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Recensioni di libri

A una donna tradita di Paolo Crepet

Einaudi Stile Libero, 2008 - Una volta ancora i fantasmi di casa erano rimasti appesi e immobili come pipistrelli in attesa di nuovo sangue. Non c’era bisogno di parole, bastava la presenza della madre a far salire in gola l’angoscia.

Melissa Gaudenzi Pubblicato il 07-02-2018

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A una donna tradita

A una donna tradita

  • Autore: Paolo Crepet
  • Genere: Psicologia
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Einaudi
  • Anno di pubblicazione: 2008

Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, è autore di "A una donna tradita" edito da Einaudi.

La donna che nel testo si racconta è una donna senza nome, potrebbe essere chiunque. Lei è una qualunque in grado di mimetizzarsi e confondersi tra la gente. La donna senza nome non ha conosciuto l’affetto incondizionato dei suoi genitori né ha ricevuto la loro protezione.
Pittore dai rigidi modi, il padre della donna senza nome viene così descritto:

“Per tutta l’età della crescita l’ho amato senza giudicarlo, cercato soprattutto nella mia fantasia. Tanto era disperato il mio bisogno di lui che riuscivo a giustificare ogni sua assenza, ogni sua indifferenza. Gli avevo eretto un monumento mentale irraggiungibile e granitico come un obelisco, un’idea così grande e perfetta da essere incomunicabile a chiunque, persino alle mie amiche. Per anni, primo e unico segreto di cui andavo fiera; poi, spina nello scarno inventario del mio tempo giovane”.

La madre della donna incontra quello che diventerà suo marito in estate: lei barista presso un chiosco di mare, lui frequentatore assiduo e silenzioso dello stesso, definito già da allora “l’artista” dagli amici. Nonostante lo svago estivo della ragazza, i suoi fantasmi interiori sono ancora lì dove lei li aveva lasciati:

“La fuga non era servita, non avrebbe potuto. Potevano bastare poche settimane a qualche chilometro dalle lapidi domestiche per scrollare quel dolore?
Il ritorno era stato come l’andata, anzi peggio. Una volta ancora i fantasmi di casa erano rimasti appesi e immobili come pipistrelli in attesa di nuovo sangue. Non c’era bisogno di parole, bastava la presenza della madre a far salire in gola l’angoscia”.

E proprio dopo l’ennesima giornata trascorsa chiusa nella sua stanza, eccola fuggire in città alla ricerca del suo artista che aveva scoperto vivere lì vicino e, desiderosa di allontanarsi dai suoi genitori e dalla sua casa, il matrimonio con lui non può che rivelarsi deludente. Presto rimane incinta e da lei nascono prima un maschio e poi una femmina, la nostra narratrice. Cresciuta ricevendo dalla madre un costante controllo, la sua non poteva che essere un’esistenza segnata dal dolore: tante le rinunce e poche le amicizie nella sua infanzia. Si è autoeducata a non avere bisogni, autoeducata a mettersi da parte, nascondersi.
Una volta cresciuta, il lavoro le permette di vivere da sola, di illudersi di allontanarsi da tutto il dolore subìto e di dedicarsi finalmente alla propria gravidanza ma nemmeno sotto questo aspetto viene lasciata libera dalle avversità. Un’insufficienza renale e respiratoria costringono la sua bambina ad un rapido ricovero: a questo punto la nostra protagonista scopre quanto i difetti dei suoi genitori siano in realtà così vicini, e quanto essa stessa sia stata contagiata pur non volendolo.

“Mentre la sua vita fuggiva in avanti, forte, per me le cose scivolavano verso il passato che riemergeva come alghe da un mare frustato dal fortunale. La sua malattia: simbolo della mia fragilità e incompetenza a essere madre capace di accudire e rassicurare”.

Ecco, allora, che anche lei inizia ad assumere un comportamento protettivo nei confronti della bambina, sebbene sia consapevole di quanto questo sia sbagliato. La figlia, però, si rivela ansiosa di prendere il largo, rinnegando la sua stessa madre allontanandosi dalla prigione della loro casa.

“Esco e cammino per il quartiere con il mio povero coraggio, sentendomi debole come un tetto malconcio pronto a crollare senza aspettare la neve”.

Quante fratture nel cuore di questa donna senza nome?

“A una donna tradita” di Paolo Crepet sembra essere il perpetuarsi di un dolore da una generazione all’altra, una presa di consapevolezza di una donna tradita dalla famiglia e dal dolore, un invito a smettere di confondersi, ad iniziare a vivere veramente. Nessun nome compare nel testo, come a voler sottolineare quanto questa possa essere la storia di chiunque.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A una donna tradita

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