Resurrezione
- Autore: Lev Nikolaevič Tolstoj
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
Un classico si affronta sempre con una certa riverenza, massimamente se, come nel caso di "Resurrezione" di Tolstoj, si tratta di un libro di quasi 600 pagine che ha come argomento una conversione religiosa e, ancor prima, di vita e d’intenti. La fama di autori, diciamo, “non facili” della quale godono i romanzieri russi completa il quadro e fa sì che non molti, fra i lettori d’oggi, possano vantare la lettura di "Resurrezione", che appartiene peraltro alla produzione più significativa di Tolstoj. Si tratta invece di un libro forse non estremamente appassionante, ma in qualche strano modo scorrevole, malgrado l’incedere lento, fatto di minuziose descrizioni di fatti e conversazioni, lungo una trama tutto sommato lineare e con ben pochi colpi di scena.
Trama - La storia del giovane di buona famiglia che seduce la servetta umile ma onesta, ed in seguito l’abbandona spingendola alla perdizione ed alla prostituzione non era affatto infrequente all’epoca e nell’ambiente frequentato da Tolstoj. La stesura del romanzo prese infatti spunto da un fatto, raccontato all’ormai quasi settantenne Tolstoj da un amico, che risvegliò nella sua mente il ricordo di una situazione analoga capitatagli in gioventù, tanto che il romanzo, ed in particolare le scene di seduzione di Katjuša da parte di Nehljudov (secondo l’abitudine russa, gli uomini vengono designati con il solo cognome, mentre Ekaterina è Katjuša nei ricordi di Nehljudov e “la Màslova” nella dura attualità del tribunale e della detenzione), risvegliò la gelosia della moglie dello scrittore, convinta che il marito provasse compiacimento nel descrivere tali scene, e rivivesse così l’amore perduto. In realtà, l’intento di Tolstoj non era certo quello di ricordare antichi piaceri, ma di esaltare la conversione di un individuo in passato abietto, che sfocia alla fine nella riscoperta del Vangelo. Lo fa raccontando la vicenda del principe Nehljudov, il quale, trovatosi fra i giurati di un processo per omicidio, riconosce in una delle imputate Ekaterina Màslova, la giovane serva delle sue zie che lui, in una notte di Pasqua (trattandosi di resurrezione, l’accostamento è proprio) di tanti anni prima, ha sedotto per poi abbandonare. Apprende così che la giovane, rimasta incinta e dato in adozione il figlio, è diventata una prostituta. Per un mero errore di forma, la Màslova, innocente, viene condannata ai lavori forzati in Siberia: inizia così il vero e proprio calvario di Nehljuodov, che non solo si propone di far sì che venga riparato all’errore, ma addirittura di sposare Katjuša per espiare il proprio peccato. Decide quindi di seguirla nella deportazione, dopo essersi spogliato delle proprie terre per donarle ai contadini, fra la disapprovazione di tutti i conoscenti e la diffidenza dei contadini stessi, e malgrado la tentazione rappresentata da una signora sposata e civettuola, Mariette, presentatagli da una parente. Katjuša, però, non vuole accettare il suo sacrificio...
"Resurrezione" è un romanzo non facile, ma neppure pedante, che ben descrive sia la situazione dei prigionieri russi dell’epoca che contempla, sia la presa di coscienza del principe, una valida riflessione anche per il lettore dei giorni nostri. Un solo appunto: in Nehljudov non vi è mai, neppure da giovane, una vera efferatezza, ma solo il comportarsi “come fanno tutti”: come se già presagisse il proprio cambiamento. D’altronde, è Tolstoj che narra della sua esperienza attraverso di lui, questo è quindi comprensibile anche se rende il personaggio meno “reale”.
RESURREZIONE
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Non c’è il lirismo di Guerra e pace, non ci sono slanci aulici, non c’è il cielo infinito che si estende sopra il principe Andrej. Questo è un romanzo di terra che va verso il cielo, e a tratti con Nehljudov ci si mescola, arrivando alla resurrezione, alla pace interiore. Per tutti gli altri personaggi rimane un romanzi di terra, di fango, di dolore, di cattiveria, di limitatezza dell’animo umano. Tutti tranne uno: percorso per pochi che non dipende da noi. Chissà da cosa dipende.
Nehljudov evolve in modo complesso, con avanzamenti e scoraggiamenti. Lo conosciamo mentre mescola lo zucchero nel caffè col cucchiaino d’argento, e non servono altre parole. La noia, l’inutilità della vita del personaggio, sono nel gesto. L’evoluzione spirituale del personaggio non dipende da lui, né dalla sua volontà; viene guidata da una forza superiore che svela nuove realtà e nuovi modi di vedere e percepire. Il percorso spirituale di Tolstoj viene sovrapposto in modo un artificiale e voluto all’evoluzione del personaggio: Tolstoj voleva arrivare li’, dicendoci cosa era successo a lui.
Il personaggio-capolavoro è la Maslova. Tolstoj non la santifica, e non si appoggia allo stereotipo di donna povera e vittima della società dunque santa, buona, pura. La Maslova non e’ buona, non è santa, non e’ pura. Se fosse stata ricca, o almeno benestante, sarebbe stata più buona? chi può dirlo. Probabilmente no. Lui, il principe, evolve; lei rimane sempre attaccata a terra, non si alleggerisce, non si libra. Tolstoj evita con magistrale cura qualsiasi banalità, ovvietà, stereotipo, zuccherosità. La scena delle carcerate donne che litigano fra loro, che sono cattive fra loro, immerse tutte nella loro miseria, e’ splendida - la mia preferita di tutto il romanzo.
Notevole anche il contesto storico, che manca in senso continuo come in Guerra e pace con la storia nella Storia, ma che fa capire le tensioni sociali (i contadini che rifiutano di diventare proprietari della loro terra!) che poi hanno portato alla storia della Russia moderna e del comunismo. La quantità di terra e l’impossibilità di gestirla con efficacia sono splendidamente illustrate dagli incontri di Nehljudov con i contadini. Sono testi storici (autentici, perché Tolstoj aveva esattamente quelle conversazioni!), oltre che di letteratura.
Cinematografica la scelta di un piano scenico unico e continuo: se inizialmente i due personaggi si alternano, poi si uniscono, e la scena procede come in un unico piano sequenza.
È quasi impossibile credere che Tolstoj abbia scritto questi testi prima che la psicoanalisi fosse conosciuta da molti. Come ha scritto Thomas Mann, che pittore, e che psicologo.