Spregamore di Paolo Del Colle

Pubblicato da Gaffi nel 2014, Spregamore di Paolo Del Colle narra di un uomo solo che combatte le miserie della vita attraverso un monologo interiore degno del miglior Joyce.

Spregamore è un quartiere di Roma vicino alla chiesa del Divino Amore. In queste case non ristrutturate, vecchie, coi bagni che perdono, vive il nostro protagonista insieme alla madre, malatissima.
In un’estate rovente, come sanno essere i caldi della capitale, lui fa da badante alla madre, ormai poco lucida mentalmente a troppo debole anche per prepararsi un caffè, che le piace tanto. L’anziana deve subire l’aiuto del figlio che ha scatti di aggressività, di disamore, chiuso nella sua stanza piena di libri e riviste. Li avrà letti? Del Colle parla di una rilettura di Delitto e Castigo, ma sarà vero o è una proiezione del rapporto con la genitrice che lo impazzire?
Il padre è morto e così anche un fratello appena nato, Lorenzo. La vita del cinquantenne senza consolazione gira intorno alle ubbie materne e a emicranie terribili, che gli fanno prendere la malsana decisione di lasciare il lavoro.
E’ quello che voleva da tempo: ciondolare nel dolore senza appuntamenti esterni (non era così totalizzante e invalidante anche il rapporto madre e figlia in Aracoeli di Elsa Morante?)
Il Nostro non ha vita sociale, frequenta le prostitute del quartiere Eur, in particolare Delia, un transessuale pieno di muscoli. Forse l’impotenza manuale lo mette in comunicazione anche con la sua impotenza sessuale o verbale. Il protagonista di questo libro ha amore solo per gli animali, perché troppa è la meschinità dell’uomo, un ultimo sulla terra che si crede onnipotente.
Non riesce nemmeno a pregare per la sua situazione drammatica, forse l’anima non esiste, vai a capire.

La bellezza estrema di questo libro di Del Colle è che non ci sono censure: lui scava la sua mente e il suo corpo fino all’estremo, senza concessioni al pietismo e alla autocommiserazione.

"Non ci sarà altro, doveva invece ripetere sempre più veloce e deciso... l’anima, ancora a disposizione dell’ennesimo fallimento, pronta a essere il compianto o la sua irrisione"

Per gli appassionati di trama questo è un libro non consigliato perché ci si muove solo su tre fonti: il protagonista, la madre e la trans Delia.
Questo romanzo è una preghiera laica, faticosa, straordinaria.
Lo stile di Paolo del Colle sembra, letto distrattamente, di buona leggibilità, mentre ritroviamo quasi un nuovo italiano, affilato come un rasoio e calmo nei pochi momenti di stanchezza, in cui il protagonista dorme della grossa.