Il nostro bisogno di consolazione
- Autore: Stig Dagerman
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Iperborea
"L’unica cosa che mi importa e quella che non ottengo mai: l’assicurazione che le mie parole hanno toccato il cuore del mondo."
Questo passo è forse tra i più significativi del libro Il nostro bisogno di consolazione, pubblicato da Iperborea (ultima ed. 2015, trad. Fulvio Ferrari), dello scrittore svedese Stig Dagerman, fondamentale per comprendere la natura di quest’opera considerata da molti il vero testamento spirituale dell’autore.
Non si tratta di un romanzo, ma di un monologo caratterizzato da una serie di riflessioni e pensieri sulla propria condizione e quella del genere umano nella società contemporanea, dove l’appartenenza a un modello culturale prestabilito, l’aspettativa delle persone, la competizione sfrenata, la ricerca della fama e del consenso popolare sembrano più importanti del diritto di difendere, mantenere e rispettare l’unicità di ogni singola persona.
L’attualità di quest’opera risulta subito evidente, nonostante l’autore sia vissuto tra il 1923 e il 1954 in una Svezia certamente diversa, eppure al tempo stesso così simile a quella odierna, come d’altronde tutto il mondo occidentale dei nostri giorni. Sembra un grido di dolore, una richiesta d’aiuto quella dell’autore, che sa di non poterla vedere accolta, almeno non nel modo da lui auspicato.
Nato ad Älvkarleby, paese situato nella Svezia centrale a circa 80 km da Uppsala, scrittore di indiscutibile talento, nella sua breve esistenza terrena Stig Dagerman ha scritto tantissimo lasciandoci in eredita una varietà di testi di ogni genere: dagli articoli giornalistici pubblicati su vari giornali e riviste politiche negli anni Quaranta a raccolte poetiche, fino a romanzi, racconti e drammi sempre di grande spessore non solo sul piano dialettico e stilistico, ma anche su quello umano e morale. La precoce popolarità raggiunta grazie alla quantità e qualità dei suoi scritti in patria divenne ai suoi occhi una sorta di trappola per un giovane come lui dotato di straordinaria sensibilità, piuttosto che un’occasione di visibilità e realizzazione personale.
Stig Dagerman infatti era un idealista, di formazione socialista, ma che ben presto abbracciò ideali anarchici. Per lui la politica doveva perseguire scopi nobili, mettersi alla ricerca del bene comune, non certo praticare giochi di potere e fare facili promesse inutili e oltretutto assai dannose al popolo.
La sua attività di scrittore era finalizzata alla conoscenza dei fatti in ambito politico, storico, pedagogico ed etico, ma anche all’espressione della creatività attraverso la poesia e la narrativa, come strumenti indispensabili per mantenere vivo quel desiderio di liberta attraverso l’immaginazione.
Bellissime le sue parole. A tal proposito che si possono trovare nell’opera Perché i bambini devono ubbidire?, pubblicata anch’essa da Iperborea, un’antologia di poesie, scritti pedagogici e racconti che hanno come tema portante il mondo dei bambini e il loro rapporto con gli adulti:
"Io mi sono abituato molto presto a "inventare". La realtà — parola troppo sofisticata — è diventata più calorosa, interessante e divertente da osservare, se modificata un po’. Non troppo, giusto quanto bastava."
La scrittura come strumento quindi per modificare la realtà e renderla più accettabile, più sopportabile, creando un mondo più misurato, più rassicurante, senza eliminare anche gli aspetti più dolorosi, ma creando un mondo meno spietato per quanto senza dubbio verosimile.
Il nostro bisogno di consolazione, scritto in un momento particolare della vita di Stig Dagerman, nel quale una crisi creativa lo aveva portato a bloccarsi e a decidere di non scrivere più temendo di aver perso il proprio talento o di soffocarlo, continuando ad assecondare le richieste produttive di una società competitiva che nutriva molte aspettative su di lui, ma che egli non sentiva più di poter soddisfare.
