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Recensioni di libri

Stato di insolvenza di Paolo Del Colle

Amos Edizioni, 2022 - Paolo Del Colle sembra aver esaurito il credito per inserire troppe parole nei suoi testi. E quindi dopo "Nuda proprietà", ecco un altro terribile e bellissimo libro di poesie che racconta l’insolvenza umana.

Vincenzo Mazzaccaro
Vincenzo Mazzaccaro Pubblicato il 12-10-2022
Stato di insolvenza

Stato di insolvenza

  • Autore: Paolo Del Colle
  • Categoria: Poesia
  • Anno di pubblicazione: 2022

Paolo Del Colle ci tiene a farci sapere, con la sua poesia, un mistero che teniamo nascosto: lo stato di insolvenza.

Non abbiamo più soldi per il mondo esterno che ci aveva illuso, che aveva sparso sul nostro capo la cenere per peccati mai commessi, per amori solo sognati o mal vissuti, che la slot-machine della nostra vita si è fermata e dobbiamo solo dare indietro le speranze mal riposte. Siamo al fallimento, all’ammissione verso i nostri creditori di non avere più speranze per andare avanti, ma solo poche parole per congedarci.

Queste sono le poesie di Paolo Del Colle raccolte in Stato di insolvenza (Amos Edizioni, 2022). Pensiamo che l’autore sia stato per giorni a trovare le parole adatte, non per ricercatezze di poeta dannunziano, ma per svelare i simboli che le parole possiedono. E infine, prima di spegnere la televisione già rotta, lasciare una traccia di sé, flebile, di uomo orfano per aver perso la famiglia e, forse, la casa.

Poco come il tempo / che non sai / quanto resti ancora / a tua disposizione / non appoggiarti al muro / zoppica se vuoi / proseguire / ogni luce è incerta / e il buio non ha un orario / lascia che ogni cosa / abbia il suo nome / e tu lasciati riconoscere / quello che provi / non è più un segreto / per lo sguardo mite / degli animali / portagli da mangiare / anche quando / non li vedrai più / verranno altri / che non saprai distinguere / da quelli che ora / ti aspettano / e a tua insaputa / le cose ultime / saranno prive di senso / le avrai già vissute / e non saranno / ma più le stesse (...)

Come si può leggere, il poeta scava nella quotidianità, con parole fruste, a volte, per farci sapere, che forse non sarà più presente quando ci sarà bisogno di dare da mangiare agli animali.
Il poeta sembra quasi sopraffatto dalla constatazione che gli umani che tengono in vita gli animali possano cambiare nel tempo. Come se per una volta toccasse agli animali sopravvivere, invece degli umani.
Era un desiderio anche della scrittrice Anna Maria Ortese, quello di lasciare le bestiole alla Terra, mentre noi uomini mortali ci potevamo congedare, dopo tutti i danni che avevamo perpetrato; ma il poeta Del Colle è più incisivo, perché ha anche rinunciato alle pagine di un romanzo e si deve accontentare della densità di poche parole messe in versi.

L’autore, quindi, sembra dirci che la narrativa di un tempo, ora non è più praticabile, perché potrebbe mancare l’autenticità poetica.
D’altra parte se si leggono poche poesie durante la nostra vita di privilegiati "a cottimo" è perché siamo ossessionati dalla trama. Dove inizia e dove finisce un atto, dove ci sono nomi fittizi, di persone che sono messe in grado di interagire tra loro, tramite i dialoghi e le situazioni e i possibili scenari. Siamo drogati di verosimiglianza e di verosimile: matrimoni, figli, eredità contese, amori nascosti.
Nessuno lo ammetterebbe mai, ma in realtà noi bramiamo la telenovela, il matrimonio per i nostri eroi e figli sani e belli.

La disperazione e il congedo momentaneo ci lasciano di sale, molti ancora ricordano i canti leopardiani come un incubo, prima della notte degli esami di maturità.
Una volta cresciuti la scrittura poetica che davvero ci soddisfa sembra la scelta di un pazzo, che abdica volontariamente al divertimento e alla vita "facile", che la vita non è facile mai, ma è solo il nostro desiderio di immortalità a renderla tale.

Leggo sullo zerbino / di essere il benvenuto / non avete più altro da dire / niente da suggerire / che non sia / il nome e cognome / sulla targhetta / sotto il campanello / inutile vi chieda / perché cadano le braccia / e con loro scivoli / sul pavimento / tutto è in altre mani / in altre braccia / che non mi sorreggono / non so più da quanto / o mi aspettano da sempre / se veramente / fossi la spoglia / di me stesso / in questa penombra.

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Come potete vedere non c’è una parola incomprensibile tra quelle scelte da Paolo Del Colle. Sono i commentatori e i critici quelli che tengono la poesia lontana da quei lettori che invece vorrebbero provare a leggerla.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Stato di insolvenza

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