Il libretto della vita dopo la morte
- Autore: Gustav Theodor Fechner
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2014
Gustav Theodor Fechner (1801 - 1887) è stato il padre della psicofisica, da cui è nata la psicologia sperimentale, che studia la psiche con mezzi statistico-matematici. Questo settore della scienza affronta questioni di vitale importanza, riguardanti il modo in cui ciascuno sente e si emoziona, pensa, decide, ma apre anche interrogativi sulla finalità e sulla durata della psiche. La psicofisica studia le interferenze psichiche fra individuo e individuo, fra realtà esterna e interna.
È di Fechner l’equazione che porta il suo nome, “formula di Fechner”, in grado di quantificare il rapporto tra stimolo fisico e sensazione corrispondente, definito “rapporto tra anima e materia”. Lo scienziato afferma che:
“Perché l’intensità di una sensazione cresca in progressione aritmetica, lo stimolo deve accrescersi in progressione geometrica”.
Sappiamo cosa sia la crescita degli stimoli, specie quando siamo innamorati, o impauriti, angosciati, stroncati da un lutto o da un abbandono.
La visione del mondo di Fechner è panpsichica, per lui tutto possiede anima e in virtù di ciò egli ipotizza la sopravvivenza dell’anima individuale post mortem. Lo fa in un libro smilzo, ma densissimo, Il libretto della vita dopo la morte (Adelphi, 2014, trad. E. Sola), da leggere come si legge un libro giallo, con il fiato sospeso sulla domanda essenziale: che ne sarà di noi? Il tono è quello dell’osservatore attento ai fenomeni della natura.
La prima cosa che viene posta in evidenza è il carattere osmotico della psiche: ogni moto dell’anima tende naturalmente a travasarsi in un’altra anima; lo fa in base ad affinità elettive, ma pure attraverso lotte fra sensazioni ed emozioni antagoniste. La seconda legge ricordata è l’indistruttibilità di ogni particella di materia-anima, per cui se nulla si distrugge, anche il nostro psichismo non sarà perduto. Il sillogismo è perfetto e logico.
Altro punto essenziale da tenere presente è il fenomeno dell’oblio, che non comporta la distruzione dei dati dimenticati. Essi riemergono qui e là, a seconda del movimento della soglia della coscienza. Se evocati, riemergono sempre. Ma se la coscienza individuale necessita di un corpo materiale per esprimersi e manifestarsi, quale sarà il corpo della coscienza umana, dopo la distruzione di quello che ci ospita, per un periodo tanto breve, capace di contenere ancora la nostra individualità?
Qui Fechner si sofferma sul carattere limitativo dei sensi: essi consentono, come finestre aperte, di essere parte del mondo fisico e psichico e di incidere su di esso, ma rappresentano anche il limite, l’impossibilità, per la coscienza, di andare oltre i paletti fissati da grandezze insuperabili. Il campo visivo è quello dato a ciascuna specie, come la capacità di udire, vedere, e così via.
Rotte le limitazioni del corpo con la morte, Fechner ci chiede lo sforzo immaginativo di vedere l’universo “da dentro”, sotto forma di energia e non di materia. Considera la manifestazione dell’anima come un’onda, la quale, non più vincolata e trattenuta dal perimetro corporale, si espande e interferisce con milioni di altre. In sostanza, il corpo futuro del “defunto” che sempre vive, è il campo gravitazionale, il suo, ma non soltanto suo, più o meno vasto, anche cosmico, illimitato, specie per le menti estremamente evolute, unito senza soluzione di continuità agli altri campi.
Il contatto fra “morti” e viventi è così, o sarebbe, costante, continuo. I trapassati penetrano i nostri corpi e i pensieri, infondono ispirazioni, intuizioni, sostengono e guidano. Tutta la natura sotto l’aspetto ondulatorio e vibratorio diventa il corpo, la substantia, dei “morti”. Come un sasso gettato nell’acqua forma centri concentrici, ma il punto centrale da cui le onde si dipartono perdura, così, per similitudine, il corpo della nostra anima dopo la "morte" si espanderà, conservando il suo centro coscienziale.
L’autore sa trovare espressioni liriche, vicine alla poesia, per descrivere uno stato che equivale al senso panico sperimentato da mistici e poeti:
“[L’uomo] Non percepirà più le onde luminose e quelle sonore soltanto come urti per gli occhi e per gli orecchi, ma proprio come quelle circolerà egli stesso nel mare dell’etere e dell’aria; non sentirà più solo il soffio del vento e il ritmo delle onde contro il suo corpo che si bagna nel mare, ma sarà egli stesso un mugghiare nell’aria e nel mare; non si aggirerà più esteriormente nel verde del bosco e dei prati, ma, col suo sentire, penetrerà boschi e prati assieme agli uomini che vi si aggirano.”
Non perderà i propri cari, al contrario li vivrà nel modo più intimo e vero.
Sarà così? Tutto è possibile. L’esistenza dell’etere (akasha in sanscrito) è stata riammessa come ipotesi da Einstein, alla fine della sua vita. Le onde gravitazionali oggi vengono individuate e misurate dagli astronomi.
Il fisico inglese Penrose, in base alle sue ricerche, afferma che la coscienza umana dopo la morte del corpo fisico si espande libera in una dimensione a noi sconosciuta. Le meraviglie dell’universo sono tutte da scoprire.
Per i più curiosi, suggerisco questo interessante approfondimento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il libretto della vita dopo la morte
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