

Tre isole. Storie di mare, esilio e dissidenza
- Autore: William Atkins
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2025
La Nuova Caledonia dista 1500 kilometri dall’Australia, è un possedimento francese d’oltremare e dagli anni Ottanta del secolo scorso conosce, a ondate di intensità differenti, movimenti indipendentisti dalla madrepatria europea; Sant’Elena, isolata in pieno Atlantico e ancora più distante dalla terraferma, in questo caso la costa dell’Angola, è diventata celebre per essere stata l’ultima dimora di Napoleone, che qui morì in esilio nel 1821; Sachalin, infine, una delle isole più grandi al mondo e contesa fra Russia e Giappone, è un territorio aspro che condivide le temibili temperature sotto zero con la vicina Siberia. Sono loro le ambientazioni e, insieme, le coprotagoniste di Tre isole. Storie di mare, esilio e dissidenza, il meraviglioso libro di William Atkins edito nel 2025 da Iperborea nella traduzione di Luca Fusari.
L’autore inglese, già pubblicato nel catalogo Adelphi con il volume Un mondo senza confini. Viaggi in luoghi deserti, intesse tutte le pagine del suo libro attorno alla figura di Ovidio, il celebre poeta latino che venne esiliato a Tomi, sulle coste del Mar Nero, e che compose numerosi, celeberrimi versi sulla sua condizione di esule e sul desiderio di fare ritorno a Roma. Tre isole è infatti un libro su “che cosa significa emigrare”, sulla dicotomia fra mente e corpo quando il potere ti relega all’altro angolo del pianeta, sulla nostalgia e su cosa l’imposizione di una nuova terra, fra malessere psicofisico e scoperte inattese, può innescare nel destino di un essere umano. Va da sé che, essendo l’esilio un’azione volta ad annichilire e ostracizzare un individuo considerato pericoloso, l’indagine su questa pratica è anche e soprattutto quella della dissidenza.
Le tre figure di cui Atkins tratteggia la storia sono infatti quelle di tre dissidenti. Louise Michel venne spedita in Nuova Caledonia per la sua partecipazione alla Comune di Parigi, Dinuzulu a Sant’Elena in quanto erede di una dinastia che mal si adattava alle mire imperialistiche inglesi nell’Africa meridionale e, infine, Štenberg fu tra i milioni di dissidenti che la Russia, fra impero prima e Unione Sovietica poi, relegò nella Siberia estrema per le mire antizariste. Dei tre destini l’autore ripercorre tutta l’esistenza, soffermandosi soprattutto sui lunghi viaggi ai quali furono costretti.
Se l’esilio, come spesso si racconta, è una forma di tortura, forse la sua fase più crudele è il viaggio stesso, quando il filo che lega l’esule alla sua terra si tende fino alla massima lunghezza tollerabile; quando il prigioniero diventa qualcos’altro, qualcosa di più miserando e di più ambiguo; e quando, nella maggior parte dei casi, la stabilità della terra cede il posto all’incertezza dell’acqua.
Una volta giunti in queste terre estreme, i tre dissidenti, oltre alle ripercussioni fisiche e psichiche, manifestano tre maniere differenti ma complementari di adattamento al nuovo orizzonte. Se la militante parigina infatti mantiene intatta la sua indole e i suoi interessi, imperniati sull’educazione e sul rispetto della natura, l’erede al trono zulu invece vede smaterializzarsi la sua cultura e passa ben presto dagli abiti tipici delle sue tribù alla bombetta inglese; ma il più sorprendente dei mutamenti, l’adattamento più prolifico è quello di Štenberg che, nella steppa gelida dell’isola di Sachalin abitata dagli autoctoni che verranno pian piano invasi e annullati dall’arrivo dei russi (soprattutto con la scoperta successiva dei giacimenti petroliferi), inizierà un imponente lavoro antropologico che lo farà diventare il padre dell’etnografia nel suo paese.
Attraversare queste storie permette così a William Atkins di sondare molte più tematiche di quelle promesse del marchio dei loro destini; nelle sue pagine si legge di accoglienza, di coabitazione fra popoli originari e stranieri, di osservazione della natura, di nostalgia e scoperta, di climi che modificano i percorsi di vita, dell’emigrazione certo, così come del colonialismo e della sua spinta opposta, ma anche e ancora di diari, lettere e rapporti genitori-figli. È tutto il pesante fardello della natura ibrida da semivivo a metà morto dell’esule a chiamarle in causa.
Sentirsi morti in vita: il lamento di tutti gli esuli. Già duemila anni prima Ovidio non solo pensava che avrebbe potuto essere un morto, ma per davvero credeva che la sua vita fosse finita nel momento in cui aveva abbandonato Roma. Senz’altro, dietro l’impressione di sentirsi “vivi dopo essere stati uccisi” si cela un’ansia secondaria: che per la tua gente – compatrioti, sudditi, figli – sei a tutti gli effetti morto. Le tue lettere ricevono sempre meno risposte, il ricordo della tua faccia sbiadisce dalla memoria, le parole di elogio per te si fanno più vaghe e rare.
Come se avesse appreso ben prima della stesura del libro la lezione più importante, Atkins aggiunge ai suoi resoconti un ultimo elemento fondamentale: sé stesso. A inframmezzare le vicende dolorose e i viaggi nauseanti, infatti, c’è anche la narrazione degli itinerari estremi che l’autore stesso ha compiuto in queste tre isole, dato che rende il suo libro un prezioso esempio di osservazione partecipante, come nella migliore letteratura antropologica.
Mentre guardavo un panorama che Dinuzulu aveva trovato familiare - la costa e il mare immutabile, la fissazione di ogni esule - mi rendevo conto di essere venuto qui per lo stesso motivo che mi aveva portato in Nuova Caledonia: una convinzione che non riuscivo a zittire, che la traccia di qualsiasi presenza in qualche modo rimane. Ma credere alle tracce non vuol dire credere ai fantasmi. Venire qui era stato come andare in visita a un luogo a cui un tuo caro estinto era affezionato. Ci sembrano più vicini là che altrove.

Tre isole. Storie di mare, esilio e dissidenza
Amazon.it: 18,52 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tre isole. Storie di mare, esilio e dissidenza
Lascia il tuo commento