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Recensioni di libri

Storia universale dell’infamia di Jorge Luis Borges

Storia universale dell’infamia raccoglie i primi racconti scritti da Borges nel 1935. Il giovane Borges narra le gesta di infami e canaglie come alcuni dei protagonisti del vecchio West, dei pirati dei Caraibi e dei gangster nella New York inizio ‘900.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 22-08-2013

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Storia universale dell'infamia

Storia universale dell’infamia

  • Autore: Jorge Luis Borges
  • Genere: Raccolte di racconti
  • Casa editrice: Adelphi

Storia universale dell’infamia raccoglie i primi racconti scritti da Borges nel 1935. Sono racconti brevi che furono pubblicati a puntate sul quotidiano Critica di Buenos Aires e successivamente in una raccolta del 1954. Il giovane Borges narra le gesta di infami e canaglie come alcuni dei protagonisti del vecchio West, dei pirati dei Caraibi e dei gangster nella New York inizio ‘900: Billy The Kid, Lazarus Morell, Monk Eastam. Uomini spietati e con una pessima fama che hanno in comune l’essere dei fuorilegge. Un universo di eroi negativi, che si rifanno alle letture giovanili tanto amate dall’autore, quelle degli scrittori Stevenson e Chesterton.

“…. la parola infamia dirompe nel titolo, ma sotto il clamore non c’è nulla. E’ solo apparenza, una superficie di immagini; per questo potrà forse piacere. L’uomo che l’ha composto era molto infelice, ma si è divertito a scriverlo; auguriamoci che qualche riflesso di quel piacere giunga ai lettori.“

La prima storia del libro è di Lazarus Morell: nel 1517 padre Bartolomé de Las Casas provò grande compassione per gli indiani che si sfinivano nelle miniere d’oro delle Antille e propose all’imperatore Carlo V l’importazione di negri. Lazarus Morell altro non è che una canaglia al comando di una banda di malfattori che mette in fuga gli schiavi dalle piantagioni di cotone per poi rivenderli a nuovi proprietari.

“Malgrado l’infanzia miserabile e la vita ignominiosa, Morell era un vecchio yankee del Sud. Sperava di potersi ritirare dagli affari e vivere come un gentiluomo e avere i suoi acri di campi di cotone e le sue curve file di schiavi.“

Monk Eastam, a capo di milleduecento uomini, è il protagonista della storia delle bande di New York. A lui si rifacevano i politici del quartiere perché mantenesse l’ordine e la supremazia sulle altre bande.

“Era un uomo rovinoso e monumentale. Il collo era corto e taurino, il petto inespugnabile, le braccia lunghe e bellicoso, il naso rotto, il volto istoriato di cicatrici e le gambe storte come quelle di un cavallerizzo o di un marinaio. Poteva fare a meno della camicia come pure della giacca, ma non di una piccola tuba tronca sulla testa ciclopica.“

Billy The Kid, il bandito bambino che morì a ventuno anni, aveva avuto un apprendistato da gangster e già a dodici anni faceva parte degli Angeli del pantano che vivevano ed operavano nelle cloache di New York. Il suo sogno era l’Ovest, che con le sue praterie sconfinate e il cielo di strati di nuvole lo chiamava a sé.

“Il cavaliere inchiodato alla sella, il giovane dai secchi spari che assordano il deserto, il dispensatore di pallottole invisibili che uccidono a distanza, come una magia.”

Nei racconti della Storia universale dell’infamia il giovane scrittore Borges, come nelle Vite immaginarie di Marcel Schwob, fantastica sui personaggi, sulle loro vite che non sono reali, ma neppure irreali, utilizza la mistificazione per demistificare. Una narrazione borgesiana. Poche righe e il lettore è immerso nelle vicende di questi personaggi, rimanendone affascinato. Borges amava definire i suoi primi racconti esercizi di prosa narrativa, esercizi brevi sì, ma nei quali sono già evidenti le eccellenze e le padronanze culturali del superbo scrittore che sarà. Raffinato ed elegante, Borges ha saputo far incontrare in sé due universi differenti, uno intellettuale e l’altro viaggiatore, un’anima europeista e l’altra americana, sempre alla ricerca interminabile dello stile e della conoscenza.

Jorge Luis Borges, tra i massimi geni letterari del Novecento, è stato scrittore, poeta e saggista. Nacque a Buenos Aires e, da bambino precoce quale era, iniziò a tradurre Oscar Wilde già all’età di nove anni. All’età di trentasei anni una grave ferita alla testa gli compromise la vista. La quasi cecità non lo fermerà nei suoi studi e nei suoi scritti. Fece molto discutere la mancata onorificenza del premio Nobel, uno dei non pochi casi sfortunati della sua carriera di scrittore osteggiata dal regime peronista. Dopo la caduta di Peron divenne direttore della Biblioteca Nazionale e successivamente Professore di letteratura inglese dell’Università di Buenos Aires. Nella sua carriera di scrittore e saggista ha ricevuto una gran quantità di riconoscimenti fra i quali, nel 1981, il premio Balzan dell’Accademia del Lincei di Roma. Quasi completamente cieco, morì nel giugno del 1986.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Storia universale dell’infamia

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