

Lo sguardo buio
- Autore: Natascia Ronchetti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2025
Lo sguardo è buio quando quello che abbiamo dinanzi a noi non ci fa sentire al sicuro come lo era per Alida, o quando ci si sente un’estranea, quello che Marina era agli occhi di suo marito, o quello di Anna che si rifugiava nell’ira per protesta; uno sguardo buio raccoglie tutte le emozioni e il sentire che rimangono celati nel proprio animo, la passione, l’amore, il sogno, mai svelati e mai narrati se non magistralmente ne Lo sguardo buio (Aiep Editore, 2025), primo romanzo di Natascia Ronchetti, giornalista per diverse testate nazionali, “Il Fatto Quotidiano”, “L’Espresso” e “Il Sole 24 Ore”. Un romanzo corale, potente e toccante sull’esistenza femminile nell’arco della prima metà del nostro Novecento, un romanzo di donne e le loro storie familiari, ritratte come madri, figlie e mogli, nella tragedia della guerra e nella speranza di tempi migliori.
Lo sguardo buio è quello di Marina, Anna, Alida, Anita, scrive Camilla Ghedini, è quello che nel Novecento consumato dalla Seconda Guerra mondiale, dalle leggi razziali, dalle tessere annonarie e da una società patriarcale, avevano le donne. Anna nacque la mattina dell’invasione della Polonia e da lì a poco l’Università di Bologna avrebbe vietato la frequenza agli studenti ebrei e l’antico ghetto avrebbe cambiato nome. I venti di guerra erano imminenti. La secondogenita di Marina, dopo Alida, era bellissima con i suoi capelli folti e il visino grinzoso. Avrà inizio così il racconto della voce narrante sulla sua famiglia e sulle donne che ne facevano parte, una storia sulla rassegnazione e sulla ribellione, dagli albori del fascismo che esaltava la donna madre e proprietà del marito alle donne delle nuove generazioni, determinate a volere il loro posto nel mondo e a scegliere il loro destino.
Anna si presentava al mondo nella casa dei suoi genitori, con le grandi finestre che si affacciavano sui giardini Margherita nel centro storico di Bologna. Claudio, il padre, insegnante al liceo di latino e greco, all’inizio vedeva di buon occhio il partito fascista, ma l’omicidio Matteotti lo allontanò dal seguirne gli ideali. Marina, la madre, di famiglia ricca, insegnava ai bambini delle elementari, per lo più figli di operai e piccoli artigiani, e si adoperava affinché l’analfabetismo, “la peggiore delle schiavitù”, fosse debellato. Anita era cresciuta a loro servizio, si occupava delle bambine e della casa; la sua intelligenza era la pazienza, con la quale si muoveva da una stanza all’altra per spazzare e pulire. La preoccupazione della guerra era onnipresente in Marina, con l’impossibilità di scorgere il futuro: Mussolini l’aveva dichiarata tra le grida di una folla entusiasta. Sentiva forte in lei il senso di una imminente disfatta. E poi correva con il pensiero a Claudio e alle sue tante amanti. Non c’era mai stato il perdono, né abbracci, né lacrime. Lui amava sentirsi il padrone e cosa lei avrebbe potuto mai fare, forse andare via insieme alle due bambine, e dove? Marina si muoveva nella sua casa senza più tristezza, quella l’aveva sepolta, e senza più rabbia. Aveva imparato a separare il suo mondo interiore, spesso in tempesta, da tutto quello che la circondava.
Ha costruito una corazza che le fa orrore e al tempo stesso la preserva da quelle tumultuose emozioni e da quei sentimenti roventi che si agitano dentro di lei come serpenti velenosi, aggrovigliandosi. È la sua gabbia.
Viveva in un mondo che non le offriva nessuno spazio di libertà e nel quale sarebbe rimasta intrappolata a vita nel suo infelice matrimonio. E poi la guerra, le bombe su Bologna, le corse nei rifugi e la fame che stringeva nella morsa la città. Si era rassegnati a sconfitte e dolori. Alida diventava sempre più bella e cresceva nella sua prigione di mitezza, di paure, con le sue difficoltà nell’apprendimento, neanche il collegio l’avrebbe fortificata. Anna sempre più battagliera, mai domata, convinta che prima o poi da quella casa sarebbe scappata, con il sogno di diventare una scrittrice some Grazia Deledda e Sibilla Aleramo.
Intanto la città liberata dalla forze polacche era pronta a rialzarsi. Marina sempre più rintanata nell’inerzia e risentita nei confronti dei tradimenti e del dispotismo di Claudio, un uomo che dichiarava la sua fede socialista e democratica. Com’era possibile?
E quell’angoscia è un pozzo oscuro nel quale scorge, in fondo, il proprio volto scavato, l’acrimonia e il vuoto che sente dentro di sé, un vuoto senza speranza.
Claudio non si sentiva in colpa per le sue avventure, né provava rimorso “nel cercare di raddrizzare le figlie a colpi di cinghia”: era un uomo ed era il padre. Nel frattempo Bologna cresceva e si espandeva, allontanando il ricordo delle ferite lasciate dalla guerra. Una città in pieno fervore che seppe accogliere il congresso nazionale del Partito Socialista con Nenni e Pertini; Vittorio De Sica con il suo film Umberto D e Gino Bartali che vinse il Giro d’Italia. Nelle strade risuonavano le note del rock and roll e del twist; nascevano circoli letterari e teatri, si aprivano cinema e biblioteche comunali. Erano gli anni del miracolo economico, anni pieni di promesse e di benessere per molti.
Lo sguardo buio è una coinvolgente lettura che indaga sulle proprie radici familiari, nella quale la famiglia diviene veicolo tematico per tratteggiare gli sconvolgimenti della Storia, e attraverso una vicenda privata la storia di una comunità, della nostra società: solide tradizioni e legami senza felicità, remissività e sopportazione, mestizia e poi la ribellione che ha dato origine a una nuova era di speranza e di lotta per noi donne.

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