Nel legno e nella pietra di Mauro Corona

Scalare una montagna è spesso metafora di vita.
Una metafora che prende corpo in questo libro, fatto di umane vicende, di umani errori, di umani insegnamenti, di lacrime, di vino. "Nel legno e nella pietra", con i suoi novantatré piccoli racconti, incisioni di una vita, fa parlare la montagna, quella vissuta, quella vera, autentica, popolare. Perché Mauro Corona è figlio della montagna e ama penetrare i suoi intimi segreti.

Un’intimità che viene svelata lentamente al lettore, perché frutto di una vita, di una bevuta tra amici al bar, di una scalata non riuscita. Una natura che fa pagare a caro prezzo le sue meraviglie e le sue vette di bellezza e che rivela la sua dura legge nello scorrere delle pagine. A volte impervie, a volte docili, come un ruscello di montagna. Sullo sfondo del Vajont e della sua tragedia si animano boscaioli, scalatori, scalpellini, cavatori, bracconieri. Madri, vecchine, streghe. Tutti figli della montagna, una mamma, una divinità, crudele e protettiva insieme.

In questo libro si condensa tutta l’umanità dell’impotenza, si condensano le lacrime dei più burberi e impenetrabili uomini di montagna, si condensa la nostalgia per un paese-culla che non c’è più. Le pagine sono asciutte, essenziali, scolpite in poche battute, così da raggiungere subito l’anima, il nucleo. Una lezione che Mauro impara dal nonno, abile intagliatore. Mi piace pensare che la "vocina" che nelle sue arrampicate l’ha più volte salvato dalla morte sicura fosse il battito immortale della letteratura, il richiamo della poesia.

L’autrice di questa recensione è una scrittrice emergente che partecipa alla nostra iniziativa "Uno scrittore ci racconta un libro": clicca sul Suo nome per conoscerla meglio!