Pantumas
- Autore: Salvatore Niffoi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
Amore e sangue si consumano nel mistero dell’esistenza
L’inferno è la patria dell’irreale e di chi cerca la felicità. É un rifugio per chi rifugge dal cielo, che è la patria dei padroni della realtà, e per chi rifugge dalla terra, che è la patria degli schiavi della realtà.
George Bernard Shaw da “Uomo e Superuomo”
In Pantumas (Fantasmi) di Salvatore Niffoi, Feltrinelli 2012, è la sua terra, la Sardegna, il luogo mitico in cui realtà e fantasia hanno un legame fatale e Chentupedes è l’avìto villaggio in cui s’intrecciano le vicende narrate. In un certo senso una saga famigliare ancestrale risalente al 1392, protagonisti i nonni, mannoi Lisandru Niala, noto Zumpeddu, e mannai Rosaria Litzen, coppia di anziani uniti da un amore che sconfina oltre la morte.
Vita, sangue, amore e morte sono le coordinate entro le quali si muovono i personaggi e gli episodi del passato che si succedono e scorrono a ritroso attraverso la pellicola di un film, nel novembre del 1964 a casa Niala: La vita restituita dalle immagini sputate su una parete di calcina turchese come un fondale di cielo barbaricino.
L’io narrante, il nipote Lisandreddu, ricorda i nonni e gli altri capostipiti attraverso il ritrovamento a dir poco mirabolante di una scatola contenente le bobine di pellicola arrotolate, dal vago odore di aceto guasto, recante in alto, all’esterno, una scritta in maiuscolo, Pantumas: pezzi di vita rubati a Lisandru Niala, da restituirgli solo dopo la sua resurrezione. Sotto in corsivo: Finita la visione, tutto deve ritornare dove è venuto, in compagnia di Rosaria. Chi era il regista occulto di una parte dell’esistenza di un uomo? In toni drammatici, poetici, il nonno, resuscitato dopo un anno, mentre guarda il film della sua vita, cambia pelle piano piano e si rimpicciolisce fino a tornare creatura tra le braccia di mannai, e anche lei se ne andò rinsecchita e dolce come una prugna allardata al sale: questa volta andiamo in paradiso insieme.
Niffoi nella premessa riporta come le voci narranti ogni tanto si intrecceranno, si incroceranno, si fonderanno in un impasto di trinciato forte, pece, sangue, miele amaro, polvere e odore di foglie secche mischiate a polvere da sparo. L’io narrante rivive dentro di sé il trapasso del nonno come se avesse dentro la sua anima; la vita ha una sua ciclicità che ad andare e tornare, e vivere e morire siano sempre le stesse persone, solo che per uno strano scherzo del destino, non sanno di avere già vissuto, di essere già morte. Cambia il palcoscenico, ma le maschere e gli attori sono sempre gli stessi. La memoria del nonno, il beato nato e morto due volte, che sta in cielo per volontà di chi l’ha conosciuto, che a sua volta fu, rivive nel mondo arcaico e primitivo degli avi, una visione della vita fatalistica affidata all’immutabilità della natura e ad una saggezza dettata dall’esperienza, mannoi Zumpeddu, uomo pratico, istintivo, con una filosofia della specie che non distingue tra cinghiale e coniglio. Figure forti e tragiche di memoria verghiana campeggiano sullo sfondo di una natura ricca di frutti, ma spesso ingrata verso gli uomini, Dona Juditta Pessato, l’innamorata respinta che nutre vendetta, Luchia Ferathu la spigolatrice e fornicadora, Serafinu Marradu, l’operatore cinematografico… Descrizioni intense…
Il sole, come una bacca d’ambra scura, bucava le nuvole, spumose che salivano verso…La luna era piena di misteri da svelare e cerchiata di rosso, di quel rosso che accende la follia e fa sentire da lontano l’odore dell’amore…
Sinestesie coloristiche e trame stilistiche odorose e pregni...
Odore di ginepro, formaggi, pane crasau
Nostalgia di una civiltà antica, primigenia e autentica fatta di essenzialità e semplicità…
Bastava una manciata di prugne acerbe rubate all’imbrunire a stemperare il fiele della vita.
Tutto il racconto è permeato da un velo di tristura che aleggia sulle esistenze anche quando la vita fa intravedere lampi di fallace felicità.
Non si può non dire che le pagine di questo romanzo non siano inondate di vita, sia pure riflessa e volta verso il passato, da influssi letterari di matrice latino americana alla Marquez presenti come infiltrati stilistici; l’uso della limba (lingua regionale) e la memoria a ritroso del suo piccolo mondo ricco di riti magici e credenze popolari sono peculiari della scrittura di Niffoi.
Salvatore Niffoi (Orani, Nuoro, 1950) è stato insegnante di scuola media fino al 2006. Ha esordito con Collodoro, Solinas 1997, Adelphi 2008, sono seguiti Il viaggio degli inganni, Il postino di Piracherfa, 2000, Cristolu, 2001, La sesta ora, 2003, La leggenda di Redenta Tiria, 2005, La vedova scalza, 2006, premio Campiello, Ritorno a Baraule, 2007, Il pane di Abele, 2009, Il bastone dei miracoli, 2010, Paraìnas. Detti e parole di Barbagia, 2009, I malfatati, 2011, Il lago dei sogni, 2011.
Pantumas
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