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Recensioni di libri

I ragazzi Burgess di Elizabeth Strout

Fazi, 2013 - Elizabeth Strout, una delle autrici più profonde sulla scena letteraria statunitense, ci conferma con uno stile originale e carico di emotività che la famiglia, “la parte più antica e profonda” di ciascuno di noi, è sempre la famiglia.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 18-07-2013

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I ragazzi Burgess

I ragazzi Burgess

  • Autore: Elizabeth Strout
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Fazi
  • Anno di pubblicazione: 2013

“... Jim si sforzava di controllare la sua rabbia, Bob aveva il cuore grande e Susan da piccola era carina, tutta riccioli, con gli occhi grandi”.

Sono i fratelli Burgess, i fallibili protagonisti dell’ultimo capolavoro letterario della grande scrittrice statunitense, Premio Pulitzer 2009 con la raccolta di racconti Olive Kitteridge. Sotto il cielo cupo del Maine, quello stesso che ha visto nascere nel 1956 a Portland (“i miei antenati si stabilirono qui nel 1603”) questa raffinata e sensibile autrice, si svolge la complessa storia di una famiglia che ha subito un danno e di questo vulnus i fratelli ne portano le conseguenze.

“Io e mia madre parlavamo molto spesso della famiglia Burgess. I ragazzi Burgess li chiamava lei”.

Nella cittadina di Shirley Falls nello “Stato più bianco del Paese” il goffo figlio di Susan, Zachary Olson, piccolo idiota diciannovenne emotivamente fragile, aveva commesso “un crimine d’odio” nei confronti della comunità somala.

“Nostro nipote Zach, ha lanciato una testa di maiale surgelata oltre la porta d’ingresso di una moschea. Durante la preghiera. Durante il Ramadan”.

Questo stupido scherzo, commesso senza un motivo apparente, sarebbe stata l’occasione che avrebbe fatto riunire i fratelli Burgess, James, avvocato di successo perché “devi darti degli obiettivi. È così che si fa. Appartieni alla società e devi dare qualcosa alla società”, e i gemelli: l’avvocato liberal grande e grosso Robert e la malinconica e depressa Susan. “Siamo proprio una famiglia incasinata, vero Jimmy?”.

Se è vero come rileva Tolstoj in Anna Karenina che “tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, i Burgess, i cui antenati inglesi erano arrivati nel Maine dieci generazioni prima, non avevano mai dimenticato quello che era avvenuto durante la loro infanzia. Quando aveva solo quattro anni Bob giocando con la leva del cambio aveva fatto piombare la macchina addosso al padre uccidendolo all’istante. Di quel fatale giorno Bob ricordava solo il sole sul cofano dell’auto, il padre coperto da un lenzuolo e la voce “infantile e accusatoria di Susan: “È tutta colpa tua, cretino”.

Con I ragazzi Burgess (Fazi, 2013 - titolo originale del volume: The Burgess Boys) Elizabeth Strout, una delle autrici più profonde sulla scena letteraria statunitense, ci conferma con uno stile originale e carico di emotività che la famiglia, “la parte più antica e profonda” di ciascuno di noi, è sempre la famiglia.

“Non c’è niente al mondo come un fratello”.

Niente dura per sempre, non c’è niente su cui poter contare ma “qualunque cosa accada, Bob Burgess, non sarai mai solo”. Una scrittrice schiva e riservata (“provengo da un mondo puritano”) descrive con precisione chirurgica tutti quei meccanismi delicati e oscuri che sono alla base dei legami familiari sapendoli associare con la bellezza del panorama del New Hampshire, chiamato lo Stato di granito (The Granite State) che accoglie i visitatori con la targa “Vivi in libertà o muori”.

“Racconto la storia di uomini e donne costretti ad affrontare un dolore rimosso, dal quale si sono illusi di poter sfuggire”

ha dichiarato la Strout in una recente intervista. Ha perfettamente ragione l’autrice dallo stile intimo e puro come il cristallo quando fa dire a un suo personaggio che “nessuno conosce mai veramente qualcuno”.

Da quella casa gialla che sorgeva in cima a una collina a un paio di chilometri dal centro della cittadina, Jim e Bob, se ne erano andati via, decidendo di andare a vivere a New York dove potevi essere o un barbone o un divorziato, tanto non importava a nessuno. Susan, al contrario, era rimasta nel gelido Maine, abitando in una stretta casa su tre livelli nella quale al tramonto il sole sprigionava una distesa color lavanda e giallo, e la linea dell’orizzonte sembrava spalancarsi per dare una sbirciatina ai cieli lontani. Forse nessuno come questa elegante autrice sa descrivere attraverso la narrazione delle storie minimal dei suoi elementi la società americana contemporanea, la sua forza e al contempo la sua fragilità. “Credo che scriverò la storia dei ragazzi Burgess”.

I ragazzi Burgess

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I ragazzi Burgess

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