Lezioni italiane
- Autore: José Saramago
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: La Nuova Frontiera
- Anno di pubblicazione: 2022
Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione.
Così scrisse Italo Calvino preparando una delle lezioni che doveva tenere all’Università di Harvard e che poi di fatto non poté svolgere a causa della morte prematura, ma che diede luogo al celebre libro Lezioni americane. A riportare quanto sopra – e non a caso – è Giorgio de Marchis nella prefazione a un volume edito per la prima volta nel nostro Paese, Lezioni italiane di José Saramago pubblicato da La Nuova Frontiera nel novembre 2022 in occasione del centenario, tradotto da Marta Silvetti, e per solo un capitolo relativo all’allegoria, da Letizia Grandi.
Si tratta di interventi, che danno titolo ai vari capitoli, tenuti a conferenze o seminari che lo scrittore portoghese, nato nel 1922 e morto nel 2010, tenne prevalentemente presso nostre Università, tra il 1989 e i primi anni del Duemila: Torino, Milano Roma, Siena.
José Saramago ha avuto un rapporto intenso e proficuo con l’Italia, rapporto ricambiato dall’affetto di studiosi e lettori. Ed è, per come il testo è stato curato, uno svelarsi nelle e fra le pagine - a vantaggio di chi ama leggere, ma anche di chi ama scrivere. Andando oltre il mero saggio.
Saramago infatti traendo spunto dalla letteratura mondiale – in particolare Borges e Kafka ai quali si sente affine e poi ancora Pessoa, Benedetto Croce, de Amicis, Machado – e dalla sua esperienza di narratore, ci porta dentro le storie, come vengono narrate. Porta degli esempi anche propri e li commenta, declinandoli al presente inteso come un qualcosa di “non misurabile inaccessibile, instancabile”, con uno sguardo al futuro (“il tempo che ancora dobbiamo vivere”) mai dimenticandosi del passato, inteso questo invece come “contenitore di tutte le storie possibili”.
Rivelando dunque che la letteratura non è altro che vita.
Nato in un villaggio da genitori di umili origini ricorda di come si è avvicinato alle materie umanistiche. Ovvero recandosi in biblioteca a Lisbona dove si era trasferita la sua famiglia alla ricerca di una vita migliore. Lui che non aveva potuto studiare al liceo per mancanza di mezzi economici. Dalla lettura di quei libri scelti all’inizio un po’ a caso è poi passato alla scrittura.
Non ha mai vissuto periodi di pieno benessere nemmeno quando si è creato una propria di famiglia. Ha lavorato come impiegato per poi entrare, senza più uscirne, nel mondo editoriale dove ha potuto conoscere gli autori portoghesi dell’epoca.
Il passaggio alla scrittura è avvenuto sì da autodidatta ma per diventare un grande scrittore, fino ad arrivare al Nobel per la letteratura, c’è voluto impegno, fatica, duro lavoro ma anche umiltà e generosità. Come un giovane, dice servendosi di una metafora, che senza aver mai studiato in bottega né aver preso lezioni private “era in grado di trasformare in poco tempo un ceppo di legno grezzo nel più perfetto e rifinito orso” che si fosse mai visto.
Se i grandi Maestri della letteratura non avessero fatto gli artigiani non avremmo conosciuto altri mondi, i mondi delle loro narrazioni.
Il romanzo infatti fa un viaggio per poi ritornare allo stesso punto di partenza, un viaggio all’infinito.
Eppure nessuna narrazione è identica all’altra, l’arte non si ripete mai. A tal proposito viene portato il caso di Pierre Menard, l’autore di un Don Chisciotte identico a quello di Cervantes, in base a quanto ci dice Borges nelle sue Finzioni. E nonostante questo i due libri sono diversi. Ciò è reso possibile:
Dal tempo fatto di ritmo, di sospensioni, un tempo simultaneamente lineare e labirintico, instabile, mutevole, un tempo dotato di leggi proprie, un flusso verbale che trasporta una durata e che da una durata a sua volta è trasportato, fluendo e rifluendo, come una marea tra due continenti.
Ma ha ancora senso, si domanda Saramago, parlare di romanzo nell’epoca attuale e che importanza hanno nelle nostre vite i personaggi in essi contenuti? La risposta è semplice e articolata allo stesso tempo. Così, in quella che possiamo definire una coinvolgente dissertazione, non solo ci porta dentro i meccanismi letterari ma riesce a darne ampia e convinta dimostrazione.
Non mancano stoccate ai vizi e virtù della società contemporanea e a quei critici che lo definirono inopportunamente un “romanziere storico”. Interessante inoltre e particolarmente profetica la riflessione sui diritti umani fatta in occasione del festival Visionaria a Siena nel 1999, leggermente rimaneggiata due anni dopo in occasione della conferenza tenuta all’Università di Roma Tre dove a José Saramago fu conferita la laurea honoris causa.
Concludiamo con le sue parole che assumono, nei tempi in cui viviamo, un valore e un significato ancora più denso:
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani assomiglia a quelle reliquie di santi martiri che vengono esposte ai fedeli in determinate occasioni, non perché qualcuno si aspetti che avvenga un miracolo, ma semplicemente perché lo stabilisce il calendario. Non sarebbero mancate le proteste in tutto il mondo se il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani fosse trascorso senza celebrazioni e luminarie, ma nessuno si lamenta della loro mancata attuazione. Suppongo che sia il genere di contraddizioni che chiamiamo natura umana…
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Grazie per la bella recensione. Ora so molto di più dello scrittore José Saramago, premio Nobel per la Letteratura nel 1998. Che è semplicistico dire solo scrittore a questo intellettuale portoghese che è stato anche traduttore, giornalista, poeta, critico letterario. La recensione mi ha spinto a trovare nuovi stimoli anche sull’internet , anche questo suo stato di vedovo, per lui che ha scritto La vedova, che deve leggere assolutamente. Deceduto a una età importante, la moglie morì morì molto giovane, non so perché, ma non che voglia fare del gossip letterario su questo uomo di cultura, serio e rigoroso. Grazie.
Cari saluti.
Vincenzo.