Le strade furiose di Mad Max. Filosofia del mondo post-atomico
- Autore: Rudi Capra, Antonio Pettierre
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2024
Dove non ha potuto l’armamentario atomico di USA e URSS negli anni della Guerra Fredda, ha potuto la bramosia vampirica del neo-capitalismo.
Crisi è diventato il tratto rappresentativo dei nostri tempi. Crisi climatica. Crisi ecologica. Crisi delle risorse. Crisi della coppia. Crisi della fede (Dio è morto, e anche Marx). Crisi della famiglia. Crisi del capitalismo medesimo. Per distruggere il pianeta il liberismo non ha avuto bisogno, insomma, di ordigni nucleari. Gli è bastato vendere l’anima al diavolo del profitto illimitato e avere dalla sua legioni di accoliti - manager cazzuti, giornalisti venduti, politici collusi, finanzieri criminogeni, uomini-ombra…- col diavolo in testa e il dispregio per le masse. Ai tempi di Interceptor (ma anche di diversi altri post-apocalittici similari usciti tra gli anni settanta e ottanta) lo scenario della fine era post-atomico (un tour de force tra le rovine e bande di sopravvissuti ridotti allo stato ferino), quello attuale è più subdolo, da Paese dei Balocchi. Con gli ammaestratori di ciuchini pronti a tirare le redini, finita la festa. Una deriva per stati di allucinazione progressiva sfuggita all’occhio di Mad Max. Il guerriero della strada (in originale).
Questo per dire della violenza post-apocalittica di Mad Max: più esibita, clamorosa, come dire, meno sottile, di quella da Apocalisse ontologica dilazionata di stampo capitalista. Certo è che con Mad Max George Miller fa di più che il suo dovere, dirigendo un action movie di fantascienza meta-significativa, perché fuori metafora, ciò che si vede nel film non è troppo diverso da ciò che vediamo oggi, dietro la facciata rassicurante del migliore dei mondi possibili: violenza, droga, e bande di teppisti a seminare impuniti terrore urbano.
Nel primo episodio della saga (a oggi sono cinque) la guerra nucleare non è ancora scoppiata ma il teatro degli eventi è già quello di cui sopra: strade su strade di asfalto, rovine, neo-desperados e motociclisti anarcoidi intenti a sopravvivere e a dettare legge. A tenere loro testa un poliziotto del Main Force Patrol, corpo di polizia che fa quel che può per il mantenimento dell’ordine in un mondo già avviato all’autodistruzione in cui la legge non ha più senso né valore. Se volete saperne tanto di più sulla pellicola di medio budget diventata un cult sdoganato anche dai non adepti del genere, vi segnalo Le strade furiose di Mad Max (Mimesis, 2024), saggio collettivo curato da Rudi Capra e Antonio Pettierre (entrambi studiosi di cinema e critici cinematografici) che - trasversalmente a filosofia e analisi sociale - approfondisce testi e sotto-testi della saga.
L’indagine è inedita, se non altro in Italia, e beneficia del valore aggiunto della trans-medialità. In altre parole: gli scritti degli autori che hanno contribuito al testo leggono la distopia di Mad Max secondo prospettive che ne attualizzano le portate sociali, guardando ai limiti di un presente di cui la saga di Interceptor anticipa – estremizzati -, le derive meno rassicuranti. Una realtà desertica, disseminata da topoi quasi steampunk – disillusione, nichilismo, violenza, vetture assemblate, vecchie lamiere, teschi, oggetti arrugginiti, relitti del passato -, in cui la sopravvivenza è diventata la sola ragione.
Per ribadire in sintesi, attraverso le parole dei curatori del volume (BENVENUTI NELLA WASTELAND):
“(…) il miglior cinema di fantascienza è sempre quello che, mettendo in scena un futuro più o meno lontano, in qualche modo parla del presente: delle paure, delle speranze, dei sogni, degli incubi che lo infestano. La rappresentazione distopica funziona come un rituale per esorcizzare la crisi. E parlando di crisi, nessuna saga è oggi più attuale di Mad Max, che aveva previsto tanto – anche troppo – delle molteplici inquietudini che minacciano la contemporaneità e l’imminente futuro”.
Spunti analitici meticolosamente indagati in un saggio acuto dove la dissoluzione sociale del mondo degenerato di Mad Max diventa specchio anticipatore di un presente sottotraccia altrettanto precario, disilluso e per questo spietato. L’inelegante citazione della paternità degli interventi che contribuisco al volume non è fine a se stessa, in quanto sin dai titoli rende l’idea dei focus sui generis dei testi che comprende. Quindi, in rigoroso ordine di apparizione: Antonio Pettierre (La dissoluzione sociale nel mondo post-apocalittico di Mad Max), Giuseppe Gangi (The wasteland down under. Australia mitica e crisi globale nella saga di Mad Max), Diego Cavallotti (Nostalgie del petrolio. Elementi dieselpunk nella saga di Mad Max), Rudi Capra (Mad Marx. Sfruttamento ed evasioni barbariche sulla strada furiosa del capitalismo), Jonatan Peyronel Bonazzi (Master-Blaste. Le forme del mostruoso oltre la sfera del tuono), Mariangela Sansone (Venere in fiamme. Femminile, materno e gender in Mad Max), Andrea Tortoreto (Immortan Joe. Menzogne, fallacie logiche e complotti), Matteo Bittanti (Sfuriata. Tensioni ludo-petro-mascoline nel videogioco Mad Max).
Il libro comprende anche una post-fazione di Matteo Moscarol (Mad Max e il Giappone). Come si può desumere a questo punto, l’anamnesi e le proiezioni sociali, fuori e dentro il mondo di Mad Max, è ampia, originale, più che autorevole. Un saggio intelligente, impegnato. Persino balneare oserei scrivere come auspicio provocatorio: hai visto mai possa attecchire sui residui neuronali di un qualche vicino di ombrellone.
Le strade furiose di Mad Max. Filosofia del mondo post-atomico
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