I frammenti della poetessa greca Saffo ci dimostrano che, da secoli, gli uomini si trovano ad aver a che fare con gli stessi conflitti interiori, morali o sociali. Le liriche della poetessa di Lesbo, vissuta tra il VII e il VI secolo a.C., purtroppo ci sono pervenute in maniera incompleta, parziale, manchevole; non è certamente il caso di Tramontata è la luna, una delle sue poesie più belle, che intreccia alcuni dei temi peculiari della sua poetica, ovvero eros, nostalgia, solitudine, il senso ineffabile dello scorrere del tempo.
In questa poesia è conservato il nucleo dell’umano, colto come il cuore lacerato da mille contraddizioni che, nonostante lo scorrere inesorabile degli anni, sono in fondo sempre le stesse. La situazione che ci presenta Saffo in questa sua breve lirica appare ancora strettamente contemporanea; in poche parole, non è invecchiata di un solo giorno. La voce della poetessa greca pare attraversare le epoche e giungerci intatta, come la perla conservata nel fondo oscuro di un’ostrica e ancora splendente di candore millenario.
Il nodo che Saffo ci pone, tramite i suoi versi che trasudano una malinconia inguaribile, è l’eterno dilemma dell’umano: il dissidio mai placato tra volere e desiderio, desidero ma non ho, desidero e ho ma continuo a desiderare, la radice primigenia e mai placata dell’infelicità umana.
Eros e solitudine sono gli estremi opposti entro cui si si muove e si dilata il malinconico canto di Saffo; pare un grido ininterrotto che si ripercuote come un’eco, un pianto sommesso incapace di trovare conforto. Non esistono risposte al dolore, ma la poetessa greca è abile a convertirlo, con acuto lirismo, nel rapporto lacerato tra rabbia e tristezza, rancore e amore, smarrimento e volontà di vittoria.
La poesia, nel finale, si conclude in un chiasmo che riassume la condizione originaria ed eterna dell’esistenza umana:
e soffro/ e desidero
Vediamone testo, analisi e commento.
“Tramontata è la luna” di Saffo: testo
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.(Traduzione di Salvatore Quasimodo)
“Tramontata è la luna” di Saffo: analisi e commento
Se in Ode alla gelosia, una delle sue liriche più famose, Saffo dava parola all’angoscia sublime dell’innamoramento; ecco, invece, che in Tramontata è la luna esprime la solitudine e lacerazione dell’essere, il languore del desiderio. Perché in questi versi Saffo non parla di amore, ma di desiderio, cui dà il nome proprio di “Eros” ἔρως,, che nell’Antica Grecia designava propriamente l’istinto sessuale, letteralmente ciò che fa “muovere verso qualcosa”, quindi la passione sfrenata, folle.
C’è una distinzione solenne tra Amore ed Eros, secondo gli antichi greci, espressa anche dal tragediografo Euripide:
Amore porta la felicità, mentre Eros rende torbida la vita.
Torbido è il diretto contrario di limpido, ovvero tumultuoso, inquieto, offuscato. Saffo in questi versi ci parla proprio del torbido, della sua anima lacerata, sconvolta, desiderante, eppure mai placata.
I primi versi di Tramontata è la luna sono dedicati allo scorrere del tempo: il tramonto della luna sembra essere una metafora paesaggistica per rendere visibile l’invisibile, ovvero il lento e sfumato declino della giovinezza. E poi l’oscurità che avanza è funzionale alla seconda parte della poesia; dopo aver introdotto il tema del tempo, sancendo con malinconia il suo scorrere inesorabile, Saffo introduce il tema del desiderio alludendo al suo corpo disteso in un letto solitario. Il desiderio assume le sembianze violente di un vento insidioso - prima - e di una “indomabile belva” - poi - rappresentando così una forza feroce che viene dall’esterno e agguanta il corpo, rendendolo schiavo della propria volontà.
Donando a Eros un’identità precisa, naturale e animalesca, in ogni caso selvatica, Saffo esprime appieno la propria condizione di impotenza (e anche di debolezza, di fragilità) dinnanzi ai suoi assalti spietati.
