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Recensioni di libri

Un pasto in inverno di Hubert Mingarelli

Nutrimenti, 2014 - Per la Giornata della Memoria, un nuovo breve intenso romanzo.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 27-01-2014

6

Un pasto in inverno

Un pasto in inverno

  • Autore: Hubert Mingarelli
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Nutrimenti
  • Anno di pubblicazione: 2014

Un pasto in inverno, il lungo racconto, o breve romanzo di Hubert Mingarelli, appena uscito per Nutrimenti, somiglia piuttosto ad una pièce teatrale, dato che la parte più interessante e intensa della storia si svolge all’interno di una casupola, nella pianura polacca gelida, dove tre soldati tedeschi hanno trovato temporaneo rifugio dalla fame e dal freddo. Non sono soli: con loro un ragazzo ebreo, appena catturato, che servirà loro per testimoniare che la caccia agli ebrei dà dei risultati. In realtà i tre avevano ottenuto di uscire in “caccia” dalla palestra dove erano acquartierati per procedere alle fucilazioni giornaliere di tutti gli ebrei catturati, perché depressi e stanchi di uccidere.

Nel racconto i punti di vista appaiono rovesciati: i tre tedeschi, Bauer, Emmerich e la voce narrante sono esausti della perversa missione di morte che il loro capo, il tenente Graaf, impone loro con la stessa ferocia destinata alle vittime. Emmerich, il più anziano, ha un figlio e di lui parla continuamente con i commilitoni, tra una sigaretta e un’altra, nei momenti di tregua dalla mattanza a cui sono costretti. Questo sentirsi uniti dall’affetto per un figlio sconosciuto e lontano, che forse il padre non rivedrà, crea una specie di solidale vicinanza fra i tre, fa rinascere in loro una sorta di sopita umanità che la guerra e la ferocia del sistema di cui sono parte sembra avere del tutto cancellato. Quando poi, raggiunta per caso una capanna abbandonata, decidono di fermarsi per vincere freddo e fame, rinchiudono il prigioniero in uno sgabuzzino e cominciano a risanare la stanza, spaccando i pochi mobili e tentando di accendere un fuoco che consenta di cuocere una zuppa, fatta di neve squagliata e una bustina di semolino italiano. I movimenti dei tre sono lenti, sincopati, quasi a dover ricostruire un’esistenza in cui si può mangiare come normali uomini intorno ad un focolare; mentre si dividono i compiti compare un polacco con un cane, dall’aspetto grottesco (non ha quasi denti, ha uno sguardo tra il violento e il servile), che si installa anch’egli nella capanna, ospite non gradito: questi però porta in dote un flacone verde, pieno di una grappa fortissima, che versata nella zuppa insieme a del lardo e una cipolla, che Emmerich teneva nascoste nella giubba, renderanno il pasto caldo e appetitoso. Alla fine, dopo uno scambio di sguardi e poche parole, anche l’ebreo verrà ammesso a questo “pasto in inverno”.

Il crudo realismo con cui viene descritta questa lunga sequenza narrativa fa da contrasto all’alta valenza simbolica che tutta la scena sottende: i cinque personaggi rappresentano un’intera società disgregata e impazzita, dove la normalità è stata bandita, l’umanità cancellata, la famiglia troppo lontana, i sogni l’unica possibilità di fuga da un reale troppo atroce per essere a lungo sopportato.
Non sembrano esserci più soldati della Wehrmacht invasori, un ragazzo ebreo con un fiocco di neve ricamato sul cappello, forse da sua madre, un povero diavolo polacco sdentato e affamato, ma solo cinque uomini di fronte ad una natura, il gelo dell’inverno polacco, che può ucciderli, in una fase della storia d’Europa, lo scempio nazista durante la Seconda guerra mondiale, che non ricordiamo mai abbastanza perché non si ripeta.

Altissima la qualità della scrittura di Mingarelli, già vincitore nel 2003 del Prix Médicis per un precedente romanzo; ottima e piena di sfumature la traduzione di Federica Romanò; ricche di poesia molte pagine del testo che, pur se tese ad un racconto altamente drammatico, riescono ad osservare e descrivere in profondità la psicologia degli invasori-cacciatori che invece intuiscono di essere dei vinti, feriti ed impauriti da ciò che sono stati costretti a compiere.

“Così cominciò il pasto più strano che facemmo in Polonia. Fuori, attraverso la finestra, la luce era pallidissima e diminuiva ancora.. Le fiamme nella cucina ci facevano luce da dietro, mangiavamo e le nostre ombre ci accompagnavano danzando sulla tavola”

Un pasto in inverno

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un pasto in inverno

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