Il viaggio di Dante non sarebbe stato possibile senza Beatrice.
La vera guida del poeta, la motivazione nascosta che sostiene il protagonista nel percorso travagliato attraverso i vari gironi infernali, è colei che appare solo nei canti finali del poema: Beatrice, la donna angelo. È lei a condurre Dante sino alla soglia dell’Empireo, dove il poeta sarà accolto da un Amore più grande, l’ineffabile amore divino che “move il sole e le altre stelle”.
Chi era Beatrice, la musa di Dante Alighieri
Oggi sappiamo che Beatrice, la musa ispiratrice di Dante, era realmente esistita nella persona di Bice Portinari, figlia del banchiere fiorentino Folco Portinari. La vera Beatrice conobbe Dante probabilmente solo da lontano, gli rivolse il “saluto” simbolo dell’amor cortese (il passaggio dal saluto, “salus” in latino, alla salvezza, Ndr) celebrato dal Dolce Stilnovo, come riporta il Trattatello in laude di Dante scritto da Giovanni Boccaccio. I due si incontrarono per la prima volta all’età di nove anni in occasione di una festa fiorentina organizzata in occasione del Calendimaggio. L’incontro con Beatrice è un evento spartiacque nella vita di Dante: è lei a illuminare la sua visione e ad accendere in lui la vocazione poetica.
Scrive Boccaccio in un passo del Trattatello in laude di Dante:
Dante, ancora che fanciul fosse, con tanta affezione la bella immagine di lei ricevette nel cuore, che da quel giorno innanzi mai, mentre visse, non se ne dipartì.
I due si rividero esattamente nove anni dopo, quando erano entrambi diciottenni. Il secondo incontro fu per Dante fatale: lo trapassò la ferita d’amore. La giovane donna fu però data in sposa a Simone de’ Bardi e morì, presumibilmente di parto, a soli ventiquattro anni.
La scomparsa di Beatrice gettò Dante in uno stato di profondo scoramento. Per superare la crisi il poeta si gettò a capofitto nello studio della filosofia (celebrato nel Convivio, Ndr), ma a salvarlo definitivamente dallo sconforto fu la scrittura. Dopo la morte della donna amata il poeta si dedicò alla stesura della Vita Nova (1294-1295), la sua prima opera giovanile, un prosimetro scritto in volgare che narrava l’incontro salvifico con l’Amore.
Nei quarantasette capitoli dell’opera Dante narra del suo amore per Beatrice, a partire dal primo incontro sino alla tragica dipartita di lei.
I capitoli finali descrivono la donna avvolta dalla gloria eterna.
Il poeta dice di aver avuto una visione di lei che tuttavia non descrive. Con parole sibilline nella conclusione Dante promette di dire un giorno di Beatrice “ciò che mai fu detto di alcuna donna”.
Dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna
Secondo la critica questa frase presagisce l’impresa letteraria della Divina Commedia che avrebbe tenuto impegnato Dante negli anni successivi. Cos’è, dopotutto, la Commedia se non un tentativo di raggiungere Beatrice? Il viaggio di Dante è divenuto allegoria dell’esistenza umana, metafora politica, sociale e religiosa, ma è anche un atto d’amore supremo che tenta di sfidare lo scoglio più insormontabile: la morte.
Beatrice vera guida di Dante
È il pensiero di Beatrice che guida Dante lungo i gironi infernali e lo sostiene dinnanzi allo scempio e alle pene patite dai dannati. La vera guida di Dante è in realtà Beatrice e non Virgilio: la donna viene infatti nominata per la prima volta nel Canto I dell’Inferno quando soccorre Dante in un momento di pericolo.
È proprio Beatrice a fare visita a Virgilio che si trova nel Limbo e a pregarlo di scortare il pellegrino Dante nel viaggio.
..Io era tra color che son sospesi
e donna mi chiamò, beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi..."
è ciò che racconta il poeta latino a Dante al principio del loro cammino negli Inferi. La presenza beata di Beatrice dunque si avverte sin dal principio della Divina Commedia, è come una forza invisibile e celestiale che muove il Sommo Poeta attraverso le dure prove che dovrà affrontare.
Virgilio riporta al Sommo poeta le parole pronunciate dalla donna che aveva gli occhi che “lucevano come una stella” e la voce soave:
I’ son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.
Beatrice non si palesa al poeta e torna nel regno dei beati; ma è chiaro che è lei, la donna angelicata, a consentire il viaggio di Dante. La sua presenza aleggia impalpabile in tutte le cantiche del poema.
E che emozione, che sollievo per Dante, e per noi lettori il loro incontro che arriva al termine di una lunga storia. Era atteso da una vita. Quando Dante ritrova Beatrice, in cima alla montagna del Purgatorio, sono già trascorsi dieci anni dalla morte della donna.
La scrittura del poeta, d’altronde, non era stata che un mezzo per giungere a lei.
Il Canto XXX del Purgatorio: Dante e Beatrice
Sovra candido vel cinta d’uliva
Donna m’apparve, sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva.
Beatrice appare a Dante nel Canto XXX del Purgatorio. Si manifesta avvolta in una nuvola rosata mentre angeli gettano fiori al suo passaggio. La sua visione è talmente abbagliante che al principio il poeta non riesce a sostenerla.
Infine Beatrice si palesa agli occhi del Sommo Poeta. Ha il capo coperto da un velo candido e incoronato di fronde d’ulivo, indossa una veste rosso fiamma e un manto verde: il suo abbigliamento (la veste rosso fiamma, Ndr) rimanda al primo incontro tra Dante e Beatrice avvenuto nella Vita Nova. Il colore del suo abito richiama una simbologia precisa: il bianco del velo simboleggia la fede; il verde del manto la speranza; il rosso della veste la carità, e tutte le virtù teologali si sommano infine nel ramoscello d’ulivo che le cinge la fronte. Il parallelismo con i passi de La Vita Nova è evidente:
Apparve vestita di nobilissimo colore, umile ed onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia.
Dunque finalmente Beatrice, dopo dieci anni, riappare a Dante: è una figura angelica, quasi divina, tanto che lo sguardo del poeta non è in grado di sostenerne la vista. Dante dinnanzi a lei è travolto dagli stessi sentimenti di un tempo. Tremori e stupori lo paralizzano e allora si volta cercando conforto in Virgilio, come un bimbo spaventato che ricerca la presenza della madre.
Rivolgendosi a Virgilio, Dante dice:
Meno che dramma
di sangue m’e’ rimaso che non tremi:
Conosco i segni dell’antica fiamma.
La fiamma a cui il poeta si riferisce è la fiamma d’amore che passa attraverso gli occhi di Beatrice. Ma quando si volta, Virgilio è scomparso, sconvolto Dante piange dolcemente per la dipartita del suo Maestro.
Le prime parole che Beatrice, la donna angelicata, rivolge a Dante sono inaspettatamente di rimprovero. Lo ammonisce dicendo di risparmiare le lacrime perché gli serviranno per altre ragioni: "Che pianger ti conven per altra spada".
Con tono severo la donna ricorda che Dante le sue colpe, e lo rimprovera di essersi avviato sulla strada del “traviamento” e della perdizione dopo la sua morte. Beatrice sembra dunque rappresentare la coscienza di Dante, ed è la prova che il poeta deve pentirsi per completare quel processo di purificazione che gli permetterà di accedere alla meta ultima del viaggio: l’Empireo.
L’addio tra Dante e Beatrice
Beatrice infatti scorterà Dante sino alle soglie del regno divino, lasciandolo infine alla custodia di San Bernardo che lo condurrà nell’estasi dell’infinito amore divino.
Prima di abbandonare Beatrice definitivamente Dante le rivolgerà parole d’infinita gratitudine, nel canto XXXI del Paradiso, affermando che è stata lei a liberarlo dal peccato e spetta ora a lui conservare questa ritrovata libertà sino alla morte. Beatrice lo guarda e sorride, per poi tornare a contemplare Dio, principio di ogni gioia e beatitudine.
Di lei Dante dirà “‘mparadisa”. Per la donna amata il Sommo Poeta aveva addirittura creato un nuovo termine, che oggi definiremmo un neologismo, l’unica espressione capace di rappresentare l’effetto che Beatrice aveva sulla sua mente. “’Mparadisa” diceva Dante in un italiano volgare che oggi potremmo tradurre così:
“È colei che innalza la mia mente alla gioia paradisiaca.”
Per Dante nel sorriso di Beatrice era racchiusa tutta la gioia e la luce del Paradiso, l’unica possibilità di accedere al regno divino con spoglie umane.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’incontro tra Dante e Beatrice nel Canto XXX del Purgatorio
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