Mi manca il Novecento. Libri, scrittori e altre divagazioni
- Autore: Nicola Vacca
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Nicola Vacca, scrittore, poeta, giornalista e critico letterario scrive degli autori del Novecento che gli sono rimasti nel cuore e dunque non si riferisce solo a nomi famosissimi, ma anche agli autori abbandonati o obliati, che non hanno avuto ristampe.
In un paese che legge sempre meno, perché se le copie vendute sono aumentate è solo grazie ai lettori forti, ma non ci sono “lettori nuovi” all’orizzonte. E poi sono i libri più venduti oggi spesso gialli, noir e romance.
Non solo per questo, ma il libro saggio di Nicola Vacca dal titolo Mi manca il Novecento. Libri, scrittori e altre divagazioni (Galaad edizioni, 2024) ha il sapore delle cose perdute, quando gli scrittori scrivevano qualcosa di importante e non come adesso che siamo subissati da romanzi consolatori o da storie romanzate che raccontano in modo semplice intrecci e misteri.
Quasi come un avvertimento lo studioso inizia citando il libro Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, dove un vecchio giornalista portoghese aiuta due ragazzi che si battono contro la dittatura di Salazar.
Lui era già pronto per morire, ma improvvisamente capisce che ha un ruolo, una mente, un corpo. E delle responsabilità per i giovani che restano in Portogallo. Un romanzo civile per lettori civili, sempre meno. E poi è la volta di Ennio Flaiano, conosciuto più come sceneggiatore. Nel libro La solitudine del satiro c’è l’amarezza e lo sberleffo che gli si rivoltano contro: chi ha più voglia di leggerlo?
Di Pasolini non scrivo, ma non perché lo studioso dica su di lui cose non condivisibili, ma perché credo sia solo un omaggio come anche quello per Tondelli. Un omaggio da leggere chiaramente perché poi sceglie per i due autori il suo punto di vista e delle considerazioni nuove.
Poi dà pennellate colte e motivate a scrittori stranieri, come lo svedese Stig Dagerman e il suo male di vivere, che lo portò al suicidio a soli trentun anni. Il suo libro Il nostro bisogno di consolazione contiene parole che feriscono, che ci lasciano graffi sulla pelle.
Poi, come in una sorta di umoralità divagatoria, passiamo a Guido Morselli che, se non avete letto nessuno dei suoi libri usciti per i tipi di Adelphi, spero vi informerete.
Poi andiamo in Francia con Albert Camus, il cui libro La caduta fu pubblicato nel 1956, importante riflessione romanzo sulla colpevolezza e l’ambiguità morale degli esseri umani.
Di Emil Cioran, che leggeva i mistici, la grande delusione esistenziale di non credere a Dio, perché sarebbe folle aver creato gli esseri umani nel modo in cui siamo.
Lo studioso Vacca trova per caso, in un viaggio a Venezia, in una libreria, il libro Ribellione e morte, i testi politici di Camus.
Il motivo di tanta contentezza ce lo dice lui stesso:
Gli articoli di fondo devono avere un fondo, sostiene Camus, con una vis polemica dirompente, e le notizie false e dubbiose, non devono essere presenti come vere. Le parole dello scrittore arrivano fino a noi e le sue affermazioni sembrano scritte per questa epoca di giornalismo falso, ipocrita e servile che si nutre di fake news.
Certo questa scelta di Vacca di inserire solo scrittori uomini, per chi non conosce l’autore, sembra maschilismo. Ma è vero il contrario, mancavano tra i suoi scritti pagine di soli uomini, perché in un passato prossimo si è dedicato alle autrici di versi poetici.
Dopo aver chiesto a noi lettori perché siamo così indifferenti ad Alberto Moravia, saltando nomi importanti per giungere a uno scrittore che non è mai piaciuto all’intellighenzia italiana, ovvero Curzio Malaparte.
Milan Kundera scrive che Malaparte nel suo libro La pelle fa del male a sé stesso e agli altri. E che lui non è un giornalista, ma un poeta. Chi scrive pensa che non c’è più tempo per rivalutare Malaparte, perché ci piace stare in una coerenza pilatesca. E poi perché gli uomini, appunto, non leggono più, solo qualche saggio e il peso delle vendite editoriali grava ormai su ragazze, mogli e fidanzate e nonne. E decidono le donne cosa leggere e cosa buttare. Ecco Malaparte è da buttare - e amen.
E poi saltando a piè pari scrittori di levatura come Leonardo Sciascia, ma solo perché la recensione di un libro deve indirizzare, né fare un catalogo, né atteggiarsi a critico improbabile.
Non dimentichiamo però Antonio Porta, che ormai non legge nessuno, anche se è uscito in edizione economica Mondadori con tutte le sue poesie più belle, ma nel 1998 e poi mai più ristampato. Oltre che poeta, Antonio Porta era un intellettuale che diceva una cosa rivoluzionaria ai suoi tempi, mentre ora il bisogno di cambiare nella poesia, di usare parole nuove e costrutti sintattici “anomali” è una cosa pacifica, almeno per alcuni poeti.
Finisco qui, pur sapendo che lascio alla vostra curiosità Marcel Proust e Emil Cioran, già citato, due giganti, tra gli altri. Non dimenticheremo la passione e l’appeal dell’intellettuale Nicola Vacca.
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