Scrivere per lui diventa un obbligo, non un’esigenza interiore, ma tale senso finisce per schiacciarlo al punto da provare per questo un forte senso di ribellione che lo porta ad affermare in questo libro:
"Non il dovere prima di tutto, prima di tutto la vita!"
Nasce da questa consapevolezza questa struggente opera di Dagerman, dove si nasconde un’infelicità profonda, quasi un male di vivere, che va ricercato anche in un’infanzia difficile, dove la figura paterna per troppi anni è mancata, compensata solo in parte dall’affetto dei nonni paterni, che si occuparono dello scrittore per tutto il periodo della crescita, date le condizioni economiche difficili di entrambi i suoi genitori, i quali non erano sposati al momento della sua nascita e che in seguito si separarono.
La sua enorme sensibilità lo ha portato ben presto a vedere nella scrittura una risorsa fondamentale nella sua vita, ma "quel bisogno di consolazione" che l’essere umano va ricercando per natura nella propria vita, e che Thomas Mann afferma di vedere soddisfatto attraverso l’affermazione "l’arte è una consolazione", in Stig Dagerman non trova invece una risposta efficace. Un uomo che inoltre dichiara apertamente di non avere fede, ecco spiegato il motivo del senso di vuoto profondo che a poco a poco lo attanagliò.
Stig Dagerman ammette l’esistenza di quello che lui definisce "il miracolo della liberazione", cioè "l’improvvisa scoperta che nessuno, nessuna potenza e nessun essere umano possa esigere tanto da far dileguare la mia voglia di vivere".
La felicità vera secondo lui non esiste e questo suo diritto di cercarla non verrà mai soddisfatto perché la beatitudine e la bellezza della vita esistono soltanto in una dimensione al di là del tempo.
Infatti:
"L’uomo non ha bisogno di una consolazione che sia un gioco di parole, ma di una consolazione che illumini."
Questo piccolo libro andrebbe comunque letto più volte per comprenderlo meglio. Infatti può risultare inizialmente molto complesso, ma rileggendolo si possono capire e apprezzare meglio tanti passaggi che possono in un primo momento apparire poco chiari e la brevità del testo aiuta in questo senso.
Il nostro bisogno di consolazione (titolo originale dell’opera Vårt behov av tröst) è stato pubblicato all’interno di un periodico per la prima volta in Svezia nel 1952 e in Italia nel 1991 con l’introduzione molto interessante e la traduzione ottima di Fulvio Ferrari. L’opera è stata in seguito più volte ristampata da Iperborea ed è a oggi tra i primi dieci titoli più venduti di sempre all’interno del catalogo di questa casa editrice.
Il libro in italiano è preceduto da una poesia satirica, ma anche un po’ amara, scritta in difesa dei poveri, intitolata Attenti al cane, che Stig Dagerman consegnò al quotidiano svedese del movimento anarchico "Arbetaren" dove lavorava, il 4 novembre 1954, giorno nel quale si tolse la vita all’età di soli trentuno anni.
Chi scrive ritiene che forse, molto umilmente, questo straordinario scrittore svedese si sia almeno in parte sbagliato, affermando di non ottenere mai "l’assicurazione che le mie parole hanno toccato il cuore del mondo". Infatti se anche solo in qualche parte del mondo, magari in Italia perché no, egli fosse riuscito a toccare il cuore di qualche lettore, pur non arrivando al mondo intero, tutto quello che ha scritto, compreso questo libro, per quanto duro e privo di ogni speranza nel raggiungimento della felicità da parte dell’uomo, non sarebbe vano.
A trent’anni dalla prima pubblicazione in Italia è doveroso ricordare e consigliare Il nostro bisogno di consolazione soprattutto a coloro che desiderano mettere alla prova la propria intelligenza, credono ancora negli ideali e amano le sfide che la vita ci riserva.
Il nostro bisogno di consolazione
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il nostro bisogno di consolazione
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