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Recensioni di libri

La letteratura nazista in America di Roberto Bolaño

Adelphi, 2013 - Un’improbabile galleria di ritratti di poeti mancati, scrittori mai esistiti, letterati che usano la penna con la stessa abilità di un aratro o di una pistola: volti umani, troppo umani, dei totalitarismi sudamericani.

Simone Casavecchia
Simone Casavecchia Pubblicato il 06-10-2016

3

La letteratura nazista in America

La letteratura nazista in America

  • Autore: Roberto Bolaño
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Adelphi
  • Anno di pubblicazione: 2013

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Di fronte a un titolo come “La letteratura nazista in America” ci si aspetterebbe un saggio puntuale e meticoloso su qualche oscura corrente minoritaria di un universo letterario, per certi versi ancora considerato minore. E l’impressione iniziale sembra confermarla anche l’indice stilato da Roberto Bolaño dove trovano posto “letterate e viaggiatrici”, “poeti maledetti” e “poeti del Nordamerica”, “precursori e antilluministi”.

Non appena ci addentriamo in questa compita galleria incontriamo saghe di famiglia popolate da ricche mecenati abbagliate dalla figura di Hitler, da politicanti falangisti e peronisti, da poetesse rapite dal fascino femminile e aduse all’alcol quanto basta per alimentare progetti editoriali dove “i nazisti, i risentiti e i problematici diventano, in massa, «neoguaceschi»”.
Incontriamo giovani legati da relazioni ambigue che lasciano il Sud America per conoscere il vecchio continente, praticando con la stessa convinzione la bohéme parigina e i plotoni delle SS, e ricchi proprietari terrieri che i loro romanzi li scrivono tra gli arnesi agricoli e le scartoffie della loro hacienda.
Bastano i primi ritratti degli esponenti di questa originalissima corrente letteraria per affollare la mente di domande inevitabili, quantomeno per chi ha accettato di stare al gioco: perché, ad esempio, Bolaño ci racconta di Silvio Salvático, “calciatore e futurista”, i cui

“libri non vennero mai stampati. Gli inediti furono probabilmente gettati nell’immondizia o nel fuoco dai custodi dell’ospizio”?

Come può, Ernesto Pérez Masón, esser stato al contempo “romanziere realista, espressionista, cultore del decadentismo e del realismo socialista”? Che dire di Rory Long che vede la luce nel 1952, a Pittsburgh, e nella sua vorticosa esistenza si infatua di sette religiose e predica la purezza della razza fin quando un afroamericano lo fredda con un colpo alla testa? Oltre a sembrare un po’ fuori tempo massimo per esser stato davvero nazista, risulta esser morto nel 2017, una data successiva al presente ma soprattutto al momento in cui il libro è stato pubblicato.
Cosa pensare, infine, quando scorriamo una delle appendici, dove tra i libri di questa speciale letteratura si susseguono, senza soluzione di continuità, opere come Saturnale e Scalogna nera e altre come Terra autem erat inanis e Terra da arare?

Più voltiamo le pagine de “La letteratura nazista in America”, più osserviamo le rocambolesche gesta dei suoi protagonisti, più facciamo fatica a trattenerci. Quando, alla fine, non possiamo fare a meno di regalarci una meritata risata, tutto diventa, almeno apparentemente, più chiaro: siamo di fronte a un divertissment raffinatissimo, un universo visionario dove tutto gli elementi che compongono questo complicato arabesco si congiungono e si intersecano in maniera stringente anche se, in prima battuta, appaiono assurdi.
Dalla genealogia de “La letteratura nazista in America” che Roberto Bolaño svela in una delle sue ultime interviste, sappiamo che questa galleria di ritratti deve molto a Borges – è in effetti la più borgesiana delle sue opere – ma anche a Schwob e agli enciclopedisti, capaci di stilare mirabili biografie.

Un manuale, quindi, che al suo interno, però, cela un altro messaggio: è possibile intravederlo nell’ultimo ritratto, dove il tono diviene meno didascalico e si fa più personale; ci accorgiamo che si stanno tirando le fila perché compare anche lo stesso Bolaño o, almeno, un personaggio che porta il suo stesso nome. È sulle tracce di Ramírez Hoffman, poeta che tornerà, sotto altre spoglie, in “Stella distante”, infame, multiforme, fuggiasco capace di assumere differenti identità; scrittore che “di fatto è sempre stato assente” nel suo progetto letterario

“propugnava con uno stile sincopato e feroce una letteratura scritta da gente estranea alla letteratura (al pari della politica che, come si rallegrava stesse avvenendo in quel momento, doveva farla gente estranea alla politica). La rivoluzione in arrivo nella letteratura, concludeva Defoe, sarà in un certo senso la sua abolizione. Quando la poesia la faranno i non-poeti e la leggeranno i non-lettori”.

Se è vero che l’America Latina è stato il rifugio privilegiato di tanti nazisti e ha visto scomparire tanti dei suoi figli, annullati dagli orrori delle dittature, è altrettanto vero che questa terra non ha potuto vantare un Goebbels da assumere come oggetto di studio sociologico, poeti che si gettavano nell’occupazione di città irredente, “Schwarze Hefte” che avrebbero alimentato prolungate querrelle accademiche.
Nell’America Latina è mancata quella letteratura di cui il libro fornisce un risarcimento a posteriori: indagando storie e passioni di quegli stessi carnefici, Roberto Bolaño li recluta nel suo universo letterario fatto quasi solo di scrittori, in qualche modo li redime anche, trasformandoli in poeti, personaggi patetici che praticano quella che lui stesso considerava “una forma di violenza latente e rispettabile”.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La letteratura nazista in America

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