La vigna di uve nere
- Autore: Livia De Stefani
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2025
Astoria riedita La vigna di uve nere (2025) di Livia De Stefani (Palermo, 23 giugno 1913 – Roma, 28 marzo 1991), romanzo d’esordio della scrittrice siciliana, pubblicato nel 1953 da Mondadori.
Casimiro Badalamenti abbandonò Giardinello per ragioni oscure. Vero è che ciò avvenne subito dopo la morte del padre e del fratello, uccisi per errore in un agguato teso ad altri, in una notte del torrido luglio del 1930. Ma Casimiro non era uomo pauroso.
In queste intense pagine, sempre attuali, una delle narratrici più originali e incisive della letteratura italiana del Novecento scrive una storia di denuncia alla mafia che rese la De Stefani la prima donna in assoluto a parlare della criminalità organizzata.
Discendente da un’antica famiglia palermitana di ricchi proprietari terrieri, nel 1930, Livia, a soli diciassette anni, sposa lo scultore Renato Signorini dal quale avrà tre figli e si trasferisce a Roma, entrando in contatto con gli ambienti intellettuali della capitale. A incoraggiarla sulla via della scrittura è Alberto Savinio. Nel 1953 la De Stefani pubblica il suo primo romanzo, La vigna di uve nere, che viene accolto da un enorme successo in Italia e all’estero. Nel 1955, suscitando grande scandalo per quell’epoca, si separa dal marito. Pur continuando a vivere a Roma, dove lavora per la casa editrice Rizzoli, va spesso in Sicilia per amministrare le tenute di famiglia. Tra le sue opere, ricordiamo la raccolta di racconti Gli affatturati (1955) e i romanzi Passione di Rosa (1958) e La signora di Cariddi (1971); nel 1991, poco prima della sua morte, Mondadori pubblica La mafia alle mie spalle.
La "sicilianità", quella assorbita negli anni decisivi della formazione, nei suoi romanzi è una presenza costante, una componente essenziale, quale che sia la loro estrazione sociale: aristocrazia, alta borghesia o mondo contadino, sempre, su ciascuno dei protagonisti, incombe un tragico destino. Straordinaria nella sua negatività la figura di Casimiro Badalamenti, uomo di media statura, massiccio e dalle gambe corte, lo immaginiamo simile di aspetto a un giovane Totò Riina, dal cuore nero come le uve nere della sua vigna a Giardinello. Casimiro, spietato e prepotente, non ha pietà di niente e di nessuno, neanche della sua amante, l’ex prostituta Concetta, anima candida, devota fino al sacrificio al suo padrone, dal quale avrà quattro figli. Ma la fonte di orgoglio del truce Badalamenti è il vigneto con annessa casa padronale, simbolo del suo protervo potere.
Nitido e reale ritratto di una società patriarcale dove emergono omertà e connivenze mafiose, descritto da un’autrice coraggiosa, assolutamente da (ri)scoprire.
Casimiro la seguiva con occhi che, da ilari che erano, s’andarono facendo rapidamente cupi e irrequieti. Aveva offerto precipitosamente una cosa di cui ancora non gli era sicuro il possesso.
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