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Storia della letteratura

Lavandare di Pascoli: parafrasi, metrica e analisi del testo

Scritta nel 1891 da Giovanni Pascoli, Lavandare fa parte della raccolta Myricae, una delle più importanti e celebri del poeta romagnolo. Analizziamone insieme il testo in ogni suo aspetto

Maria Paola Macioci
Maria Paola Macioci Pubblicato il 18-12-2022
Lavandare di Pascoli: parafrasi, metrica e analisi del testo

Giovanni Pascoli compose la poesia Lavandare nel 1891 e la inserì nella sezione L’ultima passeggiata di Myricae, una delle sue raccolte più famose.
Lavandare è una poesia fatta di immagini e suoni, tutti tratti dalla natura nella quale l’autore si trova immerso e da cui scaturiscono forti e umanissime sensazioni di malinconia e tristezza.
Gli oggetti attraverso i quali Pascoli descrive il paesaggio autunnale creano un insieme di rarefatta bellezza da cui emerge, netto e chiaro, il suo stato d’animo, caratterizzato da una profonda mestizia.
Vediamo testo, parafrasi e analisi di Lavandare, una lirica che qualcuno ha paragonato a un dipinto, a un bozzetto nel quale però l’idillio lascia il posto a una musica lenta e stanca, dove all’autunno della natura corrisponde un crepuscolo del cuore e dell’anima.

Testo

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.

Lavandare: parafrasi

Nel campo arato solo per metà, c’è un aratro senza buoi, che sembra abbandonato tra la nebbia che si alza dalla terra.
E a tempi scanditi proviene dal canale il fruscio e il rumore dei tonfi dei panni bagnati dalle lavandaie accompagnato da continue e lunghe cantilene.
Il vento soffia forte e fa sembrare neve le foglie che cadono, e tu, mio amato, non sei ancora tornato al tuo paese! Quando sei partito, come sono rimasta! Come l’aratro abbandonato in mezzo al campo ancora da arare.

Stile, metrica e figure retoriche in Lavandare di Pascoli

Dal punto di vista stilistico e metrico, Lavandare è un madrigale che si compone di due terzine di endecasillabi e da una quartina sempre di endecasillabi secondo lo schema ABA, CBC e DEXE.
Da notare la rima imperfetta ai versi 7-9 (-asca e -asta).

Tra le figure retoriche segnaliamo:

  • diversi enjambement (ad esempio pare/dimenticato ai versi 2-3
  • onomatopee (ad esempio sciabordare e tonfi)
  • chiasmi (ad esempio "Con tonfi spessi e lunghe cantilene")
  • similitudine (come l’aratro in mezzo alla maggese)
  • allitterazione della R (ad esempio resta/aratro/pare e partisti/rimasta)
  • antitesi (partisti/rimasta)
  • iperbato (E cadenzato dalla gora viene / lo sciabordare della lavandare)
  • metafora (nevica la frasca)
  • sinestesia (tonfi spessi).

Analisi e commento della poesia

Il poeta passeggia nella campagna autunnale. Tutto intorno è avvolto dalla nebbia e, nel mezzo di un campo arato solo per metà, scorge un aratro abbandonato.
Dal ruscello vicino si sentono le lavandaie che lavorano e che, per alleggerire la fatica, intonano dei motivetti canori.
Una delle cantilene, a chiusura del componimento, ha per protagonista una donna intristita dal fatto che l’uomo di cui è innamorata non torna ancora a casa, facendola sentire sola proprio come l’aratro che si trova in mezzo al campo.
Questa, in sintesi, la descrizione di vita rurale che ci presenta Lavandare, in cui Pascoli mira a cogliere simboli e significati nascosti nella natura e nelle cose che le appartengono.
È tutt’altro che una rappresentazione gioiosa e serena, tipica dell’idillio, ma piuttosto una trasfigurazione in negativo del paesaggio nell’animo del poeta: il senso di malinconia e di profonda afflizione che si ricava dalla visione del primo, altro non è che una corrispondenza con ciò che l’autore prova in quel momento.
Del resto Lavandare, come tutta la produzione poetica pascoliana, è un componimento dominato da arcane correlazioni fra le cose e le persone, a cominciare dall’aratro, che qui assume un doppio significato: da una parte è un tipico attrezzo agricolo comunemente usato, dall’altra è simbolo di solitudine, non solo personale ma umana.

Il fascino di questo canto, uno dei più famosi di Myricae, risiede essenzialmente nel sapiente gioco di immagini e suoni che, intersecandosi, dà vita a versi evocatori di intense sensazioni, rese ancora più forti dalla sintassi studiatamente elementare, grazie alla quale esse affiorano per poter essere colte dal lettore in tutta la loro forza e bellezza.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lavandare di Pascoli: parafrasi, metrica e analisi del testo

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