Il gioco della vita, che ci coinvolge, ci cattura, ci intrappola ogni giorno senza possibilità di scampo, provoca e mette alla prova i nostri sentimenti, quelli positivi come quelli negativi. Non solo gioia e amore, ma invidia, sospetto, rabbia, perfino odio, che pian piano generano desideri inconfessabili. Attenzione, però, a non passare il pericolosissimo confine tra desiderio e intenzione: a quel punto, il passo verso la realizzazione del proprio intento sarebbe breve e talmente facile da non permettere più neppure a noi stessi di cogliere la differenza tra sogno e realtà, tra immaginazione e verità, tra semplice brutta fantasia e colpevolezza, ammesso che questa differenza, effettivamente, esista…
Questo, in poche parole, il succo dell’intrigante racconto di Dürrenmatt, di struttura così adatta alla drammatizzazione da essere stato trasformato in un film (“La più bella serata della mia vita”, con Alberto Sordi, invero piuttosto rimaneggiato) e portato più volte sulla scena teatrale, anche col titolo di “Gioco diabolico”. E un gioco diabolico è, in effetti, quello che coinvolge Alfredo Traps, ma che finirà per sfuggire di mano ai suoi stessi organizzatori raggiungendo un epilogo imprevisto.
Alfredo è un rappresentante di tessuti, sposato con figli, perfettamente inserito nella cinica realtà del suo tempo: un uomo in carriera convinto che fedeltà, onestà e lealtà siano parole fuori moda, buone per chi non ha ambizioni nella vita. Ciononostante, l’uomo considera normale il proprio comportamento e si sente integerrimo. A causa di un guasto all’automobile, Alfredo è costretto a chiedere ospitalità in una villa isolata, nella quale sono riuniti quattro pensionati, ex funzionari di giustizia: un giudice, un pubblico ministero, un avvocato difensore e un boia, in pensione. I quattro lo accolgono con ogni riguardo e lo coinvolgono in un loro curioso passatempo: gli spiegano, infatti, che le loro periodiche riunioni hanno lo scopo di rifare, per puro divertimento, i processi ai grandi personaggi del passato. Il gioco, però, si fa più appassionante se l’imputato è davanti a loro in carne e ossa: Alfredo si presterebbe? Divertito e incuriosito, oltre che convinto di essere immacolato, Alfredo accetta. Inizia così una serata incredibile, una vera e propria seduta di psicanalisi che vede i quattro sezionare ed esaminare minuziosamente la vita di Alfredo e, in particolare, un certo episodio del suo passato, dandogli un significato che forse è pura fantasia e forse invece è quello vero, che Alfredo non ha voluto confessare neppure a sé stesso.
Il racconto raggiunge il suo climax con un crescendo del tutto opposto a quello della pièce teatrale, nella quale il terrore di Alfredo e la sua sensazione di sentirsi in gabbia aumentano fino a una conclusione cruenta; qui l’imputato è divertito, ammirato, meravigliato e infine sereno nel constatare la pochezza della propria vita, mentre l’ebbrezza dei cinque li conduce quasi sorridendo fino allo choc finale. Nessuno, né i lettori né lo stesso Alfredo, saprà mai se il suo delitto è stato veramente intenzionale o se egli ha semplicemente “accompagnato” gli eventi, ma una cosa è certa: alla propria coscienza, che sia rappresentata da quattro originali pensionati o si presenti sotto altra forma, non si sfugge.

- Titolo libro: La panne. Una storia ancora possibile
- Autore del libro: Friedrich Dürrenmatt
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2007
© Riproduzione riservata
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La panne. Una storia ancora possibile
Lascia il tuo commento al libro