Racconti
- Autore: Anton Cechov
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
Siete anche voi fra coloro che, quando iniziano la lettura di un libro, saltano a pie’ pari le varie introduzioni e cronologie della vita dell’autore? Se è così, vi consiglio di ripensare tale abitudine, non solo perché l’inquadrare un autore nella propria epoca e nella propria situazione è essenziale per la comprensione dei suoi scritti, ma anche perché le prefazioni sono spesso una miniera di informazioni curiose e a volte sorprendenti. Avreste mai detto, per esempio, che Anton Pavlovič Čechov avesse iniziato la propria carriera letteraria scrivendo racconti umoristici da non più di venti righe per un periodico chiamato ”La libellula” e ricavandone non più di sette copeche a riga? Riuscite a immaginare l’autore del libro che avete davanti, di questi racconti che narrano di follia, di morte, di vite insoddisfatte e sprecate, mentre si ingegna per costruire trame e situazioni divertenti, atte solo a provocare un sorriso o, magari, una grassa risata nel lettore? Eppure, già in questa veste l’immenso talento di Čechov doveva essere ben evidente, se è vero che fu la lettera di un allora noto scrittore, Dmitrij Grigorovič, a dargli la spinta per passare a un genere più drammatico e impegnato.
Ecco quindi che i suoi racconti, liberati dal limite delle venti righe, diventano talmente lunghi da essere assimilabili a veri e propri romanzi brevi. Non più obbligato all’effetto comico a tutti i costi, Čechov inizia a dipingere scene di vita, come quadri che ritraggano il quotidiano della gente comune, paesaggi tranquilli ma senza allegria, come giornate di cielo coperto. Scene che non sempre necessitano di una vera e propria conclusione, ma la cui descrizione è così particolareggiata e, allo stesso tempo, descritta con tanta leggerezza e con uno stile così brillante da rendere interessante per il lettore anche lo scorrere di una vita, tutto sommato, abbastanza comune.
Questa raccolta comprende sette racconti, dei quali i primi due, “Una storia noiosa” e “Il reparto n. 6” sono i più lunghi. Il primo racconto rispecchia pienamente il proprio titolo per la mancanza d’azione, essendo una semplice descrizione degli ultimi mesi di vita di un professore e dei suoi rapporti familiari e con la figliastra. Il secondo è invece la storia di un medico che intreccia una singolare amicizia con un ricoverato in un reparto di psichiatria, i cui ragionamenti lo rendono più lucido e interessante della maggior parte delle persone cosiddette “savie”. Purtroppo, in un finale inquietante, il medico viene considerato anch’egli pazzo e rinchiuso egli stesso. Ancora di pazzia si tratta ne “Il monaco nero”, con un tipico esempio di uomo che non riesce ad apprezzare i doni che la vita gli fa, e viene rovinato dalla propria insoddisfazione, e ne “L’uomo nella fodera”, ritratto di una vera e propria nevrosi. Certamente Čechov sente molto la cappa opprimente del destino, che aleggia sopra tutte le figure uscite dalla sua penna, spesso non lasciando loro alcuna scelta. Bisogna però stare attenti, ci fa notare, a chi pretende di sostituirsi al destino stesso e di indicarci la strada da seguire. Si confrontino le scelte, agli antipodi, delle due protagoniste de “La casa col mezzanino” e “La fidanzata”. In sospeso rimane il celeberrimo ”La signora col cagnolino”, ma è solo l’inizio di una via, lunga e perniciosa, ma con la speranza dell’arrivo. E’ il coraggio, sembra dirci Čechov, che può cambiare la nostra vita, renderci forti e resistenti ai colpi delle sventure e della pazzia.
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