

Lo sentore de le streghe. Una nuova indagine per il commissario Ludovico Ariosto
- Autore: Lida Coltelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Una mano nell’ombra miete le sue vittime, nel 1522. Ancora un giallo storico di Lida Coltelli e ancora il poeta e commediografo Ariosto sugli scudi. Non tanto nei panni di letterato ma di governatore e anche inquirente ante litteram, nel mal sopportato esilio per assolvere all’incarico amministrativo in Garfagnana, tanto diversa dall’amata pianura emiliana orientale. L’insegnante e scrittrice lucchese (risiede col marito e le figlie gemelle a Donoratico) è al terzo poliziesco in costume, Lo sentore de le streghe. Una nuova indagine per il commissario Ludovico Ariosto, pubblicato mesi fa da Tralerighe Libri (aprile 2024, collana Nero, 344 pagine).
Il racconto sempre brillante della narratrice toscana di storie di cappa, spada, assassini e belle lettere, è insolitamente anticipato da un disegno (che associa due giovani uomini barbuti e due ragazze con ampie capigliature). Ci sono anche tre cartine, di Castelnuovo, dei possedimenti estensi nel territorio del fiume Serchio e del centro di Ferrara nel XVI secolo. Questo dice tanto, se non tutto, sulla nitidezza grafica impeccabile delle pubblicazioni dell’editore Andrea Giannasi (Tralerighe: “libri come pietre d’angolo”) e sull’attenzione riservata ai romanzi, pur in un catalogo che propone in prevalenza titoli di storia militare.
Prima di precisare, come premessa indispensabile, le ragioni dell’incombenza garfagnina poco gradita dal commissario generale estense nella Toscana nordoccidentale, occorre ricordare i due titoli precedenti dell’Ariosto confinato nella Rocca di Castelnuovo: Et in bona gratia e Il calzare della sposa, usciti nel 2021 e nel 2022, sempre per i tipi della casa editrice di Lucca.
Inoltre, sempre a riprova della qualità della confezione editoriale e delle assidue ricerche storiche preliminari della professoressa Coltelli, spiccano in appendice le quasi venti pagine di glossario alfabetico dei vocaboli, dei luoghi e dei personaggi. Si va da Adriano VI papa, eletto nel 1522 successore di Leone X, a zara, il nostro azzardo, dall’arabo zahar, passando tra i tanti altri lemmi da caciaro, venditore di formaggio, pastore, a limosina, elemosina, fino a pitale, vaso da notte, e fola, favola, novella.
Gli Estensi erano tornati in possesso dei territori occupati in Garfagnana dopo la lunga contesa con il Papato (Giulio II e Leone X). Ariosto venne nominato governatore e giunse il 20 febbraio 1522 a Castelnovo, prendendo possesso della Rocca per i tre anni a venire. Un compito difficile, in un territorio il cui governo appariva all’intellettuale una “infausta condanna”: economicamente deficitario, attanagliato da problemi endemici, conteso tra troppi signori, infestato da ladri e briganti, abitato da gente orgogliosa e poco disposta a sottomettersi. Insomma, un’impresa ardua per chiunque.
Operavano almeno tre bande di temuti capi briganti. Gli “assassinamenti” erano all’ordine del giorno. Prestato a un ruolo meno congeniale delle amate lettere, costretto a occuparsi di furti, omicidi, “liti sempre e gridi”, odi, vendette “et ire” (dovendone pure rimuovere le cause), Ariosto si adoperava a migliorare la situazione. Passava molto tempo a compilare registri, scrivere dispacci, tenere in ordine i conti e tempestare il duca Alfonso di lamentele. Ben 137 lettere. Inascoltate (il mandato proseguì fino al 31 maggio 1525).
Inguaribilmente afflitto, messer Ludovico, il governatore? Al momento si direbbe di no, almeno in avvio del terzo episodio (sono in continuità, ma si possono leggere anche indipendentemente l’uno dagli altri). Il giovane e fidato aiutante di governo a Castelnuovo, Jacopo il barricello - bargello, responsabile dei servizi di polizia - lo descrive sorridente, dopo la notizia arrivata da Ferrara durante la prima estate in Garfagnana.
Il duca Alfonso I d’Este lo ha richiamato temporaneamente. Nell’annunciare la partenza, il poeta era euforico, felice come un bambino con in mano il dono tanto atteso. I primi mesi in Garfagnana non dovevano essere stati facili per un uomo che non aspirava a incarichi di potere e provava nostalgia per i tanti affetti lasciati a casa. L’intuito aveva suggerito a Jacopo che ci fosse di mezzo una donna. Infatti, nel chiedere ad Ariosto la mano della sua domestica Velia e aspettandosi una reazione negativa, lo aveva sentito invece vantarsi d’avere capito da tempo cosa stesse bollendo in pentola e complimentarsi con lui per l’ottima scelta, pur rimproverando bonariamente di volerlo privare di una valida risorsa.
A questo punto, chi è più in pensiero è proprio Jacopo. Oltre alle preoccupazioni costanti causate dai briganti, si sta verificando di peggio nella loro terra. Il povero Armando ha perso la figlia di quindici mesi. Era bella e vitale come sempre, poi una febbre leggera, un pianto irrefrenabile e a concludere l’ultimo respiro. La mortalità infantile era diffusa, ma lo strazio è devastante per i genitori. Il barricello li ha visti tornare addolorati dal cimitero, accompagnati dai compaesani. Qualcuno si è lasciato prendere dalla superstizione, accusando un uomo, Astolfo, d’avere “guardato” la piccola Lucrezia. Basta poco per scatenare la reazione emotiva della gente, che cerca di scacciare il male vedendolo negli altri. “Strego” lui, l’Astolfo, col suo maligno gatto nero e streghe “ancho le su’ figliole”, come la mamma e il nonno, conosciuti “streghi” per voce pubblica.
Il germe del sospetto si diffonde nell’alto Lucchese, per quanto di stregonerie si chiacchieri molto anche laddove Ludovico si compiace delle vacanze e dell’amore di Alessandra. Febbri infantili e malocchio a parte, ecco nella Ferrara dei duchi Estensi, come nella Garfagnana estense, ancora cadaveri. Ancora giovani vittime. Ancora lo zampino delle streghe?
La storia cresce, condotta con maestria da Lida Coltelli, che racconta vicende a volte affilate come lame, a volte convulse come tumulti di folla, ma sempre avvincenti, da vera maga della narrativa d’azione.

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