Anche l’ape e il miele - con l’allusione al processo di impollinazione - appaiono come una metafora di Eros. Il chiasmo finale, in parte preceduto dall’ossimoro “dolce amara” nell’aggettivo riferito alla belva di Eros, rivela il nodo cruciale del desiderio, ovvero: volere e non avere.
e soffro/e desidero
Ma prima di giungere a questa rappresentazione cruciale, proprio perché si avvera nell’opposizione, Saffo ci dà l’esatta misura dello schianto dell’anima che appare soggiogata da queste forze irresistibili e alle quali non può opporsi. Il desiderio acuisce la mancanza e la rende irresistibile.
In questi versi della poetessa di Lesbo si riverbera una potenza trascinante: c’è lo strazio per la giovinezza che fugge (lo scorrere del tempo è come la luna che tramonta al di là delle nubi) e il desiderio feroce di essere amata, nel mezzo, come una domanda irrisolta, la solitudine che incendia i sensi e non trova requie.
La greca Saffo ancora oggi ci restituisce, tramite il suo canto malinconico, lo struggimento di un desiderio mai placato, la pena di una tristezza inconsolabile che si riflette, come una lacrima di commozione, su tutta l’umanità, quasi nel tentativo di riscattarla dalla propria condizione di penitenza con un moto di pietà.
“Tramontata è la luna”: l’ispirazione di Leopardi e Pavese
Questi versi di Saffo avrebbero ispirato numerosi poeti, tra i quali Giacomo Leopardi, che si sarebbe indentificato nella poetessa greca in L’ultimo canto di Saffo, redendo tangibile la sua focosa libertà interiore e la sua ribellione dinnanzi a una natura matrigna e a un destino ingrato. L’atmosfera notturna proposta in Tramontata è la luna sembra inoltre aver influenzato alcuni celebri canti leopardiani, quali Il canto notturno di un Pastore errante dell’Asia con le sue domande angosciose e irrisolte (Dimmi che fai tu luna in ciel?) e Alla luna, l’idillio romantico che rende la luna complice delle sventure e dei dissidi interiori dell’io lirico che, nello sfumare di giovinezza, afferma “Io venia pien d’incanto a rimirarti”.
La voce di Saffo e quella di Leopardi sembrano incontrarsi - e fondersi - in un unico sospiro, una mirabile fusione di pathos e malinconia.
Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor.
Un altro degno erede della poetessa di Lesbo (e del suo tormento amoroso) è Cesare Pavese che le avrebbe dedicato il racconto Schiuma d’onda, contenuto in Dialoghi con Leucò.
Nel testo Pavese immagina Saffo dialogare con Britomarti, una ninfa di origine lunare, compagna di caccia di Artemide. Entrambe guardano il mare, il luogo dove Saffo porrà fine ai suoi giorni nella speranza di annientare finalmente la sua inquietudine, il suo desiderio; e dove anche Britomarti si getterà per sfuggire alla caccia di Minosse.
Le due donne guardano le onde - l’eterno dibattersi e fluttuare marino - e riflettono sul senso del desiderio, da cui entrambe sono fuggite. A tal proposito Britomarti dice a Saffo una frase che, a posteriori, appare come il più perfetto ritratto letterario della poetessa di Lesbo:
I desideri e l’inquietudine ti han fatta chi sei.
Curiosamente il chiasmo “desideri/inquietudine” riprende in maniera sublime la chiusura malinconica di Tramontata è la luna: e soffro e desidero. Così pare chiudersi un cerchio, con la voce di Saffo che si consuma nel mare, il suo corpo è divenuto schiuma tra le onde e, tuttavia, si macera ancora nel desiderio che “schianta e brucia”. La poetessa risponde:
Si può accettare che una forza ti rapisca e tu diventi desiderio, desiderio tremante che si dibatte intorno a un corpo, di compagno o compagna, come la schiuma tra gli scogli? E questo corpo ti respinge e t’infrange, e tu ricadi, e vorresti abbracciare lo scoglio, accettarlo. Altre volte sei scoglio tu stessa. E la schiuma – il tumulto – si dibatte ai tuoi piedi. Nessuno ha mai pace. Si può accettare tutto questo?
L’eco della domanda di Saffo ancora si ripercuote nei suoi versi, immortale, come la voce di una dea.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Tramontata è la luna”: il canto di Saffo che ispirò Leopardi e Pavese
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