“Tanto gentile e tanto onesta pare” è un sonetto di Dante Alighieri contenuto nel XXVI capitolo della Vita Nova (composta tra il 1282 e il 1293), ed è uno dei più chiari esempi dello "stile della "loda" e della scuola stilnovista.
Si tratta di un testo studiatissimo nelle scuole italiane, con cui i ragazzi devono misurarsi imparando a svolgerne parafrasi e analisi, in modo da comprendere (e dimostrare d’aver compreso) a pieno il significato del testo.
Densissimo di pensieri propri dello stilnovismo, condensati nei soli 14 versi di cui è composto. L’intero componimento consiste di fatto in un elogio a Beatrice e costituisce il culmine delle cosiddette rime in lode a Beatrice e dello stilo della loda. Beatrice, grazie al saluto, dispensa la grazia salvifica, operando la redenzione e donando beatitudine agli uomini. Per queste caratteristiche, la donna rappresenta dunque quasi una emanazione di Dio.
Di seguito vediamo testo, parafrasi e soprattutto significato del componimento Tanto gentile e tanto onesta pare.
Tanto gentile e tanto onesta pare: testo del sonetto
Il componimento di Dante si trova nel capitolo XXVI della Vita Nova ed è proprio in questo testo che dante esprime la lode per la bellezza e l’ammirazione per la sua Beatrice.
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente e d’umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova;e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
Parafrasi
È talmente nobile d’animo e tanto piena di decoro la mia signora, quando rivolge ad altri il saluto, che tutti rimangono in silenzio, tremanti, e abbassano lo sguardo, perché non hanno il coraggio di guardarla.
Lei procede, sentendosi lodare, benevola e mite nel comportarsi, e sembra che sia una creatura discesa sulla terra per compiere un miracolo.
Si dimostra così affascinante a chi la guarda che trasmette, tramite gli occhi, una dolcezza al cuore, tale che non la può capire chi non l’ha provata; sembra che dalla sua fisionomia esca uno spirito dolce ricolmo d’amore che sussurra all’anima: Sospira.
leggi anche
Dante Alighieri: vita, opere e pensiero
“Tanto gentile e tanto onesta pare” : analisi e stile del componimento
La dimensione contemplativa è costruita dal poeta attraverso le pause e gli accenti ritmici ben calibrati, che scandiscono il tempo di questa scena rarefatta. L’andamento è dolce, chiaro e perciò non difficile da comprendere, trasmette quasi la quiete che si prova nell’osservar Beatrice, così aggraziata e dignitosa. Molti gli infiniti, i participi e i gerundi nel testo.
A livello lessicale, troviamo latinismi ("onesta", "labbia") e sicilianismi ("vestuta"). Le rime, invece, sono ottenute attraverso l’allineamento delle desinenze dei termini.
La sua struttura è quella tipica del sonetto: è composta da due quartine e due terzine di endecasillabi, con schema delle rime ABBA ABBA CDE EDC.
Questo sonetto celebra, in una atmosfera estatica, i caratteri angelici della giovane donna amata da Dante, esaltando le sue virtù morali e di comportamento: la nobiltà d’animo, il decoro, la modestia. L’attenzione a queste qualità viene riflessa negli aggettivi utilizzati per descrivere la donna.
Il sonetto è privo di fisicità: unico riferimento presente è legato alle sue labbra "labbia" (v. 12). Anche il termine "piacente" presente al nono verso si presenta privo del suo possibile significato corporeo ed erotico, ma si riferisce qui alla sua bellezza celeste. Privata della sua dimensione corporea, Beatrice diventa così una creatura angelica, emanazione di Dio, di fronte a cui l’uomo non può che sospirare.
Il Poeta sceglie di non fornire una descrizione fisica: il suo intento infatti è quello di sottolineare l’aspetto spirituale e il fascino soprannaturale della donna che suscita sentimenti puri, come solo gli esseri di natura angelica possono destare. Dante si rifà alla figura della donna-angelo, concetto fondamentale della poesia dello Stilnovo, e tramite per un amore che consiste nella perfezione morale e nell’elevarsi a Dio.
Di fondamentale importanza per comprendere a pieno la poesia risulta capire gli aggettivi che Dante usa nel primo verso, "gentile e onesta", e appaiono con una dittologia sinonimica.
Il significato dei due aggettivi è diverso da quello che hanno oggi:
- "Gentile" fa capo alla tradizione provenzale, in cui la donna è caratterizzata per le sue virtù, capaci di elevare gli uomini (e il poeta). La gentilezza coincide con il più alto livello di nobiltà d’animo.
- "Onesta" è invece un termine di derivazione latina, che va inteso come "decorosa" e fa dunque riferimento principalmente all’atteggiamento composto e dignitoso della donna, base della sua virtù salvifica.
Allo stesso modo è importante ricordare che anche la parola "donna" al v. 2 non ha il significato che oggi riconosciamo alla parola. Si tratta piuttosto di un termine specifico della lirica cortese, che deriva dal latino "domina" (padrona), e indica l’inevitabile soggiogamento dell’amante/corteggiatore nei confronti dell’amata.
La chiave dell’intero sonetto dantesco è però il "pare" che troviamo al primo verso. La collocazione del verbo a fine verso (dunque in una posizione forte) fa in modo che l’attenzione del lettore sia subito focalizzata su questo elemento, che non ha a che vedere con un’impressione rapida in chi la circonda, ma anzi in un’emozione profonda in chi la ammira e non può non notare le sue immense virtù.
Allo stesso modo, anche il verbo "saluta" che chiude il verso successivo è di fondamentale importanza per il componimento, etimologicamente connesso al latino "salus" (salute, salvezza): il saluto della donna è tramite fondamentale di salvezza.
Significativo anche l’ultimo verso, in cui Dante si riallaccia alla poetica cavalcantiana. Lo spirito che si muove dalle labbra di Beatrice e genera un’inevitabile ineffabilità si rifà alla poetica degli "spiriti vitali, che vede l’esistenza di spiriti nel corpo del poeta del poeta. Nella Vita Nova, questi spiriti sono principalmente rappresentati come soffi che permettono di percepire l’arrivo dell’amata.
“Tanto gentile e tanto onesta pare”: figure retoriche
Il componimento non contiene suoni duri, ma solo dolci, che permettono di enfatizzare ancora una volta le dolci virtù di Beatrice. Nel testo si trovano alcune allitterazioni (es. m "miracol"-"mostrare"-"mostrasi", s "spirito"-"soave"-"Sospira").
A contribuire alla continuità fra i versi concorrono alcuni enjambements: "pare / la donna mia" (vv. 1-2), "venuta / da cielo in terra" (vv. 7-8), "si mova un spirito" (vv. 12-13).
Tra le altre figure retoriche presenti nel componimento, in ordine di apparizione segnaliamo:
- Endiadi: "tanto gentile e tanto onesta" (v. 1)
- Iperbole: "ch’ogne lingua deven tremando muta" e "li occhi no l’ardiscon di guardare" (vv. 3-4)
- Metafora: "d’umiltà vestuta" (v. 6)
- Similitudine: "par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare" (vv. 7-8)
- Ipallage: "mostrare"-"mostrasi" (vv. 8-9)
- Sineddoche: "labbia" (v. 12) per intendere l’intero volto (o, ancor meglio, l’intera figura di Beatrice)
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Tanto gentile e tanto onesta pare” di Dante: testo, parafrasi e analisi
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia News Libri Storia della letteratura Dante Alighieri
Lascia il tuo commento