato la propria vita e i propri valori se lo si lascia fare

Stefano Colella
Stefano Colella Pubblicato il 06-04-2012

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Il tempo è un bastardo

Il tempo è un bastardo

  • Autore: Jennifer Egan
  • Genere: Raccolte di racconti
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: minimum fax
  • Anno di pubblicazione: 2011

Vincitore nel 2011 del “Premio Pulitzer” per la letteratura e del “National Book Critics Circle Award”, Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan si presenta come una raccolta di racconti strutturati in modo tale che i personaggi di ognuno sono in qualche modo collegati con i personaggi di quelli precedenti o seguenti e che in qualche modo ruotano intorno ai due che ricorrono più frequentemente, Bennie Salazar, discografico di successo, e Sasha, sua collaboratrice e dal passato un po’ turbolento. Ma sarebbe semplicistico parlare di una raccolta di racconti. Si tratta infatti più di una narrazione a episodi dove in ognuno di questi, un personaggio o una vicenda in particolare, viene caratterizzato e analizzato all’interno di una comune saga.

Jennifer Egan racconta l’incessante trascorrere del tempo, portandolo indietro e avanti per poi riavvolgerlo a piacimento in un arco temporale di qualche decennio in cui una generazione vede perdere i propri punti di riferimento passando dal tempo del rock e della scoperta musicale (come poteva essere la misteriosa Africa, scena di uno dei racconti) a quello degli sms col conseguente svuotamento del linguaggio e forse della personalità (come può essere il deserto, scena di un altro racconto). Un romanzo quindi che mette in risalto le problematiche di una generazione che fra le altre cose sembra aver perso i riferimenti e gli ideali e che cerca qualcuno che possa incarnare un’aspirazione che il tempo ha in qualche modo dissolto, scoprendo la bellezza delle cose solo quando si stanno per perdere.

La narrazione, fluida, passa, attraverso i vari racconti, dalla prima persona alla terza, dalla descrizione “partecipata” a quella “distaccata”, andando a usare nuove forme moderne di comunicazione come può essere quella a slide tipica della presentazione power point.

Il tempo è un bastardo merita indubbiamente di essere letto e solleticherà la curiosità dei lettori.

Il tempo è un bastardo

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il tempo è un bastardo

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Commenti: 1

  • Luisa E.
    6 aprile 2012, 12:00

    Premio Pulitzer 2011. “Il tempo è un bastardo” è un romanzo che definirei “corale”: questo libro è una raccolta di racconti, intimamente legati tra loro da un filo rosso: un filo che definirei formale (ossia il fatto che ogni personaggio di nicchia del racconto precedente, diventa poi protagonista del successivo) e un filo sostanziale (ossia, il fatto che noi conosciamo di ciascuno di loro UN EPISODIO singolo, capace però di cambiare inesorabilmente la loro vita). L’autrice ci porta, racconto per racconto, in generazioni e decadi storiche diverse (che vanno circa dagli anni ’80 a un ipotetico futuro), usando stili di scrittura diversi e tecniche narrative diverse: si arriva ad esempio ad avere un racconto interamente narrato tramite slides grafiche, totalmente comprensibile. Ne risulta un’opera completa e non banale: una raccolta di racconti che raccolta non è. Tempus fugit è il tema ricorrente, spunto di riflessione per il lettore. La musica e il panorama della produzione musicale fa da sfondo, rendendo l’atmosfera ancora più graffiante. I personaggi sono i più svariati, rappresentano ciascuno una tipologia umana, una debolezza del nostro tempo, se così vogliamo definirle: si passa dalla segretaria di un produttore musicale con questioni irrisolte del passato, al produttore musicale stesso che invece conduce una vita apparentemente luccicante e splendida, conservando nel fondo un’amarezza per rapporti umani ormai quasi ridotti all’osso. E’ come se in questo libro emergesse dal coro di volta in volta un solista che ci racconta la sua storia, per poi ritornare nel coro e passare il microfono al solista successivo. Scopriamo però che il cerchio tende a chiudersi, tende a tornare a un punto di partenza, arrivando a un finale che definirei catartico per i personaggi, per le loro storie e per l’umanità stessa che viene narrata in questo libro, un finale non scontato e, direi, geniale. Il tempo è un bastardo perchè a volte basta un solo attimo, un secondo, una scelta sbagliata, perchè la nostra vita cambi il corso degli eventi. Sono tanti i messaggi che questo libro vuole lasciare: gli episodi che ci cambiano la vita o hanno segnato un punto di svolta; la speranza di riscatto dei personaggi che nonostante gli eventi vogliono pensare di avere ancora del tempo per poter cambiare le cose; le situazioni non risolte della vita che fanno pensare al passato, le esperienze per le quali si prova rimorso sono occasione volendo per pensare anche alle possibilità ulteriori perse o per le quali esiste un rimedio; i compromessi che occorre a volte raggiungere per ottenere “successo”. La vita poi corre frenetica fino al punto in cui ci troviamo, con le rughe che segnano ormai i nostri occhi stanchi, a guardarci indietro e a chiederci se veramente tutto ciò che abbiamo fatto era l’unica scelta, giusta, possibile. Sì, il tempo è un bastardo, ma possiamo fargli lo sgambetto.

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