Alveare
- Autore: Elisa Ruotolo
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2023
Elisa Ruotolo scrive raccolte di poesie da tempo ormai, ma anche novelle e libri. Scrittrice di grande eleganza formale, amata da molti lettori che vorrebbero istituire persino un circolo letterario a suo nome.
In questa silloge Elisa Ruotolo, a scanso di equivoci, fa capire subito che L’Alveare (Crocetti editore, 2023) è quello delle api, perché “alveare” è anche il nido delle vespe, qui assolutamente non necessarie.
E poi le api producono il miele, la pappa reale e molto altro. Inoltre i collegamenti semantici tra i due alveari sono assai diversi, le vespe non producono miele, al massimo ti pungono (sperando tu non sia allergico).
Mentre per l’alveare delle api e quello umano, l’inverno è un periodo dove non cresce niente, dove puoi solo aspettare, anche solo per morire di depressione:
...Ogni promessa è rimandata e persino il cielo, / sempre fermo / persino lui ci lascia e va lontano, quasi crudele / va a cercare altrove, in altri deserti / la sua dolcezza. / È inverno e lui sa farci piccole davvero / mentre la resurrezione è remota / irreale / quanto la primavera.
Non so se l’autrice dei versi si riferisca alle “piccole persone”, le api o anche agli esseri umani, come fece tanti anni prima Anna Maria Ortese, in difesa degli animali tutti, esclusa la specie umana. E non solo.
Questa poesia appena citata ha come titolo Inverno; mi sembra adatta per uomini e donne, proprio perché li lascia inermi al freddo con l’irrealtà di una resurrezione, meno adatti a capire i cicli del clima rispetto agli animali, perché ormai hanno perso il senso del tempo stagionale per vivere in una “primavera tecnologica”.
Quindi c’è una privilegiata condizione che tocca solo alcune parti della Terra , dove la parola “inverno” ha perso il suo senso più profondo. Nondimeno milioni e milioni di persone sono a conoscenza del privilegio di altri milioni di abitanti.
Sempre restando dentro una metafora forzata, che potrebbe non essere l’intento della Ruotolo, ma non si capirebbe perché poetare su un alveare di api, anche se una silloge può essere del tutto arbitraria, perché ciò è consentito alle poesie stesse e alle parole.
C’è poi il lungo componimento dal titolo L’apicoltore di cui citiamo di seguito alcune strofe:
...Mi avvicino senza essere visto / con la cautela di chi ha paura./ Di me hanno un’idea incerta / sono per loro una specie di infinito / che minaccia / - un estraneo
/ l’orma di un ordine primario / la possibilità di non discendere dal niente / e non doverci tornare / alla fine. / Amarli? Di loro ho bisogno / o non sarei /- come non esiste fondo / senza mare / né figlio senza madre / o grano senza un seme / divorato dalla terra. / Il pastore può forse amare / la moltitudine che si dà ciecamente /al suo governo? / Non è forse dominato dal ritmo / del branco / dal belato che comanda / di restare sulla pietra a sorvegliare, / a contare il patrimonio in zecche e lana / a vegliare quell’odore di stalla. / Il pastore non ama / ma calcola, pretende / teme la disgrazia della perdita / e nel suo buio invidia / chi ha giorni fatti di stanze / e di casa...
Qui addirittura si parla di un apicoltore e di un pastore e soprattutto del secondo, che fa un lavoro faticoso, la cui origine si perde nella notte dei tempi. Il suo compito è quello di mantenere il pascolo unito, pena la carestia e la fame. Vivendo la propria vita scomoda e difficile il pastore ha scoperto che la parte preponderante degli uomini vive in case pulite, ha una vita facile.
Oppure potrebbe esserci un’invidia sociale, al contrario, di chi vive con agio una vita fatta di nulla, dove il Senso risiede nella paura di perdere le facilitazioni di una ricchezza avuta per caso o per meriti professionali.
Ma è talmente stanco di mangiare e dormire bene, che ha dimenticato come potrebbe essere dormire sull’erba contemplando il cielo stellato.
Sono solo illazioni, purtroppo. Noi al massimo godiamo degli scritti di Elisa Ruotolo che sono maestosi e umili, splendidi, ma a volte opachi.
Alveare
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