Il giardino del nuovo mondo
- Autore: Philippa Gregory
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2016
Un uomo, in fuga da una scelta difficile, ne trova da compiere un’altra, altrettanto ardua. Il cuore si divide sempre, per John Tradescant. È andato nella Reale Colonia della Virginia, nelle Americhe. È poi tornato in Inghilterra, nell’anno del Signore 1638. I lettori di Philippa Gregory già lo conoscono, come protagonista de “Il giardiniere del re” (Sperling & Kupfer, 2016) ed ora lo ritrovano nel sequel del dittico, “Il giardino del nuovo mondo” (sempre Sperling & Kupfer, giugno 2016, , pp. 470, euro 19,90). L’ottima autrice inglese lo ha scritto nel 1999, un affresco storico dei suoi, tanto più fresco perché evocativo di profumi, fiori, fragranze aromatiche vegetali.
Tradescant è nato povero, figlio di uno straordinario giardiniere, uomo tutto “verde”, altro che soli il pollice e che gli ha trasferito una passione e una competenza da rendere John il giovane l’esperto botanico più apprezzato da Sua Maestà Carlo I Stuart. Il nome del sovrano basta a spiegare che non è un momento facile per l’Inghilterra, come per il giovanotto, del resto. Il re cattolico è impegnato in una sfida col Parlamento e con i protestanti puritani, la moglie di John è morta di peste in autoisolamento e lui fugge dalla paventata guerra civile navigando verso le nuove terre della Corona britannica, sulla costa atlantica dell’America del Nord. Lascia a casa il padre e due figli in tenerissima età.
È andato nel Nuovo Mondo a cercare piante esotiche per il re e la regina, collezionisti di rarità, nonostante i momenti bui per loro. Nel suo soggiorno in Virginia, Tradescant (“Nessuno mi chiama mai John, sono sempre stato J, John era mio padre”), trova quanto cercava, con l’aiuto di una ragazzina indiana, poco più che una bambina, una tredicenne che però nella foresta lo guida con una perizia insospettabile. Un aiuto determinante. Si affezionano l’uno all’altra. All’atto del commiato, J promette di tornare per sposare Suckahanna. Significa “acqua”, gli dice lei, in inglese, parlando per la prima volta, dopo aver fatto credere a tutti di essere muta, anche a lui.
Al ritorno a Lambeth, trova in casa una donna, Hester, che lo informa di due eventi sconvolgenti accaduti nel frattempo. La prima notizia è che John senior è morto, pronunciando il nome del figlio lontano. La seconda è che gli aveva trovato moglie: proprio Hester Pooks, capelli scuri, nubile, atteggiamento composto, non è bella come la prima sposa, però ama le piante, i fiori e i suoi bambini. I piccoli orfani, del resto – Frances di nove anni e Johnnie di cinque – hanno bisogno di una mamma.
J comprende che non potrebbe portare i figli in Virginia, ma che allo stesso tempo non potrebbe tornarci da solo. Il periodo nella foresta sta diventando come un sogno, si affievolisce ogni giorno di più. Nei mesi seguenti ricorda di rado Suckahanna e la promessa ora gli sembra un capriccio. A Lambeth, nel suo mondo di origine, la vecchia vita lo avvolge e si convince che il padre aveva visto giusto, come sempre e che non potrebbe fare a meno di Hester per gestire l’attività e la casa. Decide di chiederle di restare,
“anche se sa che non le chiederà mai di amarlo”.
Si interroga se non debba sentirsi sleale nei confronti della giovane Powhatan, ma non riesce nemmeno a ricordarla bene. A volte si sofferma a immaginare come stia vivendo, se lei e la madre siano salve nella foresta, ma la Virginia è tanto lontana, una traversata di due mesi.
Si è poi così certi, però, che John e la ragazza indiana non si ritroveranno?
Il secondo della coppia di romanzi sul giardiniere del re Stuart è una storia di conflitti, spiega Philippa Gregory. Carlo, malconsigliato dalla moglie francese, sta trascinando l’Inghilterra nella guerra civile e John, stando al suo servizio, dovrebbe prendere posizione e battersi dalla parte del trono, ma è un passo che rifiuta, lasciando ad Hester il compito di occuparsi della famiglia e dell’azienda e tornando in Virginia, nel 1644. Qui prova ad avviare una piantagione, ma è un compito arduo, quanto lo è mantenere la pace tra indiani e coloni. I primi sempre pronti ad attacchi sanguinari, improvvisi ma rarefatti, i secondi irriducibilmente severi, violenti, opprimenti con i nativi. Le vendette reciproche senza fine alimentano l’odio.
In una nuova fiammata ribelle dei Powhatan, John se la passa brutta prima di essere risparmiato dal popolo di Suckahanna, che intanto ha sposato. Ancora una volta è combattuto tra una fazione e quella opposta, com’è diviso tra una donna in America e l’altra in Inghilterra.
Era tornato per non dover scegliere tra lealisti e Parlamento e si trova a scegliere tra inglesi e indiani in guerra tra loro.
Il romanzo è la storia della sua scelta. O la sua "non scelta".
Il giardino del nuovo mondo
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