Il libro dei Baltimore
- Autore: Joël Dicker
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2016
Non nascondo che ho atteso con trepidazione, quasi ansia, la traduzione delle nuove avventure di Marcus Goldam, protagonista de “La verità sul caso Harry Quebert”, da circa un anno, quando avevo appreso che il nuovo libro di Joël Dicker sarebbe uscito all’estero. Ho scoperto un po’ per caso - dalla pagina facebook dell’autore - dell’uscita in Italia de “Il libro dei Baltimore” e – serve dirlo? – sono corsa in libreria ad acquistarlo.
Otto anni dopo una misteriosa tragedia, Marcus decide di raccontare la storia della propria infanzia e della propria famiglia. In origine, infatti, c’erano due famiglie Goldam: quella di Baltimore e quella di Monteclair, di cui fa parte Marcus. Cosa si nasconde dietro la Tragedia? Cosa è accaduto ai Goldam di Baltimore? Qual è il loro segreto?
L’inizio del libro è un po’ lento e faticoso, le descrizioni della famiglia di Baltimore e dell’infanzia del protagonista un po’ pesanti, come i continui salti temporali dal passato al presente – almeno finché non si entra nel meccanismo. Anche i dialoghi, così come i personaggi, appaiono sotto tono e al limite dell’accettabile. Purtroppo il libro manca di quello stile, quell’entusiasmo, quella trama e, in qualche modo, anche di quella poeticità che mi aveva fatto innamorare e rimanere attaccata alle pagine de “La verità sul caso Harry Quebert”.
Sono sicura che Joël Dicker sia un autore che abbia ancora molto da dire e che questo romanzo possa rappresentare un piccolo scivolone dovuto dalla pressione del successo internazionale del precedente libro. Aspetto fiduciosa una nuova storia.
Il libro dei Baltimore
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A otto anni dall’uscita di "La verità sul caso Harry Quebert", ho più volte sentito dire o letto in vari articoli che l’autore, Joel Dicker, era un bluff. Non è assolutamente vero, anche autori come Ken Follet, uno dei miei preferiti, non ha mai eguagliato il suo "I pilastri della terra", ma non per questo si è mai potuto dubitare del suo talento.
“La fama è solo un abito,....... Un abito che finisce sempre per essere troppo stretto o troppo vecchio. Oppure che ti viene rubato da qualcun altro. A contare davvero è cosa sei quando sei nudo.”
Dicker ha la mano "fatata", scrive in una maniera che ti cattura, non riesci a smettere di andare avanti, che si tratti di un giallo o di una saga familiare come in "Il libro dei Baltimore".
Il protagonista è Marcus Goldman, già conosciuto e apprezzato nel romanzo che ha dato il successo all’autore, ("La verità sul caso Harry Quebert"), e che qui semplicemente racconta della sua famiglia, dei Goldman di Montclair, più modesti e borghesi di cui lui fa parte, e dei Goldman di Baltimore, ricchi, belli, realizzati, ma anche empatici, generosi, affettuosi, che Marcus invidia e venera.
Ne nasce una bella storia, intensa, con i caratteristici incastri tra presente e passato, per conoscere a fondo i membri di questa dinastia, farceli amici, affezionarsi a loro, e seguirne fortune e destini.
Pur non eguagliando il suo romanzo di punta, qui Dicker ci fa ancora sognare, e personalmente, mi da conferma ulteriore, se mai fosse stata necessaria, del suo innegabile talento!
“La mia unica risposta alla vita era il mio libro.
Grazie ai libri,
Tutto era cancellato.
Tutto era dimenticato.
Tutto era perdonato.
Tutto era riparato.”
Ho letteralmente divorato questo libro, leggendone 2/3 in una sola giornata.
Ad un certo punto della narrazione diventa fisicamente impossibile staccarsi dalle pagine, lasciare Marcus e il suo racconto, allontanarsi da Hillel e Woody, ti senti un Goldman e sei anche tu nella Gang fino alla fine.
La Tragedia aleggia fin dalle prime pagine, ogni tanto viene aggiunto un particolare, ma viene mantenuto tutto fumoso e non esplicito per quasi tutto il libro, permettendo al lettore di entrare sempre di più nella storia senza avere quasi il tempo di farsi troppe domande, divorato dall’esigenza di sapere cosa è successo, di come queste vite perfette saino state distrutte.
Avevo già apprezzato Dicker in "La verità sul caso Harry Quebert" ma posso affermare senza ombra di dubbio che questo libro per me sia nettamente superiore al precedente.
Nonostante la mole considerevole, non ha momenti morti, parti superflue, non risulta mai lento e poco avvincente. Fin dalle prime pagine vengono introdotti quasi tutti i personaggi principali e approfonditi gradualmente, come se, piano piano, il lettore imparasse a conoscerne la complessità dei caratteri, delle vite e dei tormenti interiori.
A mio parere non c’è un vero protagonista, anche se Marcus, voce narrante del romanzo, è sicuramente in una posizione diversa dagli altri.
E’ una storia corale, non esiste nessuno di loro senza gli altri, sono parte di un tutto che prende forma soltanto grazie all’unione dei vari frammenti sparsi.
E’ una storia che parla di famiglia, di amore e di amicizia nel senso più profondo del termine, di gelosia e invidia, di crisi e di vendetta.
In più di 500 pagine è raccontata la vita in ogni sua sfaccettatura, sono descritti i rapporti umani, la natura dell’essere umano anche nel suo lato più torbido e nascosto. Al di là delle vicende, uno dei punti chiave di questa opera per me è la descrizione del dualismo che è alla base di tutti noi; non c’è un buono e un cattivo, non c’è bianco o nero, ma ogni singolo personaggio incarna le due facce della medaglia. Alla fine quello che resta è una grande verità: spesso non apprezziamo quello che abbiamo, cerchiamo altrove quello che crediamo di non possedere, idealizziamo persone e situazioni che in realtà non sono come sembrano. Ma a volte basta guardare da una diversa angolazione per rendersi conto di cosa si nasconde dietro certe patine dorate, di cosa determina realmente certe decisioni e certe azioni umane.