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Storia della letteratura

“Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno”: l’amore raccontato da Dino Buzzati

In occasione dei cinquant'anni dalla morte di Dino Buzzati ricordiamo una delle pagine più belle del grande scrittore e giornalista italiano. Dell'autore è molto conosciuta la citazione “Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno”, incipit del racconto "Gli inviti superflui", uno dei "Sessanta racconti" che valsero a Buzzati il premio Strega nel 1958.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 28-01-2022
“Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno”: l'amore raccontato da Dino Buzzati

Il 28 gennaio 1972, cinquant’anni fa, si spegneva a Milano lo scrittore e giornalista Dino Buzzati. La sua prosa è considerata dalla critica il vertice della narrativa esistenzialista del Novecento italiano.

Oltre ai capolavori Il deserto dei Tartari (1940) e Un amore (1963), Buzzati scrisse anche un ampio numero di racconti dalle atmosfere surrealistiche e fantastiche che si proponevano di indagare gli aspetti più imperscrutabili dell’esistenza umana.

Una delle citazioni più spesso ricordate di Dino Buzzati è proprio la seguente:

Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.

tratta dal poetico racconto breve Gli inviti superflui, contenuto nella raccolta che valse a Buzzati il premio Strega.

I racconti di Dino Buzzati

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Fu proprio grazie alla raccolta Sessanta racconti pubblicata da Mondadori che Buzzati vinse il premio Strega, uno dei maggiori riconoscimenti letterari nazionali, nel 1958. I celebri Sessanta racconti furono considerati la summa poetica dell’opera letteraria di Dino Buzzati; ma c’è chi disse che quella raccolta fu uno stratagemma editoriale, pianificato a tavolino, per far ottenere allo scrittore l’ambito riconoscimento. Il libro infatti conteneva un’attenta selezione dei migliori racconti dell’autore, cui si aggiunsero alcuni testi inediti.

Nei suoi racconti Buzzati analizza spesso il concetto imperscrutabile di destino, permettendo così al lettore interrogarsi sulle debolezze dell’uomo contemporaneo, le sue incoerenze, la solitudine che si annida nel suo quotidiano. L’autore tramite la scrittura scoperchia sempre la realtà mettendola a nudo fino a che non è rivelato il fondo dell’ipocrisia umana. I Sessanta racconti indagano in particolare le dimensioni misteriose del reale quali i sogni, la morte, la religione e, non da ultimo, l’amore.

Recensione del libro

Sessanta racconti
di Dino Buzzati

Uno dei racconti più noti della raccolta è proprio Gli inviti superflui, un poetico soliloquio in cui l’autore si rivolge alla donna amata con un tono struggente, nostalgico, nel tentativo di richiamare un amore ormai lontano, perduto.
Scopriamo più approfonditamente di cosa tratta il più celebre racconto di Dino Buzzati.

L’incipit del racconto “Gli inviti superflui” di Dino Buzzati

Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.

Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?" ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.

Analisi del racconto “Gli inviti superflui” di Dino Buzzati

Il racconto di Buzzati, di cui abbiamo riportato l’incipit, è narrato con un stile onirico, surreale, che sembra avere la consistenza impalpabile di un sogno. Il protagonista sembra resuscitare il fantasma della donna amata e rivivere con lei i primi incontri, le tenere follie dell’amore, sino alla sua fine che viene data dal volgere inesorabile delle stagioni e dal trascorrere del tempo.

Il ritmo del racconto è scandito dalla ripresa ciclica dell’interrogativo "Ti ricordi?" che tuttavia non attende alcuna risposta. È una domanda che il protagonista rivolge all’amata, ma di fatto sembra fare a se stesso nel tentativo di continuare il suo malinconico monologo ripescando dalla memoria i momenti passati.

Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene.

L’amore narrato da Buzzati ne Gli inviti superflui passa attraverso le stagioni. In inverno i cuori si scaldano battendo l’uno vicino all’altro nel tepore di una stanza; con l’avanzare della primavera i due amanti parlano di cose "stupide e care" e delle speranze care agli innamorati. Segue l’estate, la stagione della spensieratezza, in cui i due passeggiano nei prati e si distendono sull’erba a contemplare l’infinità del cielo.
Arriva infine l’autunno e i due amanti passeggiano per mano tra le strade cittadine affollate di gente. Gli altri guardano con invidia il loro amore, ma i due rispondono agli sguardi con il sorriso tenero suscitato dal sentimento condiviso.

Buzzati intreccia al lungo flashback composto dai ricordi del passato un narrazione ipotetica, coniugata al condizionale. Il tentativo è quello di creare un’altra realtà, una seconda vita in cui l’amore perduto è ancora possibile e i corpi, ora anziani e invecchiati, abbiano perduto il peso degli anni.

Tu diresti “Che bello!”. Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno.

L’inizio e la fine di un amore nel racconto di Buzzati

Nella conclusione si ha la certezza che l’amore tra i due è finito e che forse la donna non ha più alcuna memoria del narratore che con tanto struggimento ancora la ricorda. Dino Buzzati ci narra l’inizio e la fine di un amore in una sola pagina che fonde prosa e poesia, tempo presente e tempo passato, rendendo palpabile l’eternità del sentimento.

Nelle ultime righe appare chiaro che il protagonista-narratore non ha affatto dimenticato la donna amata. C’è quasi una richiesta di scuse:

"Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico"

il tentativo vano di ricominciare,

"E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità",

tuttavia i verbi coniugati al condizionale si scontrano contro la dura realtà del presente che fa sbiadire il sogno, spezza l’illusione vagheggiata dalla mente.

Nel finale il narratore è costretto ad ammettere che ormai la donna da lui amata è lontana, troppo lontana, irraggiungibile. Si rivolge un’ultima volta, con una malinconia struggente, a quel "Tu" che è fatto della sostanza stessa dei ricordi. Appare ineffabile, ormai, la lontananza tra i due amanti separati dall’abisso siderale del tempo e dello spazio.

Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome.

Nell’ultima frase che afferma

"Eppure non so pensare che a te"

si avverte una forma di resistenza della memoria, che mantiene il sentimento ancora vivo, contro ogni logica di senso. Il narratore sembra infine voler giustificare la ragione per cui ha scritto quella storia, rivolgendosi con un’ultima vana dichiarazione d’amore alla donna perduta:

Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.

Si legge la conclusione con la consapevolezza, triste e rassegnata, che ogni fine porta con sé. Le parole di Dino Buzzati ne Gli inviti superflui sembrano essere trasportate da un vento invernale, gelido, che trasuda malinconia. Eppure in una pagina sola, in quelle poche righe, sembra di aver vissuto una vita intera. Se non è questa l’abilità di un grande narratore.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno”: l’amore raccontato da Dino Buzzati

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Commenti: 1

  • Fabio Scarnati
    22 luglio 2022, 17:34

    I miei più sinceri complimenti all’autrice di questa bellissima recensione, ha colto alla perfezione l’essenza di questo stupendo racconto (una delle vette di Buzzati e probabilmente uno dei più bei racconti mai scritti).
    Dino Buzzati è in assoluto il mio scrittore preferito e tra tutte le recensioni di "Inviti Superflui", questa è senza ombra di dubbio la migliore che mi sia capitata di leggere.

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