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Recensioni di libri

Ho rubato la pioggia di Elisa Ruotolo

2010 - E’ una giovane donna della provincia campana, questa scrittrice-rivelazione che ci consegna un primo libro composto di tre lunghi racconti: un libro interessante, linguisticamente complesso, ben costruito e articolato dal punto di vista narrativo. Storie di uomini e di donne, storie di fughe, abbandoni, lacerazioni, sconfitte, perdite...

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 05-07-2010

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Ho rubato la pioggia

Ho rubato la pioggia

  • Autore: Elisa Ruotolo
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2010

E’ una giovane donna della provincia campana, questa scrittrice-rivelazione che ci consegna un primo libro composto di tre lunghi racconti: un libro interessante, linguisticamente complesso, ben costruito e articolato dal punto di vista narrativo. Un sud miserabile, arcaico, rozzo quello che in alcune parti della narrazione ci presenta l’autrice: personaggi marginali, perdenti, visti nelle loro fragilità fisiche, nelle debolezze psicologiche, nelle rughe di una vecchiaia spesso troppo precoce. Storie di uomini e di donne, storie di fughe, abbandoni, lacerazioni, sconfitte, perdite. Non è mai allegro nè consolatorio il paesaggio umano che la Ruotolo ci racconta; in"Io sono molto leggenda" il protagonista è un ragazzino che si illude ed illude suo padre di essere un promettente giocatore di calcio. Sacrifici economici vengono subiti per il successo del giovane, che in realtà è solo un bluff: di fronte alla realtà di vere squadre, regole di gioco severe, affari ecoomici di cui non è parte, il giovane sognatore si autoesclude dalla scuola di calcio che deve renderlo campione e in una notte buia compie la sua autodistruzione fisica, che lo allontanerà per sempre da un sogno irrealistico: sconfitta sua, e soprattutto del padre che sognava il riscatto sociale attraverso le gambe del figlio. Molto ben costruita la figura di Maria, erede della nonna Candida con la quale girava per i vicoli di Forcella comprando piccoli oggetti d’oro che rivendeva clandestinamente in paese. Anche Maria fa lo stesso scomodo mestiere, ora che è sola, dopo l’abbandono del marito e la scomparsa misteriosa di un figlio di appena nove anni. Assistiamo nel racconto al ritorno di questo figlio dieci anni dopo: ma sarà proprio lui, o anche questo è un brutto sogno?

E infine il terzo racconto, "Guardami", mette in scena un narratore che tiene le fila di una vicenda davvero triste: sua madre ha abbandonato lui e il padre, al posto di lei compaiono due figure, prima Cesare, amico sordomuto di suo padre, e poi Silvia, una strana ragazza emarginata dalla sua stessa famiglia che trova asilo prima come domestica saltuaria nella casa dell’io narrante dove poi ricoprirà un ruolo più centrale. Il racconto si sviluppa attraverso le vicende psicologiche dei personaggi che sono tuttavia rozzi e primitivi nei loro sentimenti, o almeno così ce li presenta la scrittrice, quasi a voler infierire su un sud che non accetta riscatto sociale, rimanendo ancorato ad una cultura quasi primordiale del pregiudizio, della diffidenza, del rancore. La Ruotolo sembra volerci dire che quel sud esiste ancora, che la miseria non è solo materiale, che l’allontanamento da quella povertà di orizzonti e di prospettive è una chimera.

Un libro amaro, raccontato con una lingua impastata di modi di dire, di stilemi del linguaggio parlato, di forme che rimandano ad un mondo che sembra scomparso ma che invece sopravvive alla modernità.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ho rubato la pioggia

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