

Occhi di vetro
- Autore: Henry James
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2024
L’occhio sociale si impone come mezzo restrittivo della libertà, propria e altrui. Per dirla come Sartre, l’inferno sono gli altri (e noi per gli altri) in quanto limitatori delle condotte negli ambiti di agito pubblico. Va detto anche che il focus di osservazione sociale risulta limitarsi alle apparenze (l’abito che fa il monaco), e dunque si (im)pone come sguardo giudicante benchè miope, ottuso, distratto, incapace di pervenire a ciò che plausibilmente potrebbe definire più autenticamente l’altro da sè. Stando a quanto scrive Henry James, soltanto all’occhio di un abile ritrattista sarebbe dato cogliere l’altrimenti nascosto del soggetto rappresentato. Occhi di vetro, notevole romanzo breve del romanziere statunitense naturalizzato britannico (Edizioni Paginauno, 2024, traduzione di Elisabetta Groppo) è costruito e declinabile secondo la dorsale di apparenza/inapparenza.
Alla luce fittizia della mondanità di fine Ottocento (1896), Flora Saunt – fascinoso motore immobile e polo attrattivo della trama – è una ragazza che sa il fatto suo. Consapevole dell’ascendente esercitato su chiunque si soffermi ad ammirarne la bellezza, necessita di un matrimonio agiato che, secondo le convenzioni dell’epoca, possa garantirle futuro economico e visibilità sociale. Rimasta orfana precocemente - rendita precaria e mal gestita, nessun mentore degno di tal nome – è circondata da frotte di corteggiatori ma l’incombere di una grave malattia agli occhi potrebbe tuttavia mandare a monte gli obiettivi, forzandola alla scelta fra essere e apparire (tradotto in modo soltanto apparentemente banale: preservare l’avvenenza a rischio della cecità, oppure sottomettersi all’inestetismo degli ingombranti occhiali del tempo?). Fra i pretendenti della donna più affidabili ci sono Geoffrey Dawling e il nobilotto lord Iffield. Testimone della vocazione alla bella vita di Flora - e parimenti del trasporto che Dawling, in primo luogo, sperimenta per lei - il pittore-io narrante che dopo averne effigiato il bel volto, annota le stazioni di un ontologico gioco di ruolo, edificato su bugie, arrivismo, pene d’amore, pantomime e convezioni sociali, così che il ritratto della giovane donna, si completi del suo più dicotomico quadro interiore.
Più o meno inconsciamente condizionati dalla sua doppia estrazione (inglese-americana), gli scritti di Henry James si attestano all’interno di una dualità che emblematizza il confronto tra vecchio e nuovo mondo. Da una parte l’Europa culturalmente attraente e raffinata, dall’altra un’America temeraria e sicura di sé ma succube di un pernicioso puritanesimo sociale. L’incontro/scontro fra le due culture pregna larga parte della psicologia dei personaggi jamesiani, rappresentativi di culture, sfere sociali, epoche, forse prima ancora che di sé stessi. Ed è in questo sostrato evidente che viene a incistarsi il livello ulteriore – intimo, personale - dei personaggi, soggetti a un dibattimento psicologico alimentato dall’ambiente sociale. Occhi di vetro non fa eccezione: in un contesto comunitario ipocrita e di maniera, si innesta infatti la pantomima di maschere e di ruoli che condizionano corpo e anima di coloro i quali decidano di prestarsi a una recita senza soluzione di continuità.
Riassume efficacemente Elisabetta Groppo in posfazione:
Henry James ribadisce qui il suo interesse per la condizione femminile, in un’epoca di passaggio, fulminata da progresso e innovazioni tecnologiche. Ma per le donne l’emancipazione è ancora frenata e le sue eroine, o antieroine, finiscono comunque considerate alla stregua di pezzi da collezione, tanto che Geoffrey Dawling e Lord Iffield sembrano più agguerriti sulle riproduzioni di Flora e sulle sue possibilità in società che al destino della salute. È il narratore, in quanto pittore, che scorge l’inevitabile ma ipocrita trasformazione che si compirà in Flora, la dipinge rammentandola e raccontandoci la sua esperienza di testimone.